La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Maschi contro femmine, da padre sto con le donne

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Non ricordo esattamente il giorno in cui ci dissero che saremmo diventati genitori di una bimba: contrariamente a tanti padri desiderosi di avere un maschio, ho sempre voluto diventare padre di una femmina (mia moglie ha sempre considerato positivamente questa mia inclinazione, non so bene per quale motivo).

ascolto

Non che io abbia velleità di ristabilire la parità tra i sessi, le ultime stime dell’Onu hanno svelato che sulla Terra ci sono 3,64 miliardi di donne contro 3,7 miliardi di uomini (in Italia ci sono 94,6 uomini ogni 100 donne): semplicemente sono abituato da sempre a lavorare con le donne e non mi sarebbe dispiaciuto replicare un modello che funziona anche in ambito familiare. Da quando ho iniziato a lavorare ho avuto solo due volte un responsabile uomo: il primo era più vicino alla figura di un padre che a quella del capo azienda; il secondo era un middle manager frustrato dalla vita che riversava livore sui suoi collaboratori.

L’esperienza con le donne-capo è stata (e lo è tuttora) di gran lunga migliore. E non poteva essere altrimenti, perché mi sono sempre imbattuto – forse per caso – in manager dotate della rara capacità di ascolto: sono tutte mamme e questo credo che abbia influito positivamente sul nostro rapporto.

D’altra parte, il mondo professionale che (ahimè) ho scelto oltre 10 anni fa offre un interessante spaccato dell’intera società: nel giornalismo c’è una leggera prevalenza di donne rispetto agli uomini (gli ultimi dati dell’Osservatorio di Pavia parlano del 52% di studentesse iscritte ai corsi di giornalismo contro il 48% di studenti). Peccato però che le donne del giornalismo vivano una situazione ben diversa dai colleghi uomini. È recente un documento firmato da 450 giornaliste in cui si denunciano, oltre alle molestie sessuali, le disparità nei salari e nelle carriere.

papà al lavoroSempre stando ai dati dell’Osservatorio di Pavia, il pay gap nel giornalismo vede una redattrice guadagnare il 13% in meno di un collega; -20% nel caso di una caporedatrice; il -23% per una direttrice di testata rispetto a un uomo nello stesso ruolo.
Eppure, per mia esperienza, mi sono finora imbattuto in colleghe preparate, capaci, sveglie e molto professionali: quasi fossero obbligate a saperne sempre di più per primeggiare nel virtuale confronto con gli uomini. L’Osservatorio di Pavia ha sentenziato: “Un giornalismo fatto soprattutto da uomini è per sua natura meno bilanciato e obiettivo”. A rimetterci dunque non sono sole le donne, ma la qualità stessa dell’informazione.

Scardinare il Male Breadwinner Model

Da quando è nata Viola, certi temi che già mi preoccupavano, ora mi incutono ‘terrore’: in un’Italia nella quale le donne ricevono pochi aiuti e poca attenzione – come ha scritto Gaia Pianigiani, giornalista del New York Times – mi interrogo su che cosa io possa fare, nella mia quotidianità, per offrire a mia figlia un Paese migliore, a fronte di una società che però impone all’uomo di essere prima lavoratore e poi padre-marito. Perché se è comunemente accettato che la donna sacrifichi il lavoro (e purtroppo anche la carriera) per prendersi cura dei figli, così non è nel caso dell’uomo che se ne fa carico: una donna su quattro, non si dimentichi, non torna al lavoro dopo la maternità; di uomini che hanno scelto la vita esclusivamente di padre se ne sentono (e leggono) rarissimi casi.

papà multitaskingÈ un retaggio del Male Breadwinner Model (letteralmente il modello in cui è l’uomo ‘a portare a casa il pane’) nel quale il tasso di occupazione maschile è al 67% contro il 49% di quello femminile. Di contro, però, nel nostro Paese ci sono 650 mila donne inattive che si prendono cura dei figli minori, di adulti malati o disabili e di anziani non autosufficienti. E quando queste donne vorrebbero poter lavorare, mancano gli aiuti dei servizi pubblici o servizi privati accessibili a livello economico. Il problema riguarda tutti, se è vero che come sostiene Bankitalia, se l’Italia avesse lo stesso tasso di occupazione femminile dell’Unione europea, il nostro PIL aumenterebbe del 7%!

Conciliare il ruolo di padre-lavoratore

Nel mio piccolo, tuttavia, non faccio eccezione, visto che è mia moglie a prendersi principalmente cura di Viola, aiutata dai quattro nonni (un’enorme fortuna!): da sei mesi mia figlia frequenta l’asilo nido, ma solo part-time, perché il Comune nel quale viviamo investe ben poche risorse sugli aspetti sociali (negli ultimi anni sono stati chiusi due nidi su tre) e quindi la retta è interamente a carico dell’utente (salvo per quelli che possono godere della misura ‘Nido gratis’ offerta dalla Regione Lombardia). Ecco allora che a Viola devo dedicare solo i cosiddetti ‘ritagli’ di tempo: la lavo, la vesto, le faccio fare colazione, la porto al nido (il compito è equamente diviso in famiglia), la metto a dormire tenendole per ore la manina. Giochiamo poco insieme: ma questo è un cruccio – da quanto ho sentito dire – di tutti i genitori…

mano papàIl ‘mio’ tempo extra-lavoro è suddiviso tra famiglia e sport: per non sottrarre tempo al ruolo di marito e padre, corro la mattina presto (di solito nel weekend), costringendomi a levatacce domenicali, oppure torno dall’ufficio correndo; da qualche tempo ho iniziato anche a frequentare la piscina in pausa pranzo, ‘correndo’ come un folle anche nell’unica ora di relax… È un difficile lavoro di incastri di tempo e di impegni, ma inevitabile. Tuttavia ci sono abituato da sempre: le mie tante vite da giornalista (web, quotidiani, service editoriali, tivù, radio, periodici…) mi hanno fatto maturare un innato senso di colpa per il tempo sottratto agli affetti con il quale convivo, che mi costringe a trovare soluzioni-tampone quando la situazione diventa insostenibile.

Inutile dire che nel ruolo di padre il ‘senso di colpa’ è esponenzialmente aumentato e diventa dramma quando Viola preferisce la mano del nonno alla mia.
La secondogenita? Speriamo che sia femmina.

 

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