La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

ritmo coppia

Il ritmo del lavoro femminile. Chi guida la danza?

, ,

“Le risorse umane sono sempre pettinate alla stessa maniera”. Con queste parole si chiudeva una delle rubriche che abbiamo raccolto all’interno della narrazione di Massimo Reggiani, Strana gente i formatori (Edizioni ESTE, 2016). La ‘stessa maniera’ è lo sguardo maschile, dominante, sulle Risorse Umane e sull’organizzazione del lavoro. Un pericolo, agli occhi dell’autore, avere un unico punto di vista. Le organizzazioni si alimentano di innovazione e l’innovazione ha bisogno di discontinuità di pensiero per generarsi.

Richard Gere e Jennifer Lopez, nel film ‘Shall we dance?’
Richard Gere e Jennifer Lopez, nel film ‘Shall we dance?’

Ecco perché la diversità, di generi e culture, rappresenta un valore di cui le organizzazioni non possono fare a meno. Circoscriviamo l’interesse di questa storia di copertina al femminile in azienda. A monitorare le disparità di genere ci pensa il World Economic Forum. Il Global Gender Gap Report registra un restringimento del gender gap nel mondo: l’Italia si posiziona al 50esimo posto tra 144 Paesi analizzati. Il numero delle donne occupate sta crescendo, il nostro mercato del lavoro dimostra un certo dinamismo, le donne occupate arrivano al 48,9%, ma resta alto il divario retributivo, il cosiddetto ‘pay gap’: le donne guadagnano l’11,2% in meno degli uomini nelle stesse posizioni.

Simone de Beauvoir affermava di non nutrire l’illusione di trasformare la condizione femminile, che dipende dall’avvenire del mondo del lavoro e, sosteneva, non cambierà seriamente se non a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Direi che ci siamo. L’industria sintetizza nel ‘4.0’ una rivoluzione che certamente parte dall’innovazione tecnologica, ma che porta con sé un cambio culturale enorme. La tecnologia ha un impatto che travalica l’ambito produttivo e ha già cambiato il nostro modo di vivere e relazionarci.

Si è trasformata radicalmente la modalità con la quale gestiamo le relazioni private e le relazioni che afferiscono alla sfera del lavoro si prestano a essere impostate con modalità nuove. Se la presenza era fino a qualche anno fa un indicatore per il calcolo della retribuzione, oggi si lavora sempre di più per obiettivi. Ed è possibile affidare un compito a professionisti che svolgono il proprio lavoro in altri Continenti. I team di lavoro si compongono secondo le esigenze, conta sempre di più quel che si sa e in che modo si è capaci di valorizzare le proprie conoscenze all’interno del gruppo di lavoro.

I confini delle fabbriche sfumano: ideazione, progettazione, produzione e messa sul mercato di un prodotto o di un servizio richiedono che tutte le informazioni siano condivise, messe a valore per riuscire a produrre nuovi servizi, nuove opportunità. Cambia dunque il modo di lavorare delle persone, spariscono in molti contesti gli uffici chiusi per far posto alle scrivanie condivise; anche la separazione tra il tempo dedicato al lavoro e tempo dedicato a sé assume significati nuovi. Uno scenario dal quale non si può prescindere se vogliamo parlare di lavoro femminile.

Come stanno le donne in questo nuovo contesto che si è già delineato nella sua complessità? Sarebbe ragionevole pensare che se il lavoro può, in alcuni casi, svincolarsi dal luogo fisico nel quale si eroga la prestazione, le donne, che sono anche mamme, potrebbero essere enormemente avvantaggiate dall’utilizzo della tecnologia. Tutto questo presuppone un cambiamento culturale che coinvolge la modalità con la quale si concepisce l’organizzazione del lavoro, ma coinvolge anche gli uomini, nei loro ruoli di capi azienda, manager e poi, pure, di compagni di vita.

scuola di danzaLa vita delle donne è cambiata negli ultimi 50 anni come mai prima: l’accesso all’istruzione prima e al mondo del lavoro poi ha fatto tramontare per sempre il confinamento dell’universo femminile in un unico ruolo, quello di moglie e madre. Assumere un ruolo nel mondo del lavoro ha significato per le donne acquisire indipendenza: le battaglie per il divorzio e l’aborto hanno dato loro la possibilità di essere le uniche responsabili nel determinare il proprio destino.

