La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

emozioni in azienda

Emozioni, apprendimento e dinamiche organizzative

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Si legge sempre più spesso di quanto le emozioni siano determinanti per promuovere anche nell’ambiente di lavoro, l’attitudine ad apprendere e ad aprirsi all’innovazione, cercando di uscire dalla gabbia delle consuetudini e delle abitudini.

Articoli e libri, provenienti sovente da Oltreoceano, ribadiscono quanto il ruolo delle emozioni prevalenti nelle organizzazioni umane, quindi anche nello specifico contesto dei gruppi di lavoro e più in generale nelle aziende, siano il motore o, al contrario, il freno allo sviluppo di una elevata capacità creativa.

Pier Mario Vello
Pier Mario Vello, uomo di cultura, è statao Segretario Generale di Fondazione Cariplo

Si potrebbe scrivere veramente molto su questo tema e senza andare lontano ritengo che un contributo significativo, oltreché estremamente strutturato e profondo, che ci ha regalato con i suoi libri Pier Mario Vello, prematuramente scomparso nel 2014. Il suo lavoro deriva non solo da una base teorica molto approfondita, ma anche dall’esperienza vissuta nella gestione di molteplici organizzazioni.

Una personalità eclettica, sensibile ed estremamente intelligente capace di muoversi dai territori della filosofia al management, dal business alla filantropia, fino ad approdare in ambito letterario alla poesia.

Ho avuto il privilegio di lavorare con lui alcuni anni, approfondendo i temi qui di seguito trattati, e di condividere successivamente una profonda amicizia e in questo articolo vorrei sintetizzare alcuni punti salienti del suo insegnamento, che io stesso ho sperimentato nella mia vita professionale, ricavandone continue conferme circa la validità.

La capacità di apprendere è vitale per le aziende 

In ambito aziendale gli stili di leadership, le strutture organizzative, la gestione del potere, il flusso informativo, le prassi, i valori (anche quelli non detti ma vissuti), costituiscono fattori che possono muovere in senso positivo piuttosto che annichilire ciò che potremmo definire, senza fantasia ma utilizzando un termine comune nel linguaggio del management, ‘intelligenza aziendale’.

La capacità di apprendere, ovvero di cogliere i segnali determinanti, diviene perciò vitale ma ancor di più lo è la capacità di agire, o reagire, sulla base di ciò che si è appreso, con azioni la cui realizzazione diviene ancor più complessa poiché non si tratta di singolo ma di gruppo e sappiamo bene come le dinamiche di gruppo possano essere ben distanti e imprevedibili rispetto a quelle del singolo individuo.

Coloro i quali hanno ruoli di governo, pertanto, non possono non considerare tutti quegli aspetti che, se mal gestiti, rischiano di rendere vana anche una loro brillante intuizione, oppure rischiano di non attingere alle molteplici brillanti intuizioni di chi collabora con loro.

In altre parole, due filoni debbono costantemente viaggiare di pari passo: business e organizzazione. 

Suonerà banale ma non è infrequente trovare aziende che, per esempio, fanno della centralità del cliente il loro slogan principale e poi, nella realtà, costui è così lontano e idealizzato da divenire un’immagine lontana dal reale oppure rendendo l’azienda stessa così burocratica, inaccessibile, lunga nelle risposte da rendere vano ogni vero collegamento.

La differenza tra strutture ‘opache’ e ‘trasparenti’

In tal senso si può configurare una contrapposizione tra ciò che potremmo definire ‘strutture opache’ e ‘strutture trasparenti’.

Vediamo più nel dettaglio quali sono gli elementi che caratterizzano, differenziandole, queste due antitetiche forme organizzative

Strutture trasparenti

·        Semplicità

·        Velocità

·        Trasparenza

·        Bassa distorsione

·        Legami forti

·        Legami flessibili

·        Creatività

Strutture opache

·        Complicazione

·        Lentezza

·        Opacità

·        Forte distorsione

·        Legami deboli

·        Legami rigidi

·        Improduttività

La trasparenza in questo senso è un requisito strategico, è una condizione per comunicare, è caratteristica dei gruppi democratici e flessibili, per tale motivo bisogna sapere comunicare alla gente.

Ma come si apprende all’interno delle organizzazioni?

