
Il benessere relazionale alla base di nuove strategie di conciliazione
benessere relazionale, conciliazione, network relazionale, qualità della vita
Questa riflessione è frutto di una peculiare collaborazione tra il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia – Università Cattolica di Milano e Best Nest Srl, società specializzata nell’ambito di progetti innovativi legati al benessere dei dipendenti delle aziende (www.bestnest.it), in particolare nelle persone di Fabio Fabiani e Barbara Sturaro, a cui vanno i nostri ringraziamenti.

Lo sviluppo dell’identità è strettamente connesso al tema del benessere, in quanto la possibilità di uno sviluppo identitario sostenibile e soddisfacente per la persona è possibile proprio attraverso il perseguimento di obiettivi di benessere. Tale perseguimento avviene entro il contesto di vita quotidiano, in particolare entro i due contesti di vita fondamentali per la persona: la famiglia e il lavoro (Rossi, 2008). Questo, a nostro avviso, mette immediatamente in luce la stretta e non scontata connessione tra il benessere e la complessa questione della conciliazione famiglia-lavoro (Mazzucchelli, 2011).
Sebbene il tema del benessere stia emergendo come rilevante su più fronti (individuale, organizzativo e sociale), tale riflessione non è tuttavia scevra da complicazioni definitorie in quanto il concetto stesso non è immediatamente identificabile e, conseguentemente, misurabile (Dodge et al, 2012). Etimologicamente, il termine benessere significa ‘ben – essere’, ovvero ‘stare bene’ o ‘esistere bene’ e rimanda a uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano e caratterizza la qualità di vita personale.
Tale concetto nel corso degli anni ha subito numerose modifiche che hanno condotto a una visione più ampia, non più centrata sull’assenza di patologie, ma come stato complessivo di buona salute fisica, psichica e mentale. La letteratura, principalmente di stampo psicologico e sociale, riporta una pluralità di posizioni circa la sua definizione e misurazione empirica (Lawton, 1997; Cummins et al., 2002, Stanzani, 2006; Secondulfo, 2011).

In tale framework e alla luce della complessa questione soggiacente l’esigenza di conciliare lavoro e famiglia – poc’anzi evidenziato –, l’obiettivo del presente contributo è proporre un approccio innovativo al tema ‘benessere della persona nei luoghi di lavoro’. Dopo aver delineato la riflessione teorica contemporanea circa il concetto di benessere e la conciliazione famiglia-lavoro alla luce della prospettiva relazionale in sociologia, ci focalizzeremo secondo un’ottica critico-riflessiva sul concetto di benessere e la sua misurazione nel contesto aziendale per poi delineare una proposta metodologica di analisi e intervento nelle organizzazioni centrata sulla figura del dipendente visto come protagonista di una rete di relazioni primarie (familiari) e secondarie (professionali).
Questo contributo intende quindi offrire una riflessione teorico-applicativa sulla valutazione del benessere nelle organizzazioni, si rivolge pertanto non solo ad accademici ma anche e soprattutto a quanti in azienda (Manager, Dirigenti, Imprenditori) sono interessati ad avviare processi virtuosi di cambiamenti nell’ottica del benessere.
Il concetto di benessere e il dibattito sulla sua non facile misurazione
Il tema del benessere è oggetto oggi di grande riflessione e dibattito, soprattutto per quanto riguarda la sua dimensione empirica; infatti il benessere fa riferimento a un concetto fortemente astratto e multidimensionale, non facile da misurare e valutare (Carrà, 2016). Dal punto di vista sociale, si è infatti cercato di arrivare a modalità atte a cogliere lo stato di benessere di un determinato contesto sociale (un paese, una città, un gruppo), cercando di superare l’utilizzo del PIL quale indicatore di qualità della vita, a favore di indicatori complessi e multidimensionali capaci di andare oltre la dimensione economica. Infatti, circa i limiti del PIL come misura di obiettivi sociali chiave come il benessere e la sostenibilità vi è ormai un generale consenso, pertanto sono state proposte varie misure alternative.
Solo per citare qualche esempio, l’OCSE ha proposto il Better Life Index, un indice che permette di comparare su base regionale i differenti Paesi, attraverso una scala da 0 a 10, secondo alcune dimensioni (casa, reddito, lavoro, comunità, istruzione, ambiente, impegno civile, salute, soddisfazione di vita, sicurezza, equilibrio vita-lavoro)[1]; nel nostro Paese il Cnel e l’Istat hanno messo a punto il BES (benessere equo sostenibile)[2], che si basa sull’idea che le misure di benessere debbano tenere conto di tutte le fondamentali dimensioni sociali e ambientali, pertanto il BES è costituito di fatto da 12 dimensioni: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi.

Nel regno Unito il progetto Measuring National well-being rappresenta un’iniziativa dell’Office for National Statistics per misurare il grado di benessere secondo le seguenti nove dimensioni[3]: benessere personale (la percezione circa la vita personale), relazioni (familiari e sociali, compreso l’equilibrio tra vita professionale e sociale), salute (la relazione tra salute e benessere secondo una relazione bidirezionale, ovvero la salute influenza il benessere e il benessere influenza lo stato di salute fisica); comunità (il luogo e la comunità in cui si vive), situazione finanziaria personale; economia (ovvero l’insieme delle attività legate alla produzione e distribuzione di beni e servizi, il cui impatto sulla situazione finanziaria personale e quindi sulla percezione di benessere è rilevante); istruzione; fiducia riposta nelle istituzioni (compito fondamentale delle istituzioni è infatti quello di assicurare il benessere della comunità, il cui successo si basa sulla fiducia dei cittadini), ambiente (disponibilità e sostenibilità delle risorse ambientali).
Infine il Canadian Index of Wellbeing (CIW)[4] è una misura composita del benessere in Canada che racchiude ben 64 indicatori in otto grandi aree: standard di vita, salute, vitalità della comunità, istruzione, uso del tempo, coinvolgimento democratico, tempo libero e cultura, ambiente.
Da questa breve ricognizione degli indicatori possiamo constatare innanzitutto la necessità di una concezione complessa e interdisciplinare del benessere, in grado di cogliere la pluralità dei mondi di vita e delle esperienze, inoltre, la centralità della relazione tra lavoro e vita personale appare decisamente evidente (Haworth, Hart, 2012).
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[1] Il progetto Oecd Regional Well-Being copre 362 regioni di 34 paesi confrontabili attraverso un webtool dedicato (http://www.oecdregionalwellbeing.org/index.html).
[2] http://www.misuredelbenessere.it/
[3] http://www.ons.gov.uk/ons/guide-method/user-guidance/well-being/index.html
[4] http://www.ciw.ca/
L’articolo completo di Maria Letizia Bosoni e Sara Mazzucchelli è pubblicato sul numero di Gennaio/Febbraio 2018 di Sviluppo&Organizzazione.
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