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Il welfare e la sua fiscalità: ecco i punti cruciali

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I SEMINARI DI BENESSEREORG.IT

Di Daniela Rimicci

ESTE promuove un ciclo di incontri in aula per analizzare insieme a docenti affermati i temi più attuali per la funzione Hr. Proponiamo in questo articolo una sintesi dei punti cruciali che abbiamo analizzato durante il primo dei seminari dedicati al welfare aziendaleCome si sviluppa un piano di welfare? Cosa comporta a livello fiscale? Quali le maggiori criticità? Quali attività e costi comporta? È applicabile nella propria organizzazione? E i risultati di casi aziendali?

Diego Paciello
Diego Paciello, Dottore Commercialista Revisore dei Conti e Consulente fiscale

 

Abbiamo risposto a queste e altre domande durante il seminario Il welfare e la sua fiscalità tenuto da Diego Paciello, Dottore Commercialista Revisore dei Conti e Consulente fiscale per l’introduzione di misure di welfare aziendale e armonizzazione fiscale dei benefit aziendali, il 25 luglio presso l’AC Hotel di Milano. La prima iniziativa del ciclo di incontri promossi da BenessereOrg.it, portale dedicato ai temi attuali più caldi relativi al benessere organizzativo nelle imprese, si pone come ulteriore canale di informazione e offre a direttori Hr e manager d’azienda un approfondimento in aula delle tematiche che ogni giorno si trovano ad affrontare con il contributo di professionisti qualificati.

 

Partiamo dai presupposti: cos’è il welfare aziendale?

Negli ultimi anni l’Italia, come altri Paesi europei, si è trovata a dover conciliare l’esigenza di contenere la spesa pubblica con la necessità di garantire la soddisfazione dei bisogni sociali di base ai propri cittadini. In questo senso si è resa necessaria una ricalibratura del sistema di welfare pubblico, che è stato affiancato, e a volte sostituito, da forme private. I piani di welfare aziendale rispondono dunque a una funzione di integrazione sussidiaria alle esigenze dei dipendenti e delle loro famiglie grazie all’erogazione di benefit non economici, ma sotto forma di beni e servizi, i quali – grazie alle agevolazioni fiscali previste – garantiscono ai lavoratori un valore superiore a un aumento retributivo tradizionale, a parità di costo per l’azienda.

Il welfare aziendale, oltre a migliorare il clima aziendale aumentando il potere d’acquisto dei dipendenti, aumenta la loro retribuzione reale senza intaccare il costo del lavoro e ottimizza l’efficienza fiscale e contributiva sia per i lavoratori sia per l’impresa.

Il seminario, della durata di mezza giornata, si è focalizzato proprio sugli aspetti fiscali dell’adozione di forme di welfare aziendale, grazie a un approfondimento delle caratteristiche e criticità della normativa di riferimento, l’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

 

La parola al Docente

“Le motivazioni per le quali le aziende decidono di introdurre piani di welfare sono diverse−ci spiega Diego Paciello−: migliorare il clima aziendale motivando i lavoratori e soddisfacendo i loro bisogni personali e familiari, aumentandone –di conseguenza− la produttività e l’efficienza; valorizzare la propria brand image rendendo l’azienda ambita sul mercato del lavoro, al fine di attrarre e trattenere i talenti; abbattere i costi delle politiche di incentivazione, sfruttando la leva fiscale e contributiva che il legislatore ha statuito per alcune tipologie di benefit.

Il principio di omni-comprensività del reddito da lavoro dipendente, comma 1 dell’articolo 51 del T.U.I.R. (Testo Unico Imposte sui Redditi) prevede che tutte le somme e i valori che il lavoratore dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro siano soggette a tassazione e contribuzione.

Nei commi successivi dello stesso articolo, il legislatore ha individuato determinate tipologie di beni e servizi erogati al dipendente e/o ai propri familiari, che non concorrono a formare la base imponibile né fiscale né contributiva, sancendo di fatto per gli stessi una riduzione e, in alcuni casi, l’azzeramento del cuneo fiscale.

Risulta quindi evidente –continua Paciello− quanto l’incentivazione del personale mediante un piano di welfare sia più appetibile della normale politica incentivante in denaro, sia per l’azienda sia per il dipendente. Da parte del legislatore sarebbero opportuni alcuni chiarimenti, interpretativi e di ordine applicativo della norma in questione: la presenza di alcune aree grigie di applicazione della normativa rende in alcuni casi molto complesso nonché rischioso il piano dal punto di vista fiscale.

L’implementazione di un piano di welfare è quindi un processo complesso che può durare anche alcuni mesi e coinvolgere molte funzioni aziendali, dalle risorse umane al payroll, che va quindi attentamente programmato.

Si possono individuare tre fasi fondamentali:

  • fase preliminare di analisi, nella quale viene fatto un audit della situazione esistente, vengono analizzati i principali dati sociodemografici della popolazione aziendale e, eventualmente, effettuata un’indagine conoscitiva circa le esigenze dei dipendenti e, last but not least, vengono ricercate le fonti di finanziamento del piano;
  • fase di progettazione, nella quale vengono esaminati la contrattualistica sul lavoro, l’eventuale contrattazione integrativa e regolamenti aziendali, si condivide il progetto con le rappresentanze sindacali e si valutano i beni e i servizi da inserire nel piano, unitamente ai relativi provider;
  • fase di realizzazione, nella quale vengono scelti i sevizi e i relativi provider e viene definito e redatto il regolamento istitutivo (che può essere concretarsi in un accordo collettivo o un regolamento aziendale) e avviene la rivisitazione (eventuale) della contrattualistica aziendale del lavoro.

Periodicamente, meglio se con cadenza annuale, è necessario verificare l’efficacia e l’efficienza del piano –conclude Paciello− mediante la misurazione del livello di soddisfazione dei dipendenti, vagliare le eventuali opportunità offerte dalle variazioni normative e dai nuovi servizi offerti dai provider presenti sul mercato e, eventualmente, modificare/adeguare il piano in relazione alle (mutate) esigenze dei dipendenti.

Di fondamentale importanza risulta infine la comunicazione, al fine di far comprendere ai dipendenti le caratteristiche principali del piano, di stimolarne il coinvolgimento e l’adesione mediante gli strumenti adeguati (workshop, brochure, blog in intranet, etc) e trasmettere e far percepire il reale valore economico del piano stesso (total reward statement)”.

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