Facendo riferimento agli studi di epistemologia e agli studi sulle dinamiche di gruppo a partire da Jean Piaget fino a Melanie Klein, Wilfred Bion, Donald Meltzer, Martha Harris e Robert D. Hinshelwood si possono distillare delle categorie che qui di seguito si riportano:

Modalità di apprendimento

·        Apprendere dall’esperienza

·        Apprendere per identificazione proiettiva

·        Apprendere per raccolta ossessiva

·        Apprendere rubando e raccattando

·        Apprendere per sottomissione ad un persecutore

·        Apprendere per identificazione adesiva

Vediamo meglio ciascuna delle modalità summenzionate, che sicuramente potremo ritrovare nel bagaglio delle esperienze vissute.

Apprendere dall’esperienza

Rappresenta la modalità più ricca e più proficua di apprendimento. Secondo il modello di Bion, poi ripreso da Meltzer, apprendere dall’esperienza significa trovare un senso e un ordine nel caos dei fatti e dei dati e questa è una esperienza sia cognitiva che emotiva.

Apprendere per identificazione proiettiva

Potremmo anche definire questa modalità “apprendere per invidia”. L’identificazione proiettiva è descritta per la prima volta da Melanie Klein ed è alla base di molti casi di apprendimento. Per identificazione proiettiva si intende quel processo mediante il quale il soggetto riversa verso oggetti esterni, cioè proietta in loro, valori e contenuti positivi (o negativi) che sono contenuti originariamente nel soggetto stesso. Questo modo di apprendere, quando l’identificazione proiettiva sia presente in misura eccessiva, è guidato dall’invidia. La conseguenza è che manca un processo di critica e di discernimento e quindi il forte rischio è che le capacità siano sopravvalutate e riprodotte meccanicamente senza che avvenga un vero e proprio apprendimento dall’esperienza. Apprendere per invidia è, in altri termini, un imitare, ma anche nello stesso tempo, un aggredire e un tentare di appropriarsi di conoscenze e abilità fortemente desiderate. In un contesto organizzativo tale modalità genera ambiti di privilegio, appannaggio della funzione aziendale dominate.

Apprendere per raccolta ossessiva

Apprendere per raccolta ossessiva significa uccidere il flusso vitale delle esperienze puntando esclusivamente ad una raccolta inanimata di fatti e di dati.

accumulo reportUna caratteristica distintiva di questa modalità è l’incapacità di produrre un quadro dei fatti o del business che sia esaustivo, perché tale raccolta rimane comunque incompleta e, poiché non elaborata, non genera un vero e proprio apprendimento. I soggetti che agiscono in tale modo sono in difficoltà a dare un senso utile alle esperienze sulla base di pochi elementi essenziali e incompleti.

Dal punto di vista aziendale, non è difficile trovare organizzazioni in cui l’impulso a catalogare e a mummificare si estrinseca nell’utilizzo eccessivo di memo interni e di report. La raccolta ossessiva ai fini della mummificazione dei fatti ha come suo esito lo scarico della memoria delle esperienze vitali e decisive. Il fine si sostanzia nella raccolta e nella catalogazione, per poi poter meglio dimenticare. Coloro che in azienda ossessivamente scrivono comunicazioni interne e report spesso dimenticano di agire e di dialogare con le persone.

Apprendere per sottomissione a un persecutore

Si tratta di una modalità tirannica, in cui il guadagno cognitivo è ottenuto grazie all’adeguamento meccanico e passivo alle regole dettate dal capo. Volgarmente potremmo anche definire questa modalità “del bastone e della carota”.

capo tirannoAlla base di questo genere di modalità sta la convinzione che le persone che devono apprendere nuove abilità e nuove conoscenze siano strutturalmente inferiori e passive nel processo. In chiave di metafora, il processo di apprendimento si potrebbe rappresentare come un imbuto in cui si riversano conoscenze verso il cervello dei collaboratori.

Poiché il processo di apprendimento per sottomissione non attua mai una reale condivisione delle idee, ne deriva che il processo creativo diffuso non è mai attivato. Nelle organizzazioni in cui questa modalità di apprendimento è prevalente è anche raro trovare casi di reale passione per il lavoro e per le persone.

