La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Al via la revisione di alcune disposizioni in materia di conciliazione vita-lavoro

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Di Paola Salazar, avvocato

Il 25 giugno è entrato in vigore il terzo, in ordine di tempo, tra i decreti legislativi delegati attuativi della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Jobs Act). Si tratta del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80  recante “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”. Il decreto ritocca, principalmente, il T.U. in materia di maternità e paternità (D.Lgs. n. 151/2001) mediante una serie di ‘aggiustamenti’ finalizzati essenzialmente ad accrescere il sistema delle tutele al lavoro, scongiurando, ove possibile, tutte le forme di abbandono, volontario o meno, del posto di lavoro alla nascita dei figli.

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Il dato continua infatti a essere allarmante. In un recente rapporto pubblicato dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali in merito ai dati risultanti dalle procedure di convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali operate presso le Direzioni Territoriali del lavoro relativo all’anno 2014, le dimissioni risultano aumentate in misura percentuale pari al 3%, segno che nel nostro Ordinamento giuridico risulta ancora difficile la conciliazione degli impegni familiari con quelli di lavoro, determinando nella maggior parte dei casi la rinuncia al lavoro.

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Il Jobs Act da questo punto di vista conteneva una delega molto ampia, finalizzata a creare le premesse per un intervento molto più consistente dal punto di vista non solo della flessibilità, ma anche in materia di telelavoro (proprio per garantire una migliore gestione non solo degli impegni genitoriali, ma anche di quelli connessi all’assistenza delle persone non autosufficienti), nonché sul piano dell’integrazione a livello territoriale dei servizi di cura e assistenza erogati in ambito pubblico e in ambito privato attraverso l’intervento delle aziende e degli enti bilaterali.
Ciò è stato fatto solo in parte, anche se sono molteplici gli interventi di un certo rilievo, perfino da un punto di vista economico. Infatti la parte più significativa delle novità è dedicata alla tutela della genitorialità (della madre e del padre lavoratore) attraverso interventi sia di tipo economico sia di tipo sostanziale. Tra questi ultimi sono degni di nota, ad esempio, l’estensione del congedo di paternità anche nelle ipotesi di coniuge lavoratore autonomo o libero professionista (ipotesi prima non contemplata dalla legge) oppure l’incremento del limite di età del figlio per fruire del congedo parentale (12 anni di età o, in caso di adozione e affidamento entro il 12° anno dall’ingresso nella famiglia), così come la parificazione, per le lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS, del termine di durata del congedo di maternità nei casi di adozione (cinque mesi e non più tre). Al telelavoro e al sostegno agli interventi di Welfare è dedicato uno spazio piuttosto limitato che necessiterà di ulteriori interventi, auspicabilmente in tempi brevi (cfr. art. 23 e art. 25 del D.Lgs. 80/2015).
Per contro, nel Decreto legislativo in materia di riordino dei contratti è contenuta una disposizione che prevede di poter richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, in sostituzione del congedo parentale (art. 8, comma 7 del D.Lgs. n. 81/2015). 

 

Scarica al link la Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

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