La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Il design dell'organizzazione

Design dell’organizzazione, dagli organigrammi ai ruoli: riprogettare team e processi

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In un contesto caratterizzato da confini organizzativi sempre più soggetti a trasformazioni, diventa necessario gestire fluidità e competenze per dare concretezza all’organizzazione dei team. Sviluppo&Organizzazione, grazie al supporto del suo Comitato scientifico, ha organizzato il 13 luglio a Milano il convegno Il design dell’organizzazione. Dagli organigrammi ai ruoli: riprogettare team e processi di lavoro una giornata dedicata alla raccolta di testimonianze e riflessioni dal mondo accademico e delle imprese.

Gianfranco Rebora
Gianfranco Rebora

Ha inaugurato la mattina di lavori Gianfranco Rebora, Direttore Responsabile di Sviluppo&Organizzazione e autore del libro Scienza dell’organizzazione. Il design di strutture, processi e ruoli, per analizzare come cambia il lavoro e quali sono le nuove prospettive per il design dei ruoli.

“Design è un concetto che deriva dal Marketing, ma l’organizzazione potrebbe trarre giovamento dall’allargamento dei propri orizzonti, anche in una direzione estetica ed etica, per un’organizzazione che cerca di arrivare al dettaglio degli ambienti in cui le persone lavorano”, ha spiegato Rebora. “Design ha anche una valenza relazionale, rilancia alle performance e ai rapporti con gli stakeholder: viene valutata l’organizzazione come un fatto visivo, come si presenta nei confronti dell’audience a cui si rivolge. Si basa su più livelli: architettura generale dell’imprese e architettura di base, nel dettaglio dell’impresa che coinvolge i ruoli delle persone e ha bisogno di confrontarsi con le soggettività”.

D’altra parte chi progetta non deve pensare di essere onnipotente e di possedere tutte le soluzioni in mano: “È importante non cadere nella trappola di conoscere i processi meglio di chi vi lavora”, ha concluso il Direttore Responsabile di Sviluppo&Organizzazione. “Progetto e processo si collocano quindi in una dinamica di dialettica continua, che consente di avere una visione più ampia, calata nella realtà di chi la vive giorno per giorno. Le pratiche organizzative del futuro sono chiamate a porsi questa problematica”.

Il design organizzativo passa anche dalle linee guida per il recruitment

Valerio Iossa
Valerio Iossa

A conclusione del primo anno di mandato, il Comune di Milano rappresenta un caso emblematico di attenzione al design dell’organizzazione, poiché sta vivendo un momento di assestamento, con i suoi oltre 14mila dipendenti e circa 130 dirigenti. Valerio Iossa, Direttore della Direzione Organizzazione e Risorse Umane del Comune di Milano, ha illustrato le principali linee di progettazione organizzative definite: “La priorità è individuare una coerenza tra gli obiettivi di mandato e il modello organizzativo. A tal fine è quindi necessario invertire la relazione tra la struttura comunale e i cittadini, potenziando all’interno dell’organizzazione la cultura dell’essere al servizio dei city user con qualità omogena e tempi certi. L’obiettivo è trasformarsi in un’organizzazione semplice e veloce nell’attuazione della scelta, grazie all’introduzione delle tecnologie digitali”.

Non sono un aspetto secondario del design organizzativo le linee guida per il recruitment: “Guardando ai dati anagrafici degli impiegati, si manifesta in modo evidente l’esigenza di introdurre nell’organico esponenti delle nuove generazioni per contribuire a un abbassamento dell’età media dei dipendenti. Al tempo spesso però, ci siamo resti conto che il Comune di Milano (e più in generale la Pubblica amministrazione) non rappresenta un ambiente di lavoro attrattivo”, ha ammesso Iossa. “Intendiamo perciò cercare canali di contatto con le università, rinnovare l’immagine del Comune di Milano e creare un canale digitale per il recruitment”.

Accogliere i processi di trasformazione

Laura Massironi
Laura Massironi

“Il contesto attuale è sicuramente dinamico, turbolento e complesso. Non è possibile avere l’approccio standard che ha caratterizzato il passato: i cambiamenti non avvengono più in modo lineare, bensì esponenziale, con un’accelerazione di gran lunga maggiore. Occorrono oggi nuovi paradigmi per accogliere in tempi rapidi le innovazioni“, ha sostenuto Laura Massironi, CEO di Nextea, società di consulenza direzionale di Altea Federation che si prefigge l’obiettivo di seguire le aziende nella loro riorganizzazione e modellazione dei processi, accompagnandole in un percorso di miglioramento e efficientamento delle performance.

