La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Farine, export e competenze. Il valore del change management

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Intervista ad Antonio Lo Conte – Amministratore Delegato del Gruppo Lo Conte

Un’azienda radicata sul territorio, ma con una (nuova) vocazione internazionale. E un lungo cambiamento organizzativo che ne ha fatto il leader del suo settore in Italia. Il Gruppo Lo Conte è un’impresa familiare di successo, nata dall’intuizione del suo capostipite all’inizio del 900 e che oggi prosegue espandendosi all’estero. A raccontare che cosa si nasconda dietro la lavorazione delle farine speciali è l’attuale Amministratore Delegato Antonio Lo Conte, nipote omonimo del fondatore, che svela il cambio di rotta avvenuto negli Anni 80 e la nuova organizzazione che ha permesso al Gruppo di proiettarsi nel futuro.  

Entrare nello storico stabilimento del Gruppo Lo Conte a Frigento in provincia di Avellino, vero cuore pulsante dell’azienda, è un viaggio che si snoda tra innovazione, rispetto del territorio, attenzione alle persone e sport. È da qui, a quasi 1.000 metri d’altitudine sull’Appennino Campano che la famiglia Lo Conte, giunta alla sua terza generazione, controlla l’impresa da 25 milioni di euro di fatturato e 140 dipendenti. Una realtà che, negli Anni 20, quando il capostipite Antonio pose le basi della storia, era inimmaginabile. Così come era una chimera anche solo pensare agli attuali stabilimenti che si sommano all’headquarter di Frigento: la sede storica di Ariano Irpino oggi trasformata in sito produttivo; gli uffici commerciali, i magazzini e la logistica di San Benedetto del Tronto in provincia di Ascoli Piceno; e l’innovativo stabilimento di Torre d’Isola in provincia di Pavia inaugurato nel 2015. Ma già all’inizio del XX secolo, i LoConte erano in grado di essere sempre un passo avanti ai competitor: il fondatore, grazie alle sue “geniali intuizioni”, fu in grado, tra le altre cose, di trasformare la trebbiatrice in uno strumento rivoluzionario per l’agricoltura introducendo l’uso del motore a scoppio. Perché, in origine, più che di imprenditori, quella dei Lo Conte era una storia di “agricoltori”, come li definisce lo stesso Amministratore Delegato del Gruppo Antonio Lo Conte: “Abbiamo iniziato occupandoci di cereali minori come orzo e avena e solo con il tempo si è passati al grano e quindi alle farine”, racconta. Mala vera “magia” – nel Gruppo Lo Conte è questa la parola chiave diventata una stella polare, tanto che il brand di punta e simbolo dello spirito innovatore è proprio Le Farine Magiche – è datata 1980 quando i vertici dell’azienda decisero di cambiare il modello di business differenziandosi dai concorrenti e trasformando la farina di grano tenero da “commodity” a “prodotto per usi specifici”. Una scelta, quest’ultima, che ha inevitabilmente condizionato la direzione dell’impresa irpina, costretta a rivedere processi e organizzazione per raggiungere i risultati attuali e la costante crescita che dal 2011 prosegue a doppia cifra. E oggi il logo del Gruppo Lo Conte compare anche sulle divise del Gs Basket Ariano Irpino, formazione di pallacanestro femminile di A2 sponsorizzata dall’azienda dalla stagione in corso.

Iniziamo da quel 1980 quando arrivò la decisione di differenziarsi sul mercato: perché quella scelta?
La nostra fu una decisione imposta dal mercato: in origine l’azienda si occupava della lavorazione dei cerali minori, come orzo e avena. Poi, con il tempo, si è arrivati a lavorare il grano e quindi le farine. Questo modello di business è proseguito fino al 1980, quando si decise di riposizionarsi: l’intuizione fu quella di trasformare la farina da ‘commodity’ a prodotto per usi specifici. Siamo stati i primi a prendere in considerazione questa strategia e dunque a differenziarci in questo settore.