Questo sulla carta, perché a un cambio delle regole nel gioco della vita delle donne deve fare da contraltare un cambio di prospettiva da parte degli uomini, che devono guardare alle donne con occhi nuovi. Un esercizio difficilissimo, un percorso di autodeterminazione che viene mal sopportato; i femminicidi sono, anche, la tristissima testimonianza di quanto la donna sia ancora troppo spesso considerata qualcosa, o proprietà di qualcuno.

Ecco perché a un percorso di evoluzione della figura femminile nella società e nel mondo del lavoro deve corrispondere l’evoluzione dell’uomo, del compagno di vita, del manager, del capo. Solo se cambiano le relazioni nel privato –e quindi nella società– abbiamo speranza che cambino alcune dinamiche all’interno delle aziende. Solo un uomo che esprime il suo ruolo di compagno e padre condividendo totalmente le responsabilità sarà un manager, un capo, una persona attenta, che valorizza il merito e che sa ascoltare.

Solo una donna che sa di essere ascoltata, aiutata e sostenuta, sarà portata ad aiutare altre donne, a farle crescere nell’organizzazione. Se si vuole dar forza alle donne occorre partire dalla famiglia e dalle relazioni al suo interno. Non esiste strumento utile all’avanzamento del lavoro femminile se all’interno della famiglia non si accettano ruoli più bilanciati. Il rischio è avere in azienda donne che si travestono da uomo: questo il modello accettato, questi i comportamenti che l’organizzazione premia, questo la donna riesce a metterli in pratica. Come evitare un disastro organizzativo? Come costruire organizzazioni dove tutti hanno la possibilità di esprimere il loro valore, dove nessuno è costretto a rimanere indietro, o peggio, a essere escluso?

Gli uomini che danno coraggio alle donne

Stefano Firpo, Direttore Generale Ministero dello Sviluppo Economico, definisce la sua una “long distance relationship” con la moglie che vive in un’altra città. Un’opportunità di lavoro all’estero non può essere rifiutata per il solo fatto di vedere ricadere su uno dei due la totalità della gestione dei due figli. Diciamo però che se l’opportunità si presenta al marito è tutto molto più semplice; se è la moglie a dover fare le valigie, allora le cose si complicano. Quante avrebbero rinunciato?

Stefano Firpo
Stefano Firpo, Direttore Generale del Ministero dello Sviluppo Economico

In casa Firpo il sostantivo “rinuncia” devono averlo rimosso dal vocabolario: ora è il Direttore Generale del MISE a occuparsi della gestione quotidiana dei figli. Compiti, colloqui con i professori, gestione delle attività competono a lui. Ne ha parlato con una certa dose di compiacimento a uno dei tanti appuntamenti organizzati all’interno del Tempo delle donne (manifestazione organizzata dal Corriere della Sera), a settembre 2017, perché prendersi cura di alcune attività, e porta come esempio la supervisione dei compiti dei suoi bambini, presuppone l’esercizio della pazienza, una dote che va coltivata, se non se ne possiede a sufficienza.

Insomma occuparsi dei figli è una sorta di esercizio formativo, e questo avvalora la tesi di Riccarda Zezza, come si legge nell’articolo della Storia di copertina di questo numero di Persone&Conoscenze. Il fatto è che costruire una relazione dove in famiglia si è intercambiabili non è ancora così socialmente accettato. Il papà che si presenta a scuola, che si occupa dei figli praticamente a tempo pieno non è gradito nemmeno alla propria famiglia d’origine. Insomma il percorso è tortuoso, ma costruire una relazione ‘alla pari’ è il presupposto per incidere anche sui comportamenti organizzativi.

Se bisogna cercare ‘un nuovo ritmo’ –e al Tempo delle donne si è usata la metafora del tango’– non bisogna avere paura di commettere errori: se si fa uno sbaglio si può continuare a ballare. Gli uomini devono imparare a incoraggiare le donne: questo l’unico aiuto vero per aiutarle a liberarsi dai sensi di colpa. “Ci vuole la forza di uomo per dare coraggio a una donna”, dice. Ecco il caso in cui un marito sa essere anche un buon leader.

Perché la ‘danza’ funzioni ci vogliono fiducia, connessione e ascolto, ma attenzione al passo indietro che la donna deve fare nel tango: se è vero che si tratta di una danza a due e che entrambi giocano un ruolo alla pari, è pur vero che il ‘passo indietro’ può essere fatale. Se nella danza il ritmo porta naturalmente a un’alternanza, bisogna creare le condizioni perché nessuno sia mai costretto a retrocedere.

