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Perché i manager dovrebbero leggere Heidegger

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Nessuno come Heidegger ha ripreso, nel Ventesimo Secolo, il filo del pensiero greco. Il “senso dell’essere” consiste nel continuo tentativo di transitare dalle tenebre alla luce.

In Sein und Zeit, l’Essere e il tempo, uscito nel 1927, ci parla di lichtung, la radura nel bosco. Trent’anni dopo, precisando il suo pensiero, scriverà che ciò che importa non è la radura, ma la sua ricerca. Verbo lichte: ‘diradarsi’, ‘sfoltire’, e anche: ‘levare l’ancora’, ‘salpare’.

Guido Reni, Giovanni evangelista

Siamo nei pressi del concetto greco di alétheia, ‘non ascosità’, che i latini traducevano con veritas. Contiguo il senso di un altro termine greco, usato dall’apostolo Giovanni, apo-kálypsis: faticoso tentativo di comprendere ciò che è occulto, oscuro. Disvelamento. Illuminare la scena buia con il proprio sguardo. Non limitarsi a lanciare una freccia nel futuro, nell’ignoto, ma cercare il continuo chiarimento, passo dopo passo. Questo è essere manager.

Amare il chiarimento: questo è del resto il senso stesso della filosofia. Il termine greco philía, infatti,può essere inteso come ‘amore’, ma anche come ‘cura’. Il senso di sophía, saggezza, si intreccia con quello di sophés, ‘chiaro’. Obiettivo che potremo attingere se non ci limiteremo alla logica e al calcolo, e se saremo invece anche sempre ricorrere alla congettura, all’intuizione, alla scommessa sull’ignoto. Rincorrendo una visione. Meditando, giocando e sognando. Questo è essere manager.

Heidegger ci dice che in questo consiste l’umano pensare: percepire il meraviglioso. Il nuovo che allo stesso tempo inquieta e attira. Greco parousía: ciò che emerge dalla propria essenza. Physis: siamo abituati a tradurre con natura, ma più propriamente è: ‘ciò che sboccia da se stesso’. Ciò che si dispiega, apparendo.

Essere manager è cogliere il continuo presentarsi. Presentarsi: absens. In latino ‘assente’ è forma del verbo abesse: ab ‘lontano da’, esse, ‘essere’. Il senso si rovescia sostituendo ad ab prae, ‘davanti’. Praesens: presente sul momento, efficace, favorevole, propizio. Avvicinarsi, avere davanti; cogliere il momento opportuno.

Heidegger e la difficoltà nel disvelare 

Martin Heidegger

Affacciarsi sui testi di Heidegger è affacciarsi sul terreno impervio – un terreno che ci appare ostile, nemico, perché sconosciuto: oltre la siepe che protegge la nostra quiete, lontano da casa, oltre la zona nella quale ci sentiamo confortati dalle pratiche già esperite e dalle nostra professionalità.

La lettura dell’Essere e il tempo ci istruisce e ci forma, proprio perché ci impone l’esercizio del continuo presentarsi. Il pensiero di Heidegger appare a prima vista ostico ed oscuro. Ma appunto per questo è stimolante. Non ci da risposte, quindi ci sfida a cercarle. Non serve negare l’oscurità, e non serve evitarla.

Leggere Heidegger è allenarci a disvelare. È andare oltre l’immediata incapacità di comprendere. Heidegger invita ognuno a non porre un velo sulla propria sordità e a non farsi alibi dei limiti immediati del proprio udito. Possiamo nonostante tutto andare oltre i limiti e