Massironi ha raccontato: “Le domande che ci vengono normalmente poste sono: Il processo di trasformazione coinvolgerà anche la mia azienda? Quali sono le priorità per avviare il percorso di trasformazione? Come posso adattarmi a una realtà che cambia ogni giorno? È indispensabile individuare una roadmap, attraverso la definizione di obiettivi personalizzati“.

Entrando nel merito di strumenti pratici che possono andare a supporto delle imprese, Cristiano Daolio, Associate Partner di Nextea, ha aggiunto: “L’indicatore che il CEO deve guardare tutti i giorni è l’indice di trasformazione dell’azienda: è il parametro che indica se l’organizzazione potrà sopravvivere ai futuri cambiamento“.

Cristiano Daolio
Cristiano Daolio

Guardando al contesto contemporaneo, Daolio ha osservato: “Se dal 2000 a oggi, il discorso dell’efficacia e dell’efficienza è rimasto invariato, dall’altro lato il concetto dell’unicità è pressoché sparito ed è stato sostituito da nuovi elementi: business agility, sustained innovation, operational excellence“. Ovvero si tratta di “percepire il cambiamento e di rispondere in maniera rapida grazie a decisioni immediate, approcciare l’innovazione tenendo conto della sostenibilità, in termini ambientali ed etici, e infine riconoscere come fattori chiave di successo l’efficacia produttiva e l’eccellenza nelle operations“.

Le caratteristiche fondamentali che l’Associate Partner di Nextea ha individuato sono riassumibili in cinque “R”: Relevant, Responsive, Resilient, Resourceful, Reflective. “Le organizzazioni rilevanti si distinguono nel mercato perché quando prendono una decisione non si domandano ‘come’, ma ‘perché’. Quelle ‘responsive’ hanno l’abilità di rispondere velocemente ed efficacemente a eventi inaspettati e non pianificati e a cogliere le opportunità del mercato. La resilienza è la capacità reagire e adattarsi alla nuova realtà, in risposta a una disruption significativa. Essere ‘resourceful‘ significa utilizzare e allocare le risorse umane, tecnologiche e ambientali nel miglior modo possibile, mentre un’organizzazione ‘reflective’ dispone della capacità per imparare dall’esperienza“.

Il miglioramento continuo dei processi

Daniela Fantini
Daniela Fantini

L’operato di Europ Assistance Italia è guidato dai principi della lean organization: per fare efficientamento è necessario individuare i MUDA (letteralmente gli ‘scarti’, ovvero le attività improduttive) in modo da potersi concentrare sui processi che sono portatori di valore aggiunto.

Prima di avviare un progetto, è necessario raccogliere i pareri di tutte le figure coinvolte, al fine di garantirne il coinvolgimento personale, attraverso la sistematizzazione della richiesta di feedback; Daniela Fantini, Head of Organization di Europ Assistance Italia, ha raccontato: “Attraverso alcuni questionari raccogliamo il punto di vista dei clienti, agli operatori domandiamo un’analisi di clima (come si sentono a operare in determinati settori?), mentre insieme con i responsabili cerchiamo di capire quali sono le competenze necessarie, quali sono i flussi di lavoro e quali i Kpi”.

Nell’ordine di un’efficace comunicazione, Fantini ha notato: “Il linguaggio B1 (licenzia media) è generalmente compreso dal 95% della popolazione, mentre in genere il linguaggio aziendale si assesta su un livello C1 (laurea), che è in grado di raggiungere soltanto il 30% della popolazione. Per questa ragione abbiamo deciso di cambiare registro all’interno della comunicazione aziendale, muovendoci verso una progressiva semplificazione“.

Definire gli organigrammi per chiarire le responsabilità

Cristiano Bettini
Cristiano Bettini

Dal momento che non esiste organizzazione più gerarchica dell’Esercito, quale miglior testimonianza di quella di Cristiano Bettini, Ammiraglio di Squadra (Aus) del Ministero della Difesa, già Presidente dell’OIV? “Parlando di progettazione delle organizzazioni, un approccio funzionale può essere quello del Business process management (BPM), che mira al miglioramento incrementale dei processi ed evita la ricostruzione di processi già efficienti, attraverso l’utilizzo di due strumenti: team di direzione e team di processo. Nel nostro caso, il primo si è occupato di rivedere i processi, avvalendosi di un nucleo di coordinamento tecnico per la metodologia dei processi.”

