La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Incastrare il lavoro con la vita

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La conciliazione tra il lavoro e la vita continua ad essere un problema di difficile soluzione. Si riesce a conciliare se l’organizzazione consente, a chi lavora, margini di flessibilità. Ma la flessibilità ha un impatto sull’organizzazione del lavoro, per questo la faccenda si complica. L’azienda deve adottare nuove metriche di misurazione degli obiettivi e i capi, prima degli altri, devono adottare comportamenti che facilitino un cambiamento organizzativo. La questione è complessa (stiamo per pubblicare un manuale della collana ‘I quaderni di Sviluppo&Organizzazione’ dedicato al Cambiamento organizzativo) perché al cambiamento della modalità con la quale il dipendente eroga la propria prestazione deve fare da contraltare un cambio di atteggiamento di chi le organizzazioni le governa. Due ricercatrici del Massachussetts Institute of Technolgy hanno realizzato uno studio volto a evidenziare il livello di produttività delle persone rispetto a due modalità organizzative: una nella quale la flessibilità era concessa alle persone secondo la discrezionalità dei capi e un’altra che consentiva alle persone di organizzare la loro modalità purché venissero rispettati gli obiettivi. In questo secondo caso i capi erano stati ‘istruiti’: era loro dovere partecipare della vita dei dipendenti e mostrare comprensione e tolleranza nei confronti degli impegni familiari. Un alert sull’iPad ricordava loro la necessità di dare supporto alle persone. I risultati dello studio hanno evidenziato che i dipendenti dell’organizzazione ‘flessibile’ hanno raggiunto i loro obiettivi con la medesima puntualità e il loro attaccamento all’azienda era aumentato. L’esperimento ci dice, secondo me, due cose.
Innanzitutto che allontanare dalla nostra vita aziendale i problemi che abbiamo nel privato, non paga. In secondo luogo che è tempo ormai di considerare la flessibilità comeuno strumento per migliorare le performance di tutti. Non sono solo le donne ad avere necessità di trovare un equilibrio tra la famiglia e il lavoro: tutti in azienda hanno questa necessità, espressione di esigenze differenti secondo le fasce di età. I più giovani dovranno accudire i figli piccoli mentre la popolazione più matura avrà a carico i genitori anziani.

Chi sta nel mezzo, o chi non ha esigenze legate alla cura dei familiari, può avere altre, altrettanto legittime, necessità.
Abbattere le disparità di genere che si sono erette come muri altissimi intorno a modalità organizzative meno rigide è dunque il primo scoglio. Certo, poi c’è il tema, non secondario, della formazione ai capi. E qui lascio da parte autorevoli studi d’Oltreoceano e faccio riferimento a quel che accade nel nostro territorio. Innanzitutto flessibilità fa rima con sensibilità. Se chi governa un’organizzazione percepisce il valore del prestare attenzione alle persone che la alimentano, modificare alcune dinamiche organizzative sarà più semplice. La scorsa settimana l’associazione piccola industria di Cremona mi ha invitata a parlare dei temi del mio libro, Ci vorrebbe una moglie. Ho trovato un gruppo di imprenditrici animate dal desiderio di approfondire gli argomenti legati alla conciliazione-incastro. Se è vero che nelle città piccole i problemi legati alla gestione della famiglia trovano più facili soluzioni grazie alle reti di supporto, più facili da attivare, è vero però che dal nostro dibattito è emerso come la differenza la fanno le persone che di queste organizzazioni reggono le sorti. Nicoletta Mezzadri, coordinatrice del gruppo donne imprenditrici di Apindustria, organizzatrice del nostro incontro e a capo di un’azienda di lavorazioni meccaniche, racconta di come con grande naturalezza, ma soprattutto senza turbative organizzative, sia venuta incontro alle esigenze di un dipendente, uomo, con figli, in difficoltà a conciliare la sua vita familiare a causa del lavoro della moglie, impegnata anche nel fine settimana. L’impegno di entrambi non consentiva loro di condividere sufficienti momenti con i figli. È bastato registrare l’esigenza e cambiare i turni di lavoro di questo dipendente che ora viene al lavoro più sereno ed è più legato all’azienda e alla sua titolare, che ha dimostrato attenzione e volontà per incastrare il lavoro con la sua vita. Certo, a capo di questa azienda c’è una donna. E le donne sono meno legate a modelli del passato cui far riferimento. Per questo portare innovazione, forse, è più facile. 

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