Avanti, a passo di rock ‘n roll

“La nostra è stata un vita di condivisione piena”, racconta la statistica Linda Laura Sabbadini. “Tutti i momenti difficili li abbiamo vissuti come occasioni per rilanciare le nostre passioni e siamo cresciuti l’uno nel sostegno dell’altro. Io non sarei diventata Direttrice dell’Istat senza il sostegno di mio marito e nemmeno lui avrebbe raggiunto i suoi traguardi senza il mio appoggio. Proseguendo con la metafora della danza, del tango mi piace il bandoneòn. Con lo stesso ritmo del bandoneòn abbiamo portato avanti il lavoro familiare, a volte io, a volte lui, senza che nessuno dei due fosse costretto a fare passi indietro sul lavoro.

Linda Laura Sabbadini
Linda Laura Sabbadini,statistica e dirigente Istat, nota come pioniera europea delle statistiche per gli studi di genere

La spinta a non mollare non l’avevo solo io, avevo il suo appoggio e questo è stato un grande privilegio per entrambi. Ci ha aiutato aver condiviso l’esperienza del movimento femminista degli Anni 70, che ha rappresentato un momento di crescita per entrambi. La condivisione di un progetto e di ideali ci ha permesso di capire quanto fosse indispensabile sostenere l’altro nei suoi progetti, sogni e desideri. Riflettiamo ora sul cambiamento degli uomini: la situazione sta cambiando e questo si vede dalle analisi statistiche.

Però dobbiamo analizzare cosa sta accadendo. Non possiamo parlare ancora di piena condivisione, non c’è ancora lo sviluppo accentuato di una vera simmetria. Gli uomini scelgono che cosa fare e come farlo, le donne no. Gli uomini si attivano di più, riscoprono il ruolo di padri e questo è fondamentale, ma scelgono come farlo e gli aspetti a cui dedicare più tempo. Gli uomini si immettono nel lavoro di cura, soprattutto se hanno figli piccoli, ma scelgono il gioco non l’accudimento. Le donne sacrificano il gioco per dedicarsi all’accudimento.

Scelgono il lavoro di cura più che lo stirare o pulire e, se devono fare altre attività nel lavoro familiare, scelgono il cucinare, oppure fare la spesa. Quegli aspetti insomma che hanno una connotazione più creativa tra le incombenze domestiche. Ovviamente questo non vuol dire sottovalutare che è in atto un cambiamento e il terreno sul quale gli uomini si cimentano si sta ampliando, ma la strada è ancora lunga. C’è un altro elemento che emerge dai dati e merita una riflessione.

La probabilità di contribuire alla condivisione delle responsabilità familiari aumenta per quegli uomini che hanno una compagna occupata o con un titolo di studio alto. Non è significativa la situazione dell’uomo quanto quella della donna. Questo sta a significare che gli uomini stanno cambiando anche a partire dalla capacità di contrattazione che le donne hanno. Più sono istruite più questo cambiamento si evidenzia, più lavorano più emerge. Il fatto spiega anche perché nel nostro Paese questa trasformazione dei padri è stata più lenta che altrove.

mammoIn Italia la percentuale di donne che lavorano è meno della metà –siamo al 48%– e questo elemento influisce sull’arretratezza del comportamento maschile in ambito familiare. Questa ‘pressione’ della donna che lavora si è potuta esercitare solo con ritardo e in una percentuale di famiglie minore. In sintesi, molta strada c’è da fare, non solo per gli uomini. Siamo all’inizio di un processo che spero conosca accelerazioni.

La nostra società deve creare le condizioni perché la condivisione si sviluppi. Questa è una chiave fondamentale per tutti. Allora, o gli uomini fanno un passo più deciso in avanti in questo senso oppure peggiorerà la loro stessa qualità della vita, e quella di tutti noi. In sintesi, niente passi indietro per le donne, sì a passi avanti degli uomini, come sta accadendo. Riformiamo il tango: un po’ guida lui e un po’ guida lei, altrimenti per le donne è preferibile un passo di rock ‘n roll, ballo simbolo di ribellione”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cookie Policy | Privacy Policy

© 2019 ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - Milano - TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24 - segreteria@este.it - P.I. 00729910158
logo sernicola sviluppo web milano

Trovi interessanti i nostri articoli?

Seguici e resta informato!