In primo luogo, ha illustrato Bettini, “abbiamo puntato sulla ridefinizione di organigrammi e ruoli, per arrivare a una chiara definizione delle responsabilità per ogni specifica missione. Anche se l’autorità può essere delegata, ciò non vale per quanto riguarda la responsabilità. La decentralizzazione molto spesso allontana le decisioni utili”.

Un altro aspetto fondamentale, specie nell’ambito della Difesa, è la gestione del rischio è fondamentale. “È di prioritaria importanza non perdere mai il riferimento alla missione. Dal punto di vista dell’amministrazione centrale, l’obiettivo è fare in modo che il modello organizzativo sia scelto e sia adottato a tutti i livelli dell’organizzazione. In caso contrario infatti, si rischierebbe di andare incontro a una dissociazione di identità, una rottura interna al sistema stesso”, ha analizzato l’Ammiraglio di Squadra del Ministro della Difesa. “In un momento di crisi, è necessario razionalizzare subito la situazione e porsi all’esterno, per capire in che direzione sta andando il processo. Il livello generativo e di controllo del processo sono immediatamente da mettere in relazione per poter gestire al meglio le circostanze”.

Improntare una cultura orientata al cambiamento

Silvia Campagnolo
Silvia Campagnolo

Fra le principali cause di non raggiungimento degli obiettivi, è stata individuata l’assenza di una cultura orientata al cambiamento e l’assenza i strumenti, azioni e processi innovativi. “A livello razionale tutti comprendono la necessità di cambiare per adeguarsi al contesto, tuttavia spesso prevalgono istinto, pigrizia e paura”, ha affermato Silvia Campagnolo, Senior Instructional Designer & Project Manager di Allos, società di consulenza e system integrator specializzato nell’accompagnare le aziende nella trasformazione digitale dell’HR.

Campagnolo è convinta che “affinché il cambiamento sia non sopportato, ma accolto di buon grado e interiorizzato, è importante far leva anche sulla componente emotiva, per uscire dalla zona di comfort, attraverso una comunicazione che sia efficace”.

Su un altro versante, “viene in aiuto anche la formazione, che può essere di duplice natura: per quanto riguarda le soft skill, in particolare di change management, e al tempo stesso per quanto riguarda le competenze tecnico-operative che abilitano il cambiamento”, ha proseguito la Senior Instructional Designer & Project Manager di Allos.

Processi, tecnologia e gestione del cambiamento sono tre i principali elementi di ogni progetto pensato per la risorsa più grande di un’azienda: il capitale umano. Ed è dalla loro sapiente combinazione che un progetto  risulta essere più o meno vincente”.

Le balance scorecard per realizzare migliori risultati nell’organizzazione

Michele Pagani
Michele Pagani

Michele Pagani, Group CEO e General Manager di Serralunga, ha presentato il ruolo delle balance scorecard, letteralmente le ‘schede di valutazione bilanciata’: uno strumento di supporto nella gestione strategica dell’impresa, che permette di tradurre la missione e la strategia in un insieme coerente di misure di performance. “Per iniziare è necessario capire chi è l’azienda, in termini di valori condivisi e progetti strategici; in seguito si può definire la strategia dell’azienda (mercati, canali, clienti, prodotti), a partire dal riflessione su come creare valore”.

Pagani ha considerato quindi lo schema delle sette S: Strategia, Struttura, Sistemi, Staff, Stile, Skill e Shared values. “Lungo questi asset è possibile costruire i sistemi di valutazione delle perfomance, a tre livelli (individuale, funzionale o dipartimentale, aziendale), nella convinzione che ‘Ciò che non puoi misurare, non puoi gestire‘.”

“Il metodo delle balanced scorecard si pone l’obiettivo di disporre di misure attendibili e tempestive e può essere utilizzato a qualunque livello aziendale, con un alto tasso di personalizzazione. Sono l’elemento che raccorda mission, creazione di valore, cultura aziendale, organizzazione, processi, obiettivi e risultati. Sono trait d’union tra la visione di breve e la creazione di valore a medio-lungo termine per l’azienda. Sono il collante di tutta la vita aziendale”, ha concluso il General Manager di Serralunga.

Trasmettere la passione agli stakeholder

Enrico Marchioni
Enrico Marchioni

Agil Volley è nata 1984 nell’ambito oratoriano, con finalità prettamente sociali, volte a offrire un’alternativa positiva ad adolescenti in difficoltà. Dai campionati federali, la squadra ha iniziato a crescere, fino a raggiungere per due volte la serie A1, sponsorizzata da Igor Gorgonzola. La prima volta, però, non è andata come si sperava.

