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Controllo mail: l’ok di Strasburgo impone regole chiare

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Da oggi i datori di lavoro sono autorizzati a controllare la mail aziendale e a licenziare i dipendenti che la usano per fini personali. È questa la sentenza della Corte di Strasburgo secondo la quale il controllo degli account aziendali non viola la privacy dei lavoratori. Ma attenzione, perché la svolta arrivata dai giudici europei ora impone l’introduzione di regole chiare, come suggerisce l’avvocato Emanuele Barberis, partner dello studio legale Chiomenti, soddisfatto della decisione della Corte: “Accogliamo con favore la sentenza, ma riteniamo necessaria una regolamentazione che bilanci gli interessi e le tutele di tutti, dipendenti e datori di lavoro”.

Emanuele BarberisEmanuele Barberis, partner dello studio legale Chiomenti


Il verdetto di Strasburgo è stato preso in riferimento al ricorso presentato da un dipendente licenziato perché scoperto a usare la posta aziendale per comunicare con la fidanzata e il fratello. Tale ricorso non è stato accolto dai giudici europei con la spiegazione che “non è irragionevole che un datore di lavoro voglia verificare che i dipendenti portino a termine i propri incarichi durante l’orario di lavoro”. Gli stessi giudici hanno assicurato che le comunicazioni private trovate durante il controllo della mail aziendale non sono state usate dal tribunale come sostegno al licenziamento e che l’analisi da parte del datore di lavoro è stata fatta con la convinzione di trovare esclusivamente mail professionali.

“Da dieci anni riteniamo le mail uno strumento aziendale e, come tale, crediamo sia necessario sottoporle al monitoraggio da parte del datore di lavoro”, continua Barberis. Che precisa come il suo studio “in questi anni, ha presentato diverse istanze presso la Direzione Territoriale del Lavoro affinché i controlli fossero consentiti”. E quando si parla di monitoraggio nessuno strumento di lavoro è escluso: “Mi riferisco sia a quelli forniti dall’azienda sia a quelli privati convertiti a uso professionale”. Peccato, però, che “le aziende ancora fatichino a capire l’importanza della prevenzione”, puntualizza il partner dello studio legale Chiomenti, nonostante, “controllare i device dei dipendenti è piuttosto semplice”. A patto, tuttavia che “esistano policy chiare e soprattutto adeguatamente comunicate”, mette in guardia Barberis. Ecco il punto su cui l’HR deve porre attenzione: l’introduzione di regole precise. “Produrre un’informativa chiara per mettere a conoscenza i dipendenti della possibilità che vengano effettuati i controlli è l’ultimo miglio da compiersi”. Solo così la sentenza della Corte di Strasburgo può essere applicata.

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