Essere arrivati per primi vi ha dato un importante vantaggio…
Siamo leader di questo segmento perché abbiamo fatto della ricerca esviluppo la nostra missione. Questo ci ha consentito di essere gli apripista nel nostro settore, che oggi vede un affollamento totale di player in grado di piazzare i propri prodotti sullo scaffare. Eppure l’ipercompetizione, ancora una volta, ha finito per premiare il nostro lavoro: l’ampiezza dell’offerta conduce il consumatore a ricercare sempre il brand più competente.

Come riuscite a essere costantemente competitivi?
Puntando sull’innovazione: ogni anno investiamo circa 2,5 milioni di euro (circa il 10% del fatturato, ndr) gestioin ricerca e sviluppo, settore dove sono impiegati 20 giovani – il 15% dell’intera popolazione aziendale – in grado di orientare il prodotto alle reali esigenze del consumatore. E poi puntiamo molto sul Marketing, che con l’R&D resta il vero cuore dell’azienda. Perché perseguire l’eccellenza è un lavoro che non ha mai fine.

Quindi tutto ruota intorno a Marketing e R&D?
Nella mia personale idea di azienda potrebbero esistere solo Marketing e Ricerca e Sviluppo: il resto delle funzioni potrebbe essere esternalizzato perché non produce core business. Ovviamente questo nella realtà non avviene, neppure nel nostro caso; però sono convinto che potenzialmente potrebbe accadere. Basta avere un prodotto straordinario e mantenere autonoma la ‘testa’ dell’azienda per avere successo.

Torniamo al 1980 e al processo di change management che avete adottato per trasformare il vostro modello di business: come avete gestito il cambiamento?
Non è stato facile riorientare l’azienda cambiando vision e mission: all’inizio eravamo noi i primi a doversi convincere della scelta di affrontare il cambiamento, perché quello che stavamo facendo era un’esperienza nuova in un settore senza sicurezza. Abbiamo puntato molto sulla comunicazione a tutti i livelli – interna ed esterna – per orientare il gruppo verso la nuova direzione. È stato un percorso a ostacoli, ma oggi raccogliamo i frutti di quella decisione, visto che molti consumatori riconoscono il valore dei nostri prodotti: chi sceglie il brand Lo Conte difficilmente lo abbandona.

Come si gestisce la complessità che deriva da un cambiamento così radicale?
Spesso si tende a leggere la complessità come un fenomeno negativo, invece nel nostro caso ha rappresentato anche una barriera all’ingresso dei nostri competitor. Gestire la complessità per noi significa un controllo meticoloso di tuttele fasi del processo: in questo modo diventa un fattore di vantaggio.

Gestire la complessità significa avere uno sguardo su tutta l’azienda, come fare?
L’uso di un ERP è una tappa obbligata per un’azienda che vuole crescere. Nel nostro caso siamo partiti dalla volontà di cambiare il gestionale per affidarci a una soluzione in grado di soddisfare le nostre richieste: tra le tante offerte, la scelta è ricaduta su Sinfo One. Ci siamo affidati alla famiglia Pomi con la quale è stato possibile instaurare un dialogo costruttivo perché hanno la nostra stessa idea di azienda, dove le persone sono importanti. A fine 2015 abbiamo implementato la soluzione Si Fides: il sistema ERP ci ha imposto di strutturarci in modo efficiente, ma ci ha permesso una lettura più attenta di quanto succede; in questo modo è più facile scegliere le strategie e ogni giorno possiamo prenderedecisioni grazie a una corretta capacità di lettura.

Qual è la vostra strategia per fidelizzare la clientela?
La relazione con i clienti è di certo uno degli aspetti più importanti per le aziende, perché oggi ci si confronta con consumatori che hanno a disposizione tutte le informazioni richieste e quindi chiedono competenza e credibilità da chi produce. Per questo abbiamo scelto di investire tempo e risorse per diffondere, attraverso il web, la conoscenza delle nostre farine, mettendole a disposizione di tutti. Il nostro Marketingfa consulenza in senso assoluto, perché fornisce informazioni complete a tutti i consumatori, affinché questi possano fare le scelte migliori. Siamo la prima azienda in Italia che fa comunicazione nel settore delle farine. Poi, certo, per fidelizzare la clientela il segreto è sempre uno: fare buoni prodotti.

