La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Merito, Meritocrazia

Merito e meritocrazia

, , ,

“La messa del laico”, così Hegel definiva acutamente già due secoli or sono la lettura del giornale di prima mattina. Allo stesso modo ho sempre considerato come una sorta di liturgia l’analisi quotidiana dei curriculum ricevuti: un momento fondamentale, da fare a mente libera, in cui per­sone spesso ancora senza volto si mettono in gioco per un posto di lavoro con l’obiettivo di catturare la tua attenzio­ne e il tuo interesse a incontrarli e magari a scommettere su di loro.

L’esperienza di molti anni mi ha poi consentito di accentuare sempre di più l’attenzione sui fatti concreti anziché sulle semplici parole: vi sono sempre sfumatu­re che fanno la differenza e che nel corso di un colloquio consentono a colpo sicuro di verificare l’autenticità delle cose o di smascherare affermazioni superficiali se non ad­dirittura mendaci.

Poi, negli ultimi anni, per mia scelta mi sono avvicinato alla ‘cosa pubblica’: un mondo assoluta­mente nuovo, spesso sconosciuto dai più sia negli aspetti generali sia nei dettagli operativi, ma fondamentale per far girare al meglio i meccanismi di quella strana creatura chiamata Stato.

Mi sarei aspettato negli innumerevoli cur­riculum di dirigenti e funzionari pubblici che ho visionato e valutato contenuti di spessore per lo meno paragonabili a quanto incontrato nelle mie precedenti esperienze: rara­mente è andata così! Curriculum di svariate pagine piene di informazioni assolutamente ininfluenti per il profilo professionale, conoscenza minima delle lingue stranie­re, scarsa mobilità professionale e via di questo passo…

L’impressione ricavata era che la ridondanza fosse consi­derata una priorità assoluta a discapito della qualità e del contenuto delle esperienze maturate. In particolare sono rimasto colpito dalla totale assenza di concetti collegati al principio del ‘valore aggiunto’.

Ma il quadro della si­tuazione si è fatto ancora più inquietante al momento di prendere visione dei profili degli eletti, cioè dei veri decisori delle politiche che possono nel bene e nel male condizionare le nostre vite quotidiane: un insieme di informazioni da cui sovente non si riusciva a evincere un accettabile grado di specializzazione atto a garan­tire, al momento opportuno, un livello di competenza sufficiente per elaborare proposte e progetti all’altezza.

Con i risultati che, da anni, purtroppo, sono sotto i no­stri occhi. Da tempo ho la netta impressione di assistere a una evidente dicotomia sul concetto di esperienza e di professionalità, con particolari esempi, nell’ambito della sfera pubblica, dall’effetto talvolta devastante.

Ci siamo tutti chiesti come sia possibile che un Responsa­bile del Dicastero della Scuola e della Ricerca possa per­mettersi di presentare un curriculum ufficiale dichiarando titoli mai conseguiti o di un Premier che modifica a pro­prio piacimento esperienze di studio e di lavoro in realtà molto diverse da quelle dichiarate: due tra gli innumere­voli esempi negativi offerti ai nostri giovani.

In Germania, non molto tempo fa, un Ministro di primo piano ha dichiarato di aver in parte preso spunto per la sua tesi di laurea da quella di un altro studente: smasche­rato, si è dimesso in un istante.

In altri casi parrebbe che l’aver studiato, conseguito tito­li, esperienze differenti in Italia e altrove venga conside­rato come un privilegio di casta quasi da perseguire. “Ho solo la licenza media, ma conosco da vicino le esigenze della gente”, si sente spesso affermare.

Giusto, ma se hai responsabilità importanti almeno bi­sogna saper fare di conto e capire se non altro le regole di base della programmazione e della gestione.

Constato che da parecchi mesi non si parla più dei ‘cer­velli’ emigrati all’estero da far rientrare in Italia, quasi come se la loro presenza quaggiù possa fare ombra alla mediocrità culturale della classe politica al potere. La pa­rola “laureato” qualche volta infastidisce.

Eppure, nella tanto detestata Europa, i principali Pae­si collocano le migliori ‘teste’ nei posti chiave. La Cina investe cifre astronomiche in educazione di alto profilo, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Nell’America trumpiana ‘business is business e le univer­sità continuano a lavorare a pieno ritmo.

Noi che nella nostra vita abbiamo fatto della meritocra­zia il mantra e il propellente che alimentava i mecca­nismi dell’organizzazione, ci chiediamo un po’ attoniti se un percorso di sacrifici, di studi e anche di rinunce personali, finalizzato a crescere e soprattutto a far cre­scere, sia ancora un obiettivo degno di essere persegui­to se non per noi almeno per i nostri figli. L’alternativa è che il sapere si trasformi in un disvalore prima o poi sopraffatto per sempre dalla ‘webcrazia’ e dalla piazza, ieri agorà e domani forse luogo di raduno e di culto per crescenti masse di sanculotti e ‘tricoteuses’.


Antonio Rinetti

Ex Direttore del Personale di un importante istituto bancario e attualmente Consulente HR. Cura la rubrica 'Essere o non essere' sulla rivista Persone&Conoscenze

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cookie Policy | Privacy Policy

© 2019 ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - Milano - TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24 - segreteria@este.it - P.I. 00729910158
logo sernicola sviluppo web milano

Trovi interessanti i nostri articoli?

Seguici e resta informato!