La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Il bombo vola benissimo!

di Paolo Iacci

“Il calabrone non può volare a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla sua superficie alare. Ma il calabrone non lo sa… e perciò continua a volare”. Chi di noi non ha mai sentito questa affermazione? In qualche caso l’ho vista attribuire perfino a Einstein. Ovviamente si tratta di una bufala che Einstein si è ben guardato dal dire. Prima di tutto, se vogliamo essere precisi, l’insetto in questione è il Bombus terrestris (comunemente chiamato bombo, una sorta di apide),  che ha un particolare rapporto superficie alare-massa corporea che ha fatto nascere il mito sul suo volo ‘impossibile’. Il calabrone è invece tutt’altro insetto; sul quale non c’è mai stato alcun dubbio rispetto al fatto che possa volare. Ma questo è solo un dettaglio. Il punto vero è quanto definito dal professore di zoologia dell’università di Cambridge Torkel Weis Fogh. Questi, già negli Anni 70, scoprì che le ali del bombo non sono lisce, ma presentano delle increspature che producono turbolenze vantaggiose, permettendo all’insetto di catturare nuovamente il vortice d’aria appena formato e di ‘galleggiare’ nello spazio. Inoltre, quando il bombo le muove non fa un normale movimento dall’alto verso il basso e viceversa, . Nel caso del bombo, questi sono creati dall’oscillazione delle ali e dal loro cambiamento di inclinazione; movimenti che seguono un preciso ordine disegnando una sorta di otto. Gli spostamenti d’aria vengono sfruttati dall’insetto sia di volta in volta per procedere in avanti, come fossero propulsori, sia per mantenersi sospesi quando, per esempio, succhiano il nettare.

 

bombo

 
Recenti osservazioni, inoltre, hanno calcolato che il bombo ha un battito d’ali pari a 230 al secondo, molto più veloce di altri insetti di dimensioni minori, addirittura cinque volte superiore a quello di un colibrì. Ed è proprio questa velocità incredibile che gli consente di ottenere una spinta sufficiente a mantenerlo sospeso in aria, oltre al suo movimento alare inconsueto che contribuisce a generare portanza. Il bombo, quindi, può volare e non viola alcuna legge fisica o aerodinamica. Lui, bombo o calabrone che dir si voglia, non si è mai posto il problema, ma questa leggenda continua a persistere.

 

 
È un po’ quello che succede a molte medie aziende italiane che apparentemente non hanno le caratteristiche per sopravvivere, soprattutto in tempi di crisi, e che invece proprio in questi anni hanno visto il loro giro d’affari aumentare contro ogni previsione, contro ogni ‘legge’ manageriale. Secondo l’Istat il numero di queste imprese è tutt’altro che marginale, perché si tratta di quasi il 20% del nostro tessuto imprenditoriale. Una recente ricerca diretta dal professore Giorgio Brunetti dell’Università Bocconi, di cui dà conto un volume estremamente interessante di Salvatore Garbellano, mostra perché queste aziende, come il bombo, non violano alcuna legge di natura, ma anzi dimostrano alcune caratteristiche che tendono a ripresentarsi, tutte o in parte, e che spiegano chiaramente un fenomeno che speriamo possa diventare virale. Ecco alcuni punti comuni tra le imprese che ‘ce l’hanno fatta’, evidenziati dalla ricerca.

• Incremento della gamma di prodotti/ servizi offerti: questo è avvenuto senza mai perdere la propria identità originaria e la focalizzazione distintiva. In alcuni casi la diversificazione è avvenuta con operazioni di finanza straordinaria, in altri casi ci si è mossi sui settori contigui a quello iniziale. In ogni caso la value proposition si è arricchita, ma l’impresa non ha mai ‘tradito’ la propria immagine e vocazione iniziale;
• innovazione e total customer care: i punti di contatto con i clienti si sono moltiplicati e non riguardano più solo i commerciali, ma partono in alcuni casi addirittura dalla progettazione dei prodotti/ servizi fino al post-vendita. L’innovazione è fortemente centrata sui bisogni dell’utente e tutti i collaboratori sono abituati a relazioni di vicinanza e reciproca fiducia con la clientela;
• nuova centralità della fabbrica e fabbriche ad alta intensità di conoscenza: le manifatturiere hanno riscoperto il valore di una produzione di alta qualità, fortemente relazionata con i centri di R&S e con tutti quelli che hanno relazioni con la clientela. Una produzione di più alta qualità richiede al contorno sistemi organizzativi e di gestione più flessibili, complessi, a maggiore caratura professionale;
• internazionalizzazione e riposizionamento: la grande maggioranza delle imprese che ‘ce l’hanno fatta’ si è aperta a una decisa internazionalizzazione per la carenza della domanda interna. Per procedere verso mercati globali, però, è necessario anche modificare il prodotto/servizio in relazione ai bisogni e ai gusti della clientela locale con cui, volta per volta, si ha a che fare. Occorre perciò saper innovare e velocemente modificare il proprio approccio e le proprie modalità di funzionamento in relazione a ciò che il nuovo mercato chiede;
• governance solida: alla base del successo delle imprese non c’è solo una strategia vincente, ma anche un gruppo coeso e allineato, in grado di implementare quella strategia con convinzione, velocemente e senza inutili tentennamenti. La coesione, nelle aziende familiari, parte dall’unità della famiglia e del gruppo di azionisti, ma non basta. È necessaria un’alleanza profonda tra management e vertice. La rapidità e l’accuratezza dell’execution in molti casi diventa nei fatti l’arma vincente. La qualità è nei dettagli e la velocità d’esecuzione è condizione di flessibilità imprescindibile in fasi come questa con una competitività diffusa così determinata;
• competenza diffusa e controllo delle competenze strategiche: nelle imprese di successo le competenze distintive sono diffuse e vi sono pochi ‘colli di bottiglia’ dove il know-how strategico è appannaggio di pochi. La vicinanza dei clienti consente lo sviluppo di buone pratiche dove l’organizzazione, quasi in automatico, viene incontro alle necessità dei clienti migliorando, giorno dopo giorno, il proprio prodotto/servizio. Garbellano parla acutamente di ‘innovazioni senza ricerca’ per sottolineare l’importanza dei piccoli miglioramenti incrementali che derivano dall’abitudine alla relazione coi clienti;
• ‘solitudine’ e collaborazione imprenditoriale: è noto che il sistema economico italiano sia poco propenso a ‘fare rete’: le imprese di successo, al contrario, sono aperte a diverse forme di collaborazione, con centri di eccellenza, così come con fornitori, aziende contigue, centri di ricerca, università, singoli professionisti, e così via. Si tratta di un nuovo modo di fare impresa, per il quale il nostro Paese ha ancora una vocazione scarsa e che invece, a livello internazionale, soprattutto le nuove generazioni stanno imponendo.
Da questa ricerca emerge un modello d’impresa con una forte vocazione imprenditoriale diffusa, pronta a mutare pelle in relazione alle necessità di mercato, ma comunque sempre fedele alla propria identità. Caratterizzata da un’altissima densità di relazioni, sia all’interno, tra reparto e reparto, così come tra i diversi strati dell’organizzazione, sia all’esterno tra tutti gli stakeholder e con il territorio di riferimento. Un’impresa nuova, pronta a volare, grazie alle sue peculiarità distintive, proprio come il nostro, poco conosciuto, bombo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cookie Policy | Privacy Policy

© 2019 ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - Milano - TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24 - segreteria@este.it - P.I. 00729910158
logo sernicola sviluppo web milano

Trovi interessanti i nostri articoli?

Seguici e resta informato!