In questo senso, sono assenti esperienze di reverie ed estetiche; non c’è il piacere di apprendere e di progredire, si apprende ubbidendo. Le conoscenze apprese per sottomissione ad un persecutore sono labili, unite a sentimenti di ribellione e di negativismo; le conoscenze sono espulse non appena il persecutore si assenta o ci si libera.

Apprendere rubando e raccattando

Si tratta di un modo subdolo di apprendere e l’azienda non trae nessun beneficio da coloro che apprendono rubando e raccattando, anzi l’organizzazione ne viene depauperata. Di fondo, questo tipo di apprendimento implica un distacco emotivo che si consolida essenzialmente o perché il soggetto ha già deciso che lascerà l’azienda in un futuro prossimo o lontano oppure perché il soggetto ha deciso di non svolgere alcun ruolo centrale nel gruppo di lavoro.

In tal senso, questa forma di apprendimento sembra essere fortemente connessa all’assunzione di posizioni marginali nel gruppo, sia dal punto di vista emotivo che valoriale. Spesso la mancanza di integrazione sociale nell’organizzazione è un fenomeno concomitante all’apprendere rubando e raccattando. Nelle aziende questo tipo di apprendimento è molto diffuso così come è facilissimo incontrare comportamenti di non riconoscenza.

Apprendere per adesione

Alla base delle persone che apprendono per adesione vi è una struttura emotiva fragile, che non consente loro di formare un contenitore sufficiente per l’apprendimento e hanno, pertanto, bisogno di aderire passivamente a schemi esterni già pensati e già costituiti. È un modo di apprendere primitivo e limitato perché ha la sua origine in apparati di pensiero così deboli da risultare inefficaci.

I soggetti che adottano tale modalità sono ottimi esecutori passivi e gregari bisognosi di guida e nei gruppi di lavoro assumono ben volentieri ruoli di assistenza esecutiva, di segreteria non creativa.

In pratica, si imitano soltanto gli aspetti esteriori degli schemi e degli stili dominanti ovvero si replicano soltanto le qualità esterne e socialmente visibili. In altre parole, si accompagna a un conformismo con la superficie visibile mancando di coinvolgimento emotivo. Conseguenza di tale modalità è che l’autonomia non viene sviluppata e quindi non permette di apprendere ad apprendere.

Tipo di apprendimento

Funzioni emotive attivate

Che cosa si apprende

Dall’esperienza Generare amore, sostenere a speranza, pensare, affrontare la demotivazione A crescere
Per invidia Diffondere odio, produrre menzogna e confusione A possedere privilegi e status
Per raccolta ossessiva Emanare ansia persecutoria A possedere oggetti di conoscenza marginali
Per sottomissione a un persecutore Diffondere odio, produrre menzogne e confusione, emanare ansia persecutoria A ubbidire e a disubbidire
Rubando e raccattando Diffondere odio, produrre menzogne e confusione Ad aggredire
Per adesione Seminare la disperazione, emanare ansia persecutoria A imitare

Il ruolo del dirigente o del gruppo dirigente, stabilito che si intende promuovere l’apprendimento, a cosa deve principalmente porre attenzione?

All’interno dell’organizzazione, coloro i quali hanno ruoli di governo, debbono operare per cercare di creare le condizioni appropriate affinché si possa realizzare un percorso virtuoso verso l’intelligenza diffusa. A tal fine si possono delineare alcuni passi salienti di un efficace percorso manageriale.

Percorso manageriale

·        Definire lo scenario d’azione (top-down)

·        Definire la visione (bottom-up)

·        Definire i valori aziendali (top-down)

·        Definire le Linee Guida aziendali, i ‘come’ (top-down)

·        Comunicare e condividere Visione, Valori e Linee Guida (top-down)

·        Selezionare persone adatte alla vision (top-down)

·        Intraprendere un itinerario formativo continuo (top-down)

·        Adeguare gli itinerari di carriera e il sistema premiante (top-down)

·        Stimolare continuamente il confronto e l’innovazione (top-down)

·        Adottare e migliorare gli strumenti manageriali (bottom-up)

Elemento essenziale per lo sviluppo dell’intelligenza aziendale e la creatività è la capacità di osservare la realtà da molteplici vertici di osservazione. Sappiamo come le abitudini e le consuetudini giochino un ruolo di freno alla capacità di chiedersi in maniera critica il ‘perché’ di ciò che si compie.