La comunicazione passa anche dal volto di un testimonial di eccezione che, con il suo background, rappresenta al meglio il vostro percorso.
Abbiamo scelto di affidarci a Andy Luotto, un attore molto noto negli Anni 70-80 che oggi è anche un cuoco di successo. La decisione non è casuale, perché anche noi abbiamo seguito la strada del cambiamento e quindi è stato come percorrere la stessa strada. E poi Luotto si sposa al meglio con il nostro slogan: “Tutti maghi in cucina”, visto che lui è riuscito a reinventarsi, affiancando alla carriera nel mondo dello spettacolo, quella della sua nuova passione.

Per innovare serve anche fare ricerca: qual è la vostra strategia?
Abbiamo rapporti con diverse università, anche internazionali, che ci permettono di sviluppare costantemente i nostri prodotti applicando nuove idee. Inoltre il mondo accademico rappresenta un importante serbatoio da cui attingere le risorse con cui collaborare. Un tempo la stragrande maggioranza della forza lavoro era rappresentata dagli operai: con il cambiamento effettuato oggi vogliamo affidarci solo a laureati nei settori a noi più vicini.

Avete anche una forte attenzione al territorio, dimostrata dalla recente sponsorizzazione del Gs Basket Ariano Irpino.
Il territorio ha un’importanza strategica per il Gruppo: dobbiamo molto alla terra, intesa non solo come il campo dove coltivare i prodotti da cui hanno origine le nostre farine, ma proprio come zona in cui viviamo e da cui è nato tutto. Anche la scelta di sostenere la squadra di pallacanestro, composta da eccellenze italiane e straniere, è nata con l’idea di rafforzare il legame con il territorio e di sostenere lo sviluppo sociale della zona trasmettendo i nostri valori: tradizione, qualità, passione e cuore irpino. Siamo orgogliosi di dare una mano al Gs Basket Ariano Irpino, una formazione che ha grandi prospettive. E poi il loro claim è “be magic”, in perfetta sintonia con il nostro marchio Le Farine Magiche.

Poi c’è l’attenzione alle persone che si riflette anche nella scelta di organizzare gli spazi dell’azienda…
Le persone rappresentano l’organizzazione ed è ovvio che se stanno bene potranno lavorare meglio. Per questo la nuova sede è stata progettata mettendo la persona al centro e curando sia gli spazi sia i colori di ogni area. Abbiamo creato uffici più ampi delle reali necessità e poi scelto i colori di pavimenti e pareti per le diverse attività, tanto che sembra realmente di lavorare in un “posto magico”. Lo stabilimento di Frigentoè nato proprio con questo obiettivo, ma anche gli altri stanno subendo una profonda metamorfosi per allinearsi.

Restare competitivi significa anche puntare ai mercati esteri: come vi posizionate rispetto all’internazionalizzazione?
La via dell’export per noi passa dallo stabilimento di Molino Vigevano a Torre d’Isola acquisito nel 2013: l’acquisizione ha compreso anche il portafoglio clienti rivolto in gran parte verso l’estero. Che poi ha rappresentato l’apripista per tutta l’azienda perché il Gruppo ha, in seguito, ampliato la presenza fuori dall’Italia rivolgendosi a Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna oltre che nei Paesi Arabi, con gli Emirati Arabi Uniti top client: in totale l’export oggi vale circa il 15% del fatturato.

Quali sono le sfide del 2016 che vi apprestate ad affrontare?
Abbiamo progetti di innovazione di portata mondiale; tra tutti il più importante – e in dirittura d’arrivo – è quello che riguarda un prodotto che detossifica il glutine e che permette a tutti – celiaci compresi – di mangiare le nostre farine. Rappresenta una vera rivoluzione.

Dal cambiamento organizzativo datato 1980 sono ormai passati 36 anni: come immagina la sua azienda nel futuro?
L’obiettivo di ogni imprenditore è delegare il più possibile, diventando quasi superfluo – almeno nella quotidianità – ma so che si tratta di una soluzione difficilmente praticabile. La via più semplice è quella di costruire l’azienda come se fosse un team. E, soprattutto, far parlare le persone tra loro.

 

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