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Legge di stabilità 2016: un passo in avanti verso il lavoro agile

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Di Paola Salazar

Il divario esistente tra il desiderio di soddisfacimento delle esigenze di vita e di relazione e il rispetto degli obblighi nascenti dal rapporto di lavoro, primo tra tutti il dovere di diligenza nell’esecuzione della prestazione lavorativa – da tempo sotto la lente degli esperti di organizzazione ma anche dei consulenti nei diversi campi dell’ingegneria, dell’architettura e, non ultimo, del diritto del lavoro, tributario, della privacy ecc. –, sta divenendo sempre più spesso occasione anche di confronto in sede legislativa.
Già il Jobs Act (l. n. 183/2014) conteneva un delega diretta a favorire la “conciliazione tra l’esercizio delle responsabilità genitoriali e dell’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attività lavorativa” (art. 1, comma 9 lettera d, che ha trovato attuazione nel D.lgs. n. 80/2015), ma anche la possibilità della “cessione tra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro, di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al contratto nazionale di lavoro (…)” proprio per venire incontro a specifiche esigenze di conciliazione (art. 1, comma 9 lett. e, che ha trovato attuazione nel D.lgs. n. 151/2015).
Il legislatore interviene ancora, con il progetto di Legge di Stabilità per il 2016 e, in particolare, con il Disegno di legge denominato “Collegato Lavoro” alla medesima legge, per disciplinare in modo più incisivo le forme di flessibilità nei tempi e nei luoghi di lavoro, venendo incontro a una sempre più pressante richiesta di flessibilità organizzativa che parte proprio dai lavoratori. Si prevede di introdurre, così, nell’ordinamento giuridico il “lavoro agile”, riprendendo la denominazione che tale forma di flessibilità organizzativa ha acquisito in questi anni dopo la sperimentazione avviata dal Comune di Milano nel 2014 e allargatasi ad altri Comuni nel 2015 (al link i dati emersi dalla seconda giornata del lavoro agile 2015).  
È presto per fare un commento organico del nuovo progetto di legge, ma è importante segnalarne i punti di maggiore rilevanza pratica.

  • L’obiettivo è quello di aumentare la produttiva del lavoro agevolando la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
  • Si va oltre la disciplina del telelavoro ma vengono adottati criteri guida – mutuati dal telelavoro e opportunamente riadattati – per assicurare una prestazione “sicura” sotto tutti i punti di vista.
  • Si sottolinea la volontarietà della scelta da parte del lavoratore (così come avviene già in materia di telelavoro); scelta da formalizzare sulla sola base di un accordo individuale.
  • La previsione di legge può essere integrata dalla contrattazione collettiva (di qualsiasi livello).

Il legislatore cerca così di seguire la naturale evoluzione del lavoro e, in linea con la riforma del lavoro ancora in atto, inserisce ora il “lavoro agile” nel disegno di legge titolato “misure per la tutela del lavoro autonomo”. Segno che sta rapidamente evolvendo anche l’interpretazione del tradizionale rapporto di scambio proprio del rapporto di lavoro: non più solo “prestazione” contro “retribuzione” ma “prestazione responsabilizzata” contro “retribuzione e benessere”. Quasi a voler sottolineare che non esiste più una netta contrapposizione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. È chiaro che sul versante dei comportamenti – naturali o attesi in ragione di nuove forme di organizzazione dell’impresa – il superamento della tradizionale contrapposizione tra capitale e lavoro, propria del lavoro subordinato, a favore di un più aperto scambio tra lavoro e benessere, in cui il lavoratore diviene centro e motore dei progetti di riorganizzazione dell’impresa, anche in vista di una migliore conciliazione tra vita e lavoro, impone di rivalutare la genuinità di quelle forme di organizzazione del lavoro che sono caratterizzate da prestazioni di lavoro autonomo o parasubordinato. Prestazioni tradizionalmente libere da vincoli di tempo e di luogo.
Da qui la previsione di una sorta di “Statuto del lavoro autonomo” che contiene anche la nuova disciplina del “lavoro agile”.
Da tempo, chi scrive sottolinea la necessità dell’adozione di forme di organizzazione del lavoro dirette a promuovere “responsabilità e fiducia”, partendo proprio da un’esigenza di flessibilità che pur venendo dal basso, deve tuttavia ricevere un forte commitment dall’alto. E ciò senza timore di “perdita del controllo” e con modalità organizzative sempre più vicine al lavoro per obiettivi. Fattori organizzativi tipici del lavoro autonomo.
Alcuni strumenti normativi (e organizzativi) esistono da tempo: si pensi alla gestione flessibile dell’orario di lavoro (ex D.lgs. n. 66/2003), alla progettazione degli interventi finanziabili ex art. 9 della l. n. 53/2000, alla stessa disciplina del telelavoro che, proprio perché contenuta in un Accordo interconfederale – seppure ormai datato e risalente al 2004 – si è, di fatto, rilanciato in questi ultimi due anni consentendo di recuperare la cornice giuridica di riferimento per l’avvio di numerosi progetti e per la concreta prima sperimentazione di quello che auspicabilmente sarà il nuovo “lavoro agile”.
Le premesse ci sono, non resta che sperare in un concreto sviluppo.

 

 

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