Le capacità di ‘distanziarsi’ e di ‘osare il vuoto’ sono al pari della capacità di ‘osservazione da vertici multipli’, influenzati da fattori emotivi che pervadono il singolo e l’organizzazione stessa secondo uno schema di relazione che può divenire o un circolo virtuoso o, all’opposto, un circolo vizioso in grado di amplificare o annichilire l’attitudine all’apprendimento di nuovi elementi, promuovendo o impedendo quindi la creatività.

tabella emozioni

Sono più volte citate le emozioni quali fattori determinanti le modalità di apprendimento e di funzionamento delle organizzazioni.

A quali emozioni si fa riferimento? Che ruolo giocano? Quali sono quelle positive, ovvero epistemofiliche, e quali invece nemiche di una sana e corretta intelligenza aziendale?

Donald Meltzer
Donald Meltzer

Il riferimento più strutturato lo si può ritrovare negli studi di Donald Meltzer allievo assieme a Bion di Melanie Klein, il quale nel suo libro Studi di metapsicologia allargata, ne elenca otto suddividendole proprio tra costruttive e distruttive.

È indubbio, infatti, che le emozioni sorreggono la vita di un’azienda così come la vita stessa di ciascun individuo e giocano un ruolo essenziale nei contesti delle dinamiche di gruppo.

Bion sosteneva, basandosi sulle evidenze delle sue ricerche, che una teoria della mente deve essere anche una teoria delle emozioni perché esse sostengono o annullano, esaltano o deprimono le attività cognitive all’interno di una organizzazione.

Funzioni emotive positive (epistemofiliche)

Funzioni emotive negative

1.       Generare amore 5.       Diffondere odio
2.       Sostenere la speranza 6.       Seminare la disperazione
3.       Pensare 7.       Produrre menzogne e confusione
4.       Contenere la sofferenza depressiva 8.       Emanare ansia persecutoria

Vediamo come si manifestano e quali effetti provocano nelle organizzazioni.

Generare amore

Questa funzione emotiva è strettamente legata all’intelligenza.

Il generare amore per quello che si fa, per il compito, per le persone che partecipano ai progetti e le sfide intraprese, rinsalda la fiducia e la sicurezza del gruppo di lavoro, rendendolo più coeso e compatto.

leadership amorevoleÈ difficile che un leader sappia far evolvere la propria organizzazione se non è mosso da autentico e profondo interesse per le persone che lo circondano e che lavorano con lui.

Avere passione per le persone e per quello che si fa è il requisito fondamentale non solo di una leadership evoluta ed efficace, ma anche dell’intelligenza aziendale diffusa.

Sebbene non sia così diffusa quale elemento generalmente considerato nelle strategie di fondazione dei valori aziendali questa è una funzione emotiva fondamentale e indispensabile per il funzionamento di qualsiasi gruppo di lavoro.

Effetti del generare amore

·        Aumenta il senso di sicurezza delle persone

·        Sono rafforzati i comportamenti equilibrati

·        Aumenta la dipendenza nel gruppo

·        Migliora la capacità di fantasticheria creativa

·        Migliora la capacità di affrontare compiti difficili

È importante sottolineare come la passione per le persone e per il lavoro attiva nello specifico due tipi di funzioni:

-La reverie: ovvero la capacità di percepire e comprendere le necessità delle persone che stanno intorno e di farvi fronte. Si tratta della capacità positiva di fantasticare, del saper immaginare il miglioramento e di costituirsi come polo positivo e ricettivo delle necessità latenti (“reverie” significa in francese sogno, fantasticheria. Nella terminologia bioniana rappresenta la capacità di costituirsi come polo positivo dell’identificazione proiettiva e di attivare processi di fantasticheria positiva legati al prendersi cura, all’aver premura).

-L’esperienza estetica: ovvero il percepire che ciò che si sta facendo è in qualche modo bello ed ha un valore. Questa esperienza, emotivamente carica di significati è un’esperienza estetica, è la sensazione che quello che si sta facendo ha un significato ed è bello.

