La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

La fioritura umana: far star bene le persone in azienda

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Per capire perché l’azienda debba far star bene le proprie persone, per generare benessere – anzi “benessere”, cioè “essere bene” – serve scomodare addirittura Aristotele. Il filosofo greco teorizzava la “fioritura umana” per illustrare il concetto di “felicità eudaimonica”, intesa come l’autorealizzazione virtuosa ottenuta in un contesto di civile convivenza e attraverso comportamenti etici.

Da qui inizia il nostro colloquio con Stefano Zamagni (in foto), Docente di Economia Politica e co-fondatore della Scuola di Economia Civile, relatore all’evento Wellfeel, Benessere organizzativo e welfare aziendale organizzato dalla casa editrice ESTE, occasione nella quale ha spiegato perché oggi le aziende sono concentrate sull’individuare modelli e strumenti per far star bene le persone nell’ambiente di lavoro.

“Usciamo da una lunga stagione durante la quale è stato fatto credere a intere generazioni di imprenditorie manager che l’essere umano dovesse prestare la propria opera per massimizzare l’attività dell’impresa, riducendo l’interesse esclusivamente al risultato prodotto”, esordisce Zamagni. Un tema, quello dei ricavi, che l’accademico definisce come una “consequenzialità” del modello ford-tayloristico, messo in crisi dalla quarta rivoluzione industriale, che ne ha evidenziato i “limiti”: “Oggi si va alla ricerca del ‘senso’, termine che significa ‘direzione’”. Insomma, pur restando le persone di certo interessate a ricevere un compenso a fine mese, questo non basta più per creare affezione verso un’organizzazione.

Ci si chiede per quale motivo si lavori e in quale modo si possa sviluppare il proprio potenziale; si tratta di domande che la persone oggi si pongono a differenza di quanto avveniva nel passato”, continua l’accademico. Il repentino cambiamento del modello gestionale-organizzativo delle aziende ha messo in evidenza quella che Zamagni chiama “aporia” –nella filosofia greca antica il termine indicava l’impossibilità di dare una risposta precisa a un problema– che ha generato negli ultimi 25 anni il proliferare di numerosi studi e riflessioni nel mondo anglosassone, ma anche in Italia, proprio per rimediare a questa lacuna sul tema del benessere.

Per esempio, anche l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) già nel 1978 con la Dichiarazione di nel 1978 con la Dichiarazione di Alma Ata in Kazakistan e poi con la Carta di Ottawa del 1986 stabilì l’attenzione al benessere, definendo il concetto di promozione della salute come risorsa della vita quotidiana. Peccato però che le organizzazioni abbiano compreso “in ritardo” l’importanza di certi aspetti legati alla cura della persona e quindi l’attenzione verso il ben-essere dei propri dipendenti risulta essere un tema relativamente recente, stimolato di certo dall’accademia che da tempo racconta il tramonto del modello tayloristico. Anche se, c’è da ammettere, i nuovi modelli organizzativi –si veda per esempio l’Holacrazy– “non hanno ancora trovato un reale sviluppo”.

L’articolo completo è pubblicato sul numero di Maggio-Giugno-Luglio 2018 di Sviluppo&Organizzazione.
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