La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Legge di Stabilità 2016: una leva fiscale per implementare i piani di welfare

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di Paola Salazar e Luigi Pintaldi

Dal welfare di stampo paternalistico al welfare contrattato. Da quello per pochi a uno per tutti. Sono tante le novità contenute nella legge di Stabilità 2016 in materia di welfare aziendale per agevolarne le implementazione grazie a precise disposizioni: si tratta di una concreta risposta ai crescenti bisogni assistenziali e sociali dei dipendenti in ambito familiare. L’obiettivo resta la crescita della persona e dei suoi valori personali e sociali, non solo in riferimento all’organizzazione dell’impresa.

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Olivetti è stato un imprenditore ‘illuminato’, che ha svolto un importante ruolo per le discipline giuridiche e organizzative nonché nel campo della psicologia del lavoro, emergendo e imponendosi come una delle più importanti personalità del Novecento, non solo nell’ambito dell’economia e del diritto d’impresa. Qual era lo spirito di fondo della maggior parte delle iniziative e dei progetti di Olivetti? Un’impostazione illuminata sì, ma pur sempre espressione di un approccio di tipo ‘paternalistico’ all’organizzazione del lavoro e, in quanto tale, frutto di un’economia, quella del secolo scorso, caratterizzata da una forte impronta fordista. Egli tuttavia, pur nel contesto di un’impresa di quello stampo si è imposto proprio per la lungimiranza delle sue vedute e per lo sforzo di conciliare modernizzazione e valori, come si legge nel discorso Olivetti ai lavoratori (Ivrea/Roma, 2012). Sforzo che impegna tutt’ora gli interpreti e che fa oggi da sfondo ai progetti di welfare. Nel discorso di Olivetti si coglie già (e ancora) il senso e il significato reciproco che devono avere il lavoro nell’impresa e viceversa. Significato che si nutre dello scambio e nel comune obiettivo di una “partecipazione operosa e consapevole ai fini dell’azienda”. Di quell’azienda che, attraverso la ricerca, l’innovazione e l’ingegno non deve smettere mai di guardare avanti, avendo ben presente che “il mondo moderno deve accettare il primato dei valori spirituali se vuole che le gigantesche forze materiali alle quali sta rapidamente dando vita, non solo non lo travolgano, ma siano rese al servizio dell’uomo, del suo progresso, del suo operoso benessere” (dal discorso alle Spille d’oro di Ivrea).

Il welfare e i fringe benefit: serve chiarezza
Come è noto, il fondamentale ‘motore’ per l’avvio, la sperimentazione e l’implementazione di progetti di welfare è stato, in questi ultimi anni, il nuovo e turbolento contesto sociale nel quale le imprese si sono trovate a operare: l’arretramento dello Stato Sociale e il superamento, necessario e necessitato, di un modello di welfare state che –nella sua struttura di base fondata su pensioni e sistema sanitario– risulta ormai insuffi-ciente per la maggior parte dei Paesi europei, unitamente all’incremento dei bisogni degli individui in termini di cure parentali, assistenza domiciliare e servizi al cittadino così come anche sul fronte degli strumenti di conciliazione vita-lavoro a disposizione, hanno creato le premesse per l’avvio di progetti pur sempre caratterizzati, nella loro struttura portante, dall’iniziativa dell’impresa e, in definitiva, da un’impostazione di tipo paternalistico. Progetti che, partiti magari in sordina, attraverso la sperimentazione di misure circoscritte e limitate (come ad esempio i buoni per la spesa oppure gli asili nido) si sono poi allargati fino a ricomprendere panel di servizi sempre più strutturati e sofisticati. Servizi forniti direttamente dall’azienda sotto forma di flexible benefit, caratterizzati dalla volontarietà dell’erogazione, da una impostazione di tipo “retributivo” –perché agganciati a politiche di rewarding– e, quindi, da una forte impronta aziendalistica e datoriale, necessitata anche dai limitati spazi di manovra delle disposizioni di legge applicabili alla materia. Si fa riferimento, in particolare, all’art. 51 comma 2 lettera f) del Tuir, anche in collegamento con l’art. 100 del Tuir.
Per inquadrare al meglio le novità fiscali derivanti dalla legge di Stabilità 2016, si rende a questo punto necessaria una prima annotazione: nel variegato mondo dei benefit a favore dei dipendenti è opportuno distinguere in maniera chiara il welfare in senso stretto dai fringe benefit. Il welfare, infatti, è collegato al generale benessere delle persone e della società; esso fa tradizionalmente riferimento ai rischi sociali e ai bisogni a essi collegati, come la salute, l’occupazione, il reddito in età anziana, la disabilità e l’assistenza sociale. Se la prestazione fornita aiuta a soddisfare uno dei bisogni primari che le persone incontrano nell’arco della vita, allora possiamo usare la definizione di welfare. Se si tratta, invece, di beni e servizi che afferiscono ad aree non strettamente ricollegabili a un bisogno di natura socio-sanitaria, come tutto ciò che ha a che fare con l’aspetto ricreativo e del tempo libero, è bene prestare più cautela nella definizione.
Nella scelta dei benefit da erogare è comunque auspicabile che il management consideri prioritariamente la rilevanza sociale di ciascun servizio offerto rispetto ai bisogni essenziali dell’individuo. In tale prospettiva, occorre considerare quale primo presupposto che il welfare, inteso nell’accezione appena proposta, dovrebbe riguardare tutti gli individui in quanto tali o, al limite, una più ristretta cerchia di persone identificate in base a parametri omogenei fondati su uno stato di necessità o di bisogno specifico. Tutto ciò, evitando di riprodurre le differenze di trattamento che si creano invece naturalmente all’interno del mercato del lavoro. In questo senso, il welfare, proprio per la sua ampia vocazione al soddisfacimento di determinati ‘bisogni’ –generalmente primari–, dovrebbeessere fornito in modo uguale a tutti i dipendenti, o in maniera inversamente proporzionale rispetto al reddito di ciascuno (ossia con parametri di riferimento nell’erogazione dei servizi più bassi laddove i redditi sono più alti), con la conseguenza che appare del tutto privo di senso definire welfare i piani di benefit forniti solo ai dirigenti o erogati, invece, su base individuale quale forma di ‘premio individuale’.
Le novità introdotte in questa materia dalla legge di Stabilità 2016 assumono in quest’ottica grande rilevanza perché, collocandosi su un piano di stretta incentivazione della contrattazione collettiva di secondo livello (strumento peraltro, di rango costituzionale, al quale viene demandata la determinazione e/o la diversa allocazione della parte variabile della retribuzione), divengono strumento privilegiato per garantire alla totalità dei dipendenti di una determinata realtà aziendale l’accesso ai servizi socio-assistenziali che sono il motore per lo sviluppo e la diffusione del welfare privato. 

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