Come sviluppare la passione per le persone e il compito

·        Tenere conto dell’interesse delle persone nel costruire le loro mansioni e i loro ruoli

·        Scegliere persone aperte e flessibili

·        Facilitare l’esplicitazione pratica delle potenzialità personali di ognuno

·        Mediare i contrasti nel gruppo di lavoro

·        Facilitare il dialogo maturo tra le persone del gruppo

·        Evidenziare i progressi e positività dei lavori svolti

·        Sollecitare a fantasticare a occhi aperti

·        Formare professionalmente e culturalmente

·        Esplicitare il valore della passione per il compito e per le persone come fondamentale per il gruppo

Sostenere la speranza

La speranza ha a che fare con il modo con cui ci si relaziona al futuro. Il componente del gruppo che svolge la funzione emotiva di sostenere la speranza ha anche la capacità di vedere in maniera positiva il futuro.

Questa capacità sembra derivare dal saper mantenere un senso e una proporzione in tutte le cose. Per questo motivo le persone più equilibrate sono anche più in grado di percepire il futuro e i cambiamenti.

Effetti del sostenere la speranza

·        Equilibrio tra forza costruttive e distruttive all’interno del gruppo

·        Incoraggiamento alle aspirazioni

·        Disponibilità a rischiare

·        Maggiore sete di conoscenze e di apprendere nuove abilità

·        Migliore capacità di affrontare compiti difficili

Le abitudini, il peso schiacciante del passato, i successi così come gli insuccessi vissuti funzionano, se giocano un ruolo esagerato, come un annullamento del futuro. Se prevale tale dinamica, la reazione dell’organizzazione sarà quella di neutralizzare eventuali leader innovativi e divergenti, anche se portatori di nuova intelligenza.

Come sviluppare la speranza

·        Lavorare sul futuro e sugli obiettivi dei progetti

·        Ridurre l’attenzione verso il passato e gli errori

·        Permettere e sollecitare l’assunzione del rischio

·        Riconoscere e sostenere gli sforzi di miglioramento

·        Sdrammatizzare le difficoltà e gli insuccessi

·        Scoraggiare la sovrastima di sé

·        Educare alla produzione di visioni imprenditoriali

·        Esplicitare la speranza e l’ottimismo come valori per l’assunzione del rischio

Pensare

La funzione del pensare è in grado di donare significato alle persone, indipendentemente dallo status, dal ruolo e dall’anzianità, crea perciò una leadership fondata sulla competenza e non sul potere aziendale. In questo senso coloro i quali vogliono sviluppare il pensiero aziendale devono essere pronti a rinunciare al loro potere basato sull’età o altre forme di barriere e ad acquistare significato all’interno dell’organizzazione per la competenza e gli apporti di pensiero che essi forniscono.

pensiero managerialeOccorre qui specificare meglio cosa si intende in questo contesto con il termine “pensare”. L’accezione più comune nel linguaggio del management è quella secondo cui il pensiero è un output mentale dei manager; in tal senso, ciò che viene insegnato è una serie di schemi o di funzioni operative e vengono raccomandate buone abitudini di comportamento. In sintesi, è come se si ritenesse che il pensiero fosse un’azione meccanica contenibile in tale strutture.

Qui parliamo di pensiero intendendo qualcosa che ha a che vedere con la pulsione epistemofilica, con il desiderio di apprendere e di apprendere ad apprendere, ovvero non è tanto il risultato finale ciò che è importante ma il suo processo generale e il collegamento con le emozioni che ne aiutano lo sviluppo.

Una condizione importante perché ciò sia possibile è che l’organizzazione aziendale non si vincoli a schemi organizzativi funzionali, che innalzano barriere all’interazione tra le persone. Il pensiero infatti esiste e si sviluppa solamente in presenza di una complessa possibilità di connessioni, sia a livello biologico che a livello sociale e aziendale.

Effetti del pensare

·        Aumenta la capacità del gruppo di visione imprenditoriale

·        Aumenta la gamma di strategie comportamentali di fronte a problemi

·        Si accetta di imparare dagli altri

·        Aumenta la significanza del lavoro prodotto

·        Il futuro è affrontato con minori ansie

·        Aumenta la significanza del membro del gruppo che pensa

·        Le persone sono maggiormente centrate sul compito e sulle competenze e meno sui ruoli

Affinché il processo cognitivo non si esaurisca e non si spenga occorre che il pensiero, in quanto desiderio di apprendere e di apprendere ad apprendere, sia diffuso nell’organizzazione. Occorre insomma raggiungere una massa critica per poter innescare un processo di comunicazione e rimandi con altre aree aziendali per raggiungere, appunto, un livello di soglia in cui il processo di pensiero rafforza se stesso e diviene autonomo.

