Il cambiamento organizzativo generato dalle gestioni associate obbligatorie
aziendalizzazione enti pubblici, cambiamento organizzativo, new public management
Gli Autori:
– Davide Giacomini, Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Brescia.
– Mario Mazzoleni, Professore associato di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università
di Brescia.
– Caterina Muzzi, Ricercatrice di Organizzazione Aziendale presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di
Brescia.
Nel corso degli ultimi 50 anni in tutti i Paesi europei, i Comuni e, in particolar modo le comunità più piccole, hanno incontrato sempre maggiori difficoltà nel soddisfare le esigenze e gli standard di governo locale. Inoltre l’affermarsi del paradigma del New Public Management, propugnatore dell’aziendalizzazione degli enti pubblici, e la difficile situazione delle finanze pubbliche italiane hanno portato a un processo di riorganizzazione degli enti locali nel segno delle gestioni associate. La normativa italiana ha obbligato i Comuni sotto i 5mila abitanti (3mila per i Comuni montani) alla gestione associata delle funzioni definite fondamentali entro il 31 dicembre 2015. L’obiettivo del presente articolo, dopo una breve panoramica sull’intermunicipalità in Europa e in Italia, è di prefigurare le diverse opzioni disponibili ai Comuni obbligati alla gestione associata delle funzioni e di presentare, in ottica neoistituzionalista, un’esperienza di cambiamento organizzativo relativo alla collaborazione tra Comuni attraverso lo strumento della convenzione e mediante un processo finalizzato e coerente di progettazione organizzativa.
Over the last fifty years in all European countries, municipalities, especially the smaller communities, encountered increasing difficulties in meeting the requirements and standards of local government. Moreover the emergence of the paradigm of New Public Management, based on the principle of the managerialization of public administration, and the lack of government funding has led to a reorganization of local authorities in the direction of intermunicipality. Italian legislation has forced municipalities under 5,000 inhabitants to the associated management of core services by December 31th 2015. The purpose of this article, after a brief overview about intermunicipality in Europe and in Italy, is to show the different options available to municipalities obliged to associated management services, and to present, in a neo-institutional perspective, an organizational change concerning cooperation between municipalities through the tool of the Convention and by a process of organizational design.
La riforma del settore pubblico è ormai una dimensione consolidata e diffusa delle politiche di molti Paesi europei. In particolare, negli ultimi anni abbiamo assistito a una importante serie di iniziative al fine di riformare e implementare le prestazioni erogate dagli enti locali. Nonostante le specificità proprie di ogni contesto nazionale è possibile riscontrare una forte tendenza internazionale verso il miglioramento dell’offerta dei servizi proposta dai Comuni (Bovaird e Löffler, 2002).
Nel corso degli ultimi 20 anni, gli enti locali italiani hanno subito un processo di riforma profonda, promosso da diverse iniziative legislative ispirate da principi di managerialismo (Mussari, 1997; Marcon, 1999) e mirate a: riconoscere maggiore autonomia organizzativa e finanziaria per enti locali; aumentare l’autonomia gestionale e le connesse responsabilità; esternalizzare e privatizzare parte delle attività svolte.
Uno degli strumenti cruciali di riforma degli enti locali è stata l’intercomunalità. Nel corso degli ultimi 50 anni in tutti i Paesi europei, i Comuni e le comunità più piccole in particolare hanno incontrato crescenti difficoltà nel soddisfare le esigenze dei cittadini e nel perseguire standard adeguati di governo locale (Hulst e van Montfort, 2012).
In un’epoca di rapida riforma, riorganizzazione e modernizzazione del settore pubblico, nuove forme di governance si sono moltiplicate e la gamma estesa di attori coinvolti nel fornire servizi pubblici ha portato al proliferare di strutture multi-livello e multi-obiettivo (Lewis et al., 2014). Inoltre, le politiche di crisi e di austerità fiscale hanno accelerato la necessità, per i governi locali, di ripensare l’erogazione dei servizi al fine di migliorare l’efficienza delle prestazioni fornite. Da tempo, diversi studiosi del federalismo fiscale e di Pubblica amministrazione in generale hanno concordato sul fatto che la definizione attuale dei confini comunali non soddisfa le vere esigenze di un’efficiente fornitura di servizi pubblici locali (Bel, Fageda e Mur, 2012; Blaeschke, 2014); come già detto una delle politiche tradizionalmente proposte per perseguire una maggiore economicità è stata la collaborazione tra le amministrazioni locali (Lenk e Falken-Groβer, 2008).
I principali vantaggi di fornitura congiunta dei servizi comprendono le potenziali economie di scala e di saturazione e la promozione di standard di servizi simili su area vasta (de Mello e Lago-Peñas, 2012).
Nonostante il termine cooperazione intercomunale assuma significati diversi e un senso ampio, in questo lavoro ci sarà unicamente riferimento “alla cooperazione tra i Comuni” (Hulst et al., 2009). Adottiamo il concetto di cooperazione intercomunale per gli accordi che dipendono formalmente dai Comuni per la loro stessa stipulazione. A tal riguardo è possibile richiamare una definizione promossa dal Consiglio d’Europa (CoE), dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) e da Local Government Initiative (LGI) nel manuale Toolkit IMC: “Si ha cooperazione intermunicipale (IMC) quando due o più Comuni decidono di lavorare insieme su una delle funzioni loro assegnate, al fine di ottenere benefici reciproci. Il termine IMC è una relazione tra due o più enti locali (cioè le entità nel primo livello di amministrazione del territorio) con uno status di persone giuridiche, dotati di competenze, poteri e risorse in conformità con la Carta europea delle autonomie locali”.
Restringendo il campo di indagine sull’Italia, la legislazione del nostro Paese ha recentemente costretto i Comuni con meno di 5mila abitanti (3mila per i Comuni in territorio montano) alla gestione associata delle loro funzioni fondamentali entro il 31 dicembre 2015. Tale imposizione si configura come una pressione esterna in grado di determinare un cambiamento organizzativo, analizzato in questo lavoro in una prospettiva neoistituzionalista.
L’obiettivo del presente articolo è quello di descrivere il percorso intrapreso dai Comuni di Valle Sabbia, una zona della provincia di Brescia, in seguito all’obbligo di partecipare alla cooperazione municipale. Il caso presentato è particolarmente interessante perché ha coinvolto Comuni di dimensioni diverse, geograficamente contigui e non tutti soggetti all’obbligo di gestione associata. Inoltre i Comuni considerati, a differenza di quanto accaduto in molti enti locali obbligati, hanno pianificato con cura il percorso di progettazione organizzativa del nuovo accordo di cooperazione intermunicipale e contestualmente hanno individuato una figura manageriale dedicata a gestire il cambiamento organizzativo.
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