“A un certo punto è arrivata la delusione di perdere una partita già vinta. Non ci si aspettava di uscire sconfitti, soprattutto da parte di chi nella vita privata e aziendale è abituato ad avere successo. Nonostante tutta la passione, a livello sportivo come nel lavoro, non è detto che il risultato arrivi“, ha ricordato Enrico Marchioni, Direttore Generale di Agil Volley – Igor Novara. “Abbiamo dovuto riorganizzare un piano per la gestione del Palazzetto dello Sport di Novara (in accordo con il Comune), per comunicare la nostra immagine alle famiglie del territorio, in una struttura concepita senza barriere fra le tifoserie. Portare gente al Palazzetto significa creare ulteriori risorse attorno a un’organizzazione che vuole portare risultati”.

Quest’anno, dopo 20 anni, il Novara è riuscito a portare a casa il suo primo scudetto. “Se siamo capaci di appassionare gli sponsor alla pratica sportiva, non soltanto continueranno ad aumentare, ma andrà ampliandosi sempre più la rete di sostenitori, grazie alla quale crescere e conquistare risultati importanti“, ha concluso il Direttore Generale di Agil Volley – Igor Novara. “Il nostro Presidente, suor Giovanna, ci ripete spesso: ‘I sogni alimentano la passione’. E noi speriamo che la nostra passione possa portarci lontano”.

Le teorie tradizionali non sono sempre un errore

Paolo Gubitta
Paolo Gubitta

Prendendo spunto da un articolo pubblicato qualche anno fa sull’Academy Management dal titolo emblematico “What’s ‘new’ about new forms of organizing?”, Paolo Gubitta, Professore Ordinario di Organizzazione Aziendale presso l’Università di Padova e Direttore Scientifico Area Imprenditorialità di CUOA Business School, ha lasciato spunti interessanti sulle nuove prospettive nel design organizzativo. Nell’articolo si legge: “Le imprese sono isole di potere cosciente in questo oceano di cooperazione incosciente, come grumi in un secchio di latte”.

“All’interno di una dinamica in cui il mercato rappresenta la mano invisibile, l’organizzazione quella visibile e la tecnologia la mano evanescente“, ha commentato Giubitta, “non sempre adottare le teorie tradizionali è necessariamente un errore a prescindere“. Alle tre componenti più classiche, ha aggiunto “la mano intelligente (problem solving), la mano libera (intelligenze diffuse) e la mano elegante (teoria organizzativa)”.

Il Professore Ordinario di Organizzazione Aziendale diffida di chi si ostina a rimanere al passo con le sempre più rapide trasformazioni: “Dall’altro lato, rincorrere la contemporaneità, lato ricercatori con la formulazione di nuove teorie e lato imprenditori, si corre il rischio di ‘obsolescenza programmata’. Una soluzione organizzativa altro non è un insieme di soluzioni attraverso il quale si gestisce il lavoro. Le nuove forme di organizzazione altro non sono che un intreccio di soluzioni organizzative che già esistono. Non si tratta necessariamente di un organigramma innovativo”.

L’organizzazione autoadattativa per rispondere alle nuove sfide

Roberto Renzini
Roberto Renzini

Brand nato nel 1952, Duplomatic Oleodinamica nel 2008 ha affrontato un passaggio generazionale di notevole spessore, passando da PMI padronale a proprietà di un fondo di investimento. “Oggi siamo alla terza generazione di private equity”, ha spiegato Roberto Renzini, Chief Operation Officer dell’azienda. “Nonostante il cambiamento organizzativo potesse essere in prima battuta destabilizzante, una volta condivisi valori e motivazioni, è il gruppo stesso a orientarsi al cambiamento e a monitorarne l’andamento“.

Una volta che il processo di trasformazione entra in qualche modo a far parte del Dna aziendale, cominciano ad arrivare le prime spontanee proposte di cambiamento. “È stato fondamentale per noi creare all’interno dell’organizzazione una squadra in grado di giocare su più schemi e di affrontare e risolvere i problemi alla radice, senza che si accontentasse di proporre soluzioni temporanee o inefficaci sulla lunga durata”, ha osservato Renzini.

Sono soltanto alcune delle caratteristiche di un’organizzazione autoadattativa, della quale lo COO di Duplomatic Oleodinamica ha delineato un quadro molto più dettagliato: “Si deve passare dalla concezione di capo a quella di leader, capace di definire obiettivi entusiasmanti e sempre nuovi per il proprio team; dalla struttura a organigramma all’esplicitazione dei ruoli, per focalizzarsi sulla responsabilità dei singoli; dal regolamento all’autoregolamentazione, nell’ottica di un’etica dei valori condivisi; dalla procedura alle linee guida, verso una semplificazione degli schemi che possano essere continuamente modificati”.