Come sviluppare il pensiero

·        Facilitare lo scambio di conoscenze tra le persone

·        Sollecitare il confronto diretto e disinteressato

·        Costruire gruppi non omogenei

·        Lavorare sul compito e sul progresso comune, e non sulla relazione tra le persone

·        Facilitare lo scambio rapido di informazioni e la trasparenza

·        Sollecitare nei gruppi di lavoro il contributo e il pensiero dei partecipanti

·        Essere pronti a raccogliere nuove e inaspettate idee e a modificare le strategie

·        Formare alla creatività

·        Formare al metodo scientifico

·        Esplicitare il pensiero come contributo desiderato dalle persone

·        Riconoscere e premiare le nuove idee

Contenere la sofferenza depressiva

Anche se questo compito è uno dei primari del leader di una organizzazione, ciascun componente è in grado di svolgere tale ruolo.

sofferenza depressivaLa sofferenza depressiva è un fenomeno certamente presente nel corso della vita e anche quindi della vita aziendale e il punto cruciale non è quello, idilliaco, di eliminarla ma di mettere in campo azioni in grado di contenerla entro limiti accettabili e soprattutto riconoscere i meccanismi attraverso cui poterne uscire.

La sofferenza depressiva non gestita si manifesta spesso nell’organizzazione come uno stato diffuso di irritabilità in aumento e non necessariamente come problema manifesto ed esplicito.

La capacità di elaborare, superandola, la sofferenza depressiva e di affrontare la frustrazione è certamente presente in grado diverso in ciascun individuo e sarà quindi molto importante, affinando la sensibilità a riconoscere questa dote nei collaboratori, creare gruppi di lavoro bilanciati anche da questo punto di vista.

Effetti del contenere la sofferenza depressiva

·        Rafforza la posizione del leader

·        È precondizione per l’apprendimento dall’esperienza

·        Attenua le forza frammentatrici all’interno del gruppo

·        Limita la depressione persecutoria e la caccia al colpevole

·        Limita l’irritabilità delle persone

·        Limita i comportamenti del raccattare, rubare e del ‘ciascuno per se’

·        Limita la fragilità del gruppo di fronte a compiti difficili

La capacità di affrontare e contenere la sofferenza è un requisito fondamentale perché possa essere attivato il processo di apprendimento dall’esperienza. In assenza di questa capacità il gruppo intero tende a deprimersi e a frammentarsi producendo un rallentamento o addirittura un’inibizione al processo di apprendimento.

Per tale motivo i gruppi demotivati tendono a ignorare il resto dell’azienda, a chiudersi in se stessi, insensibili al resto e irritabili, non vedendo possibili vie laterali di uscita, non apprendendo dall’esperienza.

Anche se i semplici sistemi di incentivazione non possono essere ritenuti sufficienti a garantire la capacità di contenere la sofferenza, la dinamica del riconoscimento gioca un ruolo fondamentale. Riconoscere significa premiare, ma anche e innanzitutto ri-conoscere l’importanza e l’unicità di ciascuna persona coinvolta nel processo.

Come contenere la sofferenza depressiva

·        Fare leva sulle capacità acquisite

·        Mettere in evidenza sia i fatti negativi che quelli positivi

·        Prevedere ed esplicitare le difficoltà del percorso

·        Sviluppare la sintonia del gruppo di lavoro

·        Sviluppare la capacità di mutuo soccorso all’interno del gruppo

·        Attenuare la tensione in periodi di stress

·        Formare e riconoscere gli sforzi

·        Esplicitare il valore del contenimento della sofferenza come elemento di leadership

·        Approccio informale alle persone

Analizziamo ora le funzioni emotive negative, ovvero quelle che, se presenti in modo prevalente all’interno dell’organizzazione, ne inibiscono la capacità di apprendimento.

Diffondere odio

Chi diffonde l’odio attacca i legami emotivi esistenti tra le persone e disintegra, a lungo andare, il gruppo e limita la propria visione intellettuale.

