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Il nuovo Contratto di espansione, riqualificazione e pensionamenti

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Quando Fiorella Mannoia, molti anni fa, cantava queste strofe di una sua nota canzone: “Come si cambia per non morire… Come si cambia per ricominciare”, non si poteva certo immaginare che il suo richiamo al cambiamento, per evitare il fallimento di una relazione sentimentale, potesse calzare a pennello anche per sintetizzare finalità e contenuto di una recentissima normativa in materia di lavoro.

Parliamo della disciplina del nuovo Contratto di espansione, che ha sostituito il vecchio Contratto di solidarietà espansiva, poiché quest’ultimo era assimilabile a quello che gli anglosassoni definirebbero un ‘dead man walking’, per la scarsità assoluta di effettive esperienze applicative.

Con l’art. 26-quater del D.l. 34/2019, coordinato con la relativa legge di conversione (Legge 58/2019), è stato infatti novellato l’art. 41 del Titolo III del D.lgs. 148/2015, ora rubricato “Contratto di espansione”.

Il citato art. 41, al comma 1, dispone che: “In via sperimentale, per gli anni 2019 e 2020, nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che comportano, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell’attività, nonché la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego e, in ogni caso, prevedendo l’assunzione di nuove professionalità, l’impresa può avviare una procedura di consultazione, secondo le modalità e i termini di cui all’art. 24, finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria”.

Tale contratto deve contenere, per la sua efficacia, gli elementi elencati al comma 2:

– “il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione”;

– “la programmazione temporale delle assunzioni”;

– “l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante di cui all’art. 44 del D.lgs 81/2015”;

– “relativamente alle professionalità in organico, la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento previsto dal comma 5”.

“Il trattamento di integrazione salariale straordinario può essere richiesto dall’impresa, in deroga agli artt. 4 e 22 del D.lgs. 148/2015, fino a un massimo di 18 mesi, fruibili anche in modo non continuativo”. Al comma 4 si statuisce che: “Ai fini della stipula del Contratto di espansione il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali verifica il progetto di formazione e di riqualificazione nonché il numero delle assunzioni”.

Al comma 5 si prevede che, per i lavoratori che si dovessero trovare a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, ovvero che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o anticipata (di cui all’art. 24, comma 10, del D.l. 201/2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 214/2011), nell’ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta, “il datore di lavoro riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell’indennità Naspi, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’Inps.

Qualora il primo diritto a pensione sia quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro verserà anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro”.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di settembre-ottobre 2019 di Sviluppo&Organizzazione.
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