Partecipazione, trasparenza e gratuità

Secondo Fernando Ferri, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Saras e Presidente di Sartec, sono riconoscibili i segni di un nuovo modo di fare impresa: “In primo luogo il balzo tecnologico determina un nuovo paradigma; la Rete non può più essere considerata un’infrastruttura, ma un ambiente a tutti gli effetti; e infine innovazione e ICT hanno assunto una funzione ontologica, di riordinamento della realtà”.

Si manifesta così sempre più una difficoltà a far coesistere componente analogica e digitale. Ha osservato ancora Ferri: “La tecnologia influisce sull’informazione, determinandone una struttura aperta e proliferante e al tempo stesso permettendo reversibilità e riconfigurazione dei processi. Perciò i principi guida da osservare per l’organizzazione sono: partecipazione e cooperazione, trasparenza e gratuità“.

È perciò utile tenere presenti alcuni domande per orientarsi nel panorama della trasformazione digitale: “Quanto posso accelerare o rallentare questo processo sulla base delle reali capacità dell’azienda? Come sono in grado di distribuire il valore che creo, la ricchezza che produco? Come creare occupazione? Non si deve perdere di vista l’importanza di ragionare sull’impatto sociale rispetto all’operato dell’azienda“, ha concluso il Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Saras.

Riorganizzarsi dopo la fusione

La fusione fra le due società di gestione aeroportuale di Firenze e Pisa ha portato a dover mettere in discussione ruoli, funzioni e attività di due realtà fra loro concorrenti e con mentalità aziendali molto differenti. “Il primo passo è stato far comprendere ai vertici la sensibilità dell’organizzazione e delle Risorse Umane“, ha commentato Matteo Barontini, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Toscana Aeroporti.

L’obiettivo della fusione era costituire un polo aeroportuale toscana, il primo in Italia dopo Venezia, che disponesse di unicità di visione strategica. A tal fine è stato utilizzato lo schema SIPOC è uno strumento che permette di sintetizzare gli input e gli output di uno o più processi aziendali in forma tabellare. Il significato dell’acronimo è dato dalle parole Suppliers, Inputs, Process, Outputs, Customers che formano l’intestazione delle colonne della tabella.

Barontini ha illustrato: “Siamo partiti dall’analisi dei modelli organizzativi esistenti e dalla revisione delle job description, in modo da andare a individuare tutti i ruoli e le reali funzioni all’interno di entrambe società. Uno degli aspetti più delicati è stata la definizione dei responsabili di settore, che ovviamente non potevano essere doppi. Inoltre l’attenzione è stata rivolta a evitare le divisioni dei manager per sito geografico, in modo da andare a scardinare la dinamica noi-loro”.

L’Olivetti e le imprese costruite per durare nel tempo

Federico Butera
Federico Butera

Ha concluso la giornata di lavori dedicati al design dell’organizzazione Federico Butera, Professore Emerito di Scienze dell’Organizzazione dell’Università di Milano Bicocca e membro del Comitato scientifico di Sviluppo&Organizzazione. Ha ricordato i tempi dell’Olivetti, dove in gioventù ha lavorato e non esisteva il mansionario: “I ruoli non corrispondono alle mansioni. Rappresentano invece la definizione degli obiettivi e delle competenze, di cui non abbiamo bisogno soltanto all’interno di squadre sportive. Anche se vengono considerati erroneamente strumenti teorici, i ruoli costituiscono strumenti di gestione“.

All’inizio degli Anni 70, a causa della concorrenza delle macchine digitali giapponesi, l’Olivetti vedeva sfidare la sua tecnologia di base di prodotto e di produzione, dai pezzi di ferro ai chip. L’azienda d’Ivrea sopravvisse, mentre l’Olimpia (il suo competitor più grande) chiuse. “L’Olivetti resistette perché inventò un ruolo di produzione innovativo, che prende il nome di ‘isole di produzione’, basato su gruppi di lavoro“, ha raccontato Butera.

Il Professore Emerito di Scienze dell’Organizzazione dell’Università di Milano Bicocca non può fare a meno di chiedersi: come creare organizzazioni che mostrino la stessa agilità? “Credo siano due gli elementi fondamentali: da una parte definire strategie e organizzazioni di piattaforma piuttosto che di singoli prodotti; dall’altra, avere la capacità di essere ossessionati dal mercato, attraverso soprattutto un’attenzione ai processi di internazionalizzazione“.

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