Nelle organizzazione in cui prevale uno spirito fortemente competitivo dal punto di vista professionale, la diffusione dell’odio diviene un rischio individuabile nella creazione di bande rivali, che agiscono senza esclusione di colpi ai fini di carriera. Le bande, come osserva Donald Meltzer, sono per definizione tiranniche e hanno al loro interno un leader politico o carismatico, che è tale quindi non necessariamente per competenza, ma per potere.

odioIn tali ambiti si lavora in assunto di base di dipendenza (nel gruppo, Bion individua l’esistenza di una realtà fantasmatica che catalizza la vita emotiva del gruppo stesso, si ripete in modo caratteristico e si estrinseca attraverso tre ‘assunti di base’: l’assunto di base di accoppiamento, di attacco-fuga e di dipendenza) e l’intelligenza aziendale diffusa è compromessa, in quanto il valore predominate ricercato non è la condivisione dell’intelligenza ma il possesso esclusivo del potere.

Una caratteristica di questi ambienti è che, poiché la sottomissione al tiranno è molto forte, le bande pervase dall’odio risultano anche molto cementate e compatte.

Le organizzazioni che hanno al loro interno bande rivali si frantumano molto presto e hanno atteggiamenti paranoici di fronte alla realtà: in genere la colpa di qualcosa è sempre rimandata verso gli altri, i concorrenti, il mercato, i politici, i colleghi di altre funzioni.

Effetti del diffondere odio

·        Sono attaccati i legami del gruppo di lavoro

·        Si produce una banda senza ordine

·        Si sviluppano leader per tirannia

·        Vi è un apprendimento rapido per sottomissione al capo

·        Si sviluppano comportamenti sleali

·        Si sviluppano diffidenza e chiusura nelle persone

·        Aumentano i comportamenti opportunistici: si esplicita solo quello che conviene dire

·        Si riduce la capacità di produrre e di creare del gruppo

Seminare la disperazione

La funzione emotiva della disperazione, contraria a quella di sostenere la speranza, emerge dalla perdita di equilibrio e dalla incapacità di mediare le forze costruttive e quelle distruttive.

Il pessimismo dilagante da questa funzione si propaga rapidamente perché attiva comportamenti di difesa e fa leva sui profondi sentimenti di incertezza e di insicurezza dei componenti dell’organizzazione.

Poiché le minacce sono sentite come soverchianti e le forze distruttive come invincibili, colui che semina la disperazione all’interno dell’organizzazione attiva comportamenti di difesa, allerta i componenti del gruppo contro i possibili persecutori esterni o contro le striscianti forze disgregative interne.

Il disperato ha di fatto dichiarato un abbandono del campo e ha estremo bisogno di solidarietà e di compagnia, e questa funzione ha una grande propensione alla diffusione interpersonale.

Il senso di catastrofe esterna imminente, o di ineluttabilità del corso interno negativo delle cose, impedisce forme evolute di apprendimento e di intelligenza.

Effetti del seminare la disperazione

·        Si scoraggia l’apprendimento dall’esperienza

·        Vi è abbandono del campo e del compito

·        Sono incoraggiati atteggiamenti del tipo “raccattare prima della catastrofe”

·        Vi è apprendimento di abilità irrilevanti

·        Si instaura un rapporto parassitario con il gruppo (del tipo “stiamo insieme per salvarci”)

·        Si instaurano rapporti distruttivi con il gruppo

Produrre menzogne e confusione

All’interno dell’azienda questo tipo di rapporto impedisce il propagarsi del pensiero e il consolidarsi di gruppi di lavoro in quanto mina alla radice il senso di fiducia e di coesione. Wilfred Bion ha definito la menzogna in tutta la sua portata distruttiva: “la bugia è il legame tra due menti che conduce alla distruzione di entrambe”.

fiduciaInibendo la fiducia, la produzione di menzogne annulla la possibilità di sostenere la speranza; non solo impedisce il pensiero ma lo annichilisce.

Tra le funzioni emotive negative è sicuramente la più pericolosa perché è la più subdola.

Data la sua enorme potenzialità distruttiva, è, di fatto, un veleno della mente al quale viene dato un cibo falso, i leader debbono costantemente ricercare la chiarezza e dire la verità, anche se spiacevole.

