La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Organizzazioni ambidestre e ibride

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Duncan (1976) fu il primo autore a utilizzare il termine “ambidestrismo” con riferimento a un’organizzazione, focalizzandosi sulla predisposizione, da parte di alcune aziende, a “progettare strutture duali che possano facilitare le fasi di avvio e attuazione del processo di innovazione”. Sono stati Tushman e O’Reilly (1996) i primi a evidenziare come un’organizzazione, per potersi considerare ambidestra, debba contemporaneamente cogliere le opportunità offerte dall’exploration e dall’exploitation.

È interessante evidenziare come la circostanza in virtù della quale si auspica un approccio ambidestro è la necessità di superare il cosiddetto “paradosso del successo”. La dinamica frequente è che un’azienda che raggiunge le condizioni economico-produttive ottimali ottiene il successo. In relazione delle dimensioni e del periodo di tempo in cui certe routine si sono stratificate, l’organizzazione diviene (rischia di diventare) vittima dell’inerzia strutturale e della cultura; da ciò ne deriva un successo nei mercati stabili, ma equivale a un fallimento laddove i mercati mutano.

I primi esempi di successo citati da Tushman e O’Reilly sono Hewlett-Packard, Johnson & Johnson e ABB rispetto alla loro capacità di perseguire contemporaneamente l’innovazione incrementale e discontinua ospitando strutture, processi e culture contraddittorie all’interno della stessa azienda. La ricerca scientifica riguardante l’ambidestrismo è varia e trova sbocco in vari ambiti: il nesso causale tra questo e la performance evidenzia in molti casi un’influenza positiva di una consapevole ambiguità fra le due tensioni.

Altre sfaccettature del concetto di ambidestrismo sono inerenti alla tempistica con cui esso si manifesta: l’ambidestrismo sequenziale (Laplume e Dass, 2012; Chou, Yang e Chiu, 2017) è definito come il “passaggio temporale tra esplorazione e sfruttamento” e sottolinea l’importanza della sequenzialità attraverso periodi di exploration e exploitation , per attutire i conflitti legati alla simultaneità (Gupta, Smith e Shalley 2006).

Più in generale, quindi, l’ambidestrismo sequenziale implica che un’organizzazione si concentri su uno degli obiettivi concorrenti dopo l’altro (Chen, 2017). Zaidi e Otman (2015) hanno ricostruito la contrapposizione fra altre due tipologie di ambidestrismo, quella strutturale e quella contestuale: l’azienda strutturalmente ambidestra separa l’unità impegnata nell’exploitation da quella che si occupa di exploration , dotata di differenti gestioni, processi, strutture e culture, integrata da un team di management rodato (O’Reilly e Tushman, 2004) per consentire alle varie strutture di rimanere collegate in modo continuo;

il ruolo del top management è in questo caso la definizione della struttura, per poter ricercare il trade off tra allineamento e adattabilità; la natura dei ruoli è tendenzialmente ben definita e le skill dei dipendenti sono specifiche.  Nel perseguimento dell’ambidestrismo, i singoli dipendenti utilizzano il loro tempo a disposizione tra l’allineamento e l’orientamento (exploitation) e le attività mirate all’adattabilità (exploration); le decisioni sono assunte in prima linea da venditori, supervisori degli impianti e impiegati.

Il ruolo del top management è legato allo sviluppo del contesto organizzativo in cui le persone agiscono, i ruoli sono abbastanza flessibili e le competenze richieste ai dipendenti relativamente flessibili.  Gli articoli che proponiamo nella rubrica di questo numero si focalizzano sull’ambidestrismo introducendo delle dimensioni di analisi aggiuntive: per esempio il concetto di ambiguità (Aoki e Wilhelmb, 2017), da poter utilizzare come strumento relazionale con i propri fornitori di lunga durata. La ricerca utilizza il caso della multinazionale Toyota.

Successivamente, nel paper di Luger, Raisch e Schimmer (2018), ci si interroga sulla possibilità che la dicotomia exploration-exploitation , nel corso del tempo, debba essere sciolta per affrontare meglio il contesto esterno. Si tratta di uno studio longitudinale condotto sulle compagnie di assicurazione fra il 1999 e il 2014.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di marzo-aprile 2019 di Sviluppo&Organizzazione.
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