Effetti della produzione di menzogne

·        L’organizzazione viene minacciata alle sue radici

·        Aumento dell’incertezza

·        Aumento del cinismo

·        Impatto distruttivo sull’impulso ad apprendere

·        Distruzione del team

·        Emergono tendenze asociali e antisociali

·        Aumenta la confusione

Emanare ansia persecutoria

È possibile incontrare capi d’azienda che se da un lato desidererebbero avere dei collaboratori più creativi e dotati di spirito imprenditoriale, non mancano di emanare ansia persecutoria in occasione di ogni meeting di verifica.

Il terrore viene facilmente propagato, soprattutto se proviene dall’alto, e la paura dell’errore e delle sue conseguenza paralizza la funzione della speranza e inibisce lo spirito imprenditoriale diffuso.

L’effetto evidente è quello di paralizzare la funzione dell’apprendimento e di bloccare la speranza.

In questo modo non emergono tanto le capacità dell’intelligenza e della coesione, quanto quella mimetica, ovvero trionfano gli yes-man. Va osservato che la capacità mimetica è più adatta ad assimilare e riprodurre i ruoli sociali, con le loro simbologie e i loro privilegi, ma non assimila le emozioni profonde del ruolo e dell’esperienza. I manager con ansia persecutoria propagano il terrore, inibiscono il pensiero, attivano crociate, ricercano soprattutto le colpe degli altri. In questo tipo di aziende si ritrova spesso un misto di buona educazione, formalismo, falsa premura rivolta esclusivamente verso i livelli gerarchici superiori, freddezza, incertezza ed utilizzo di status symbol.

Effetti dell’emanare ansia persecutoria

·        Paralisi della funzione del pensare

·        Inibizione dello spirito imprenditoriale

·        Distruzione della speranza

·        Comportamenti mimetici

·        Formalismo, falsa premura solo verso l’alto

·        Trionfano gli yes-man

Conoscere le varie modalità di interazione tra emozioni e sviluppo dell’intelligenza sia individuale che di gruppo è quindi determinante per ciascun leader che si ponga lo sviluppo dell’apprendimento e della creatività dell’azienda o del gruppo che guida. Negare tali fattori o sottovalutarli, anteponendo l’arroganza del sè o del potere posseduto, rischia di portare a esiti nefasti o nella migliore delle situazioni non duraturi.

Compito non facile quello del leader certamente, ma conoscere quelli che sono gli snodi critici per comprendere le dinamiche presenti all’interno dell’organizzazione e per impostare politiche ed azioni nella giusta direzione rappresenta un dovere per ogni persona con responsabilità gestionali.

Per concludere con una citazione, forse provocatoria e in controtendenza, ma contenente in sè molta saggezza, possiamo ricordare una frase di Lau-Tzu: “leader è ottimo se la gente sa appena che esiste, meno buono se è obbedito e acclamato, pessimo se odiato. Mancate di rispetto alla gente e la gente mancherà di rispetto a voi; ma di un buon leader che parla poco, quando il suo lavoro è terminato e il traguardo raggiunto, diranno: “l’abbiamo fatto noi stessi””.

Bibliografia

Kets De Vries M.F.R., Miller D. (1992), L’organizzazione nevrotica, Raffaello Cortina Editore.

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Stefano Novaresi

Stefano Novaresi è laureato presso il Politecnico di Milano in Ingegneria Gestionale. Perfeziona la sua formazione presso la SDA Bocconi, la Hult International Business School-Ashridge in UK e lo IESE di Barcellona. C-level Executive e Direttore Generale in società nazionali e multinazionali in ambito di distribuzione farmaceutica. Ha guidato iniziative di Lean Management in ambito Operations e Retail nei 26 paesi in cui opera il gruppo PHOENIX di Mannheim. Ha ricoperto ruoli presso associazioni italiane (ADF - Associazione Distributori Farmaceutici), VP di AILOG (Associazione Italiana di Logistica e Supply Chain Management), VP Consorzio DAFNE ed europee (GIRP di Bruxelles). Collaborazioni in qualità di relatore con il Politecnico di Milano e la SDA Bocconi. È autore di numerosi articoli e promotore di convegni sui temi della supply chain farmaceutica e della sanità 4.0. Attualmente è Senior Consultant presso la società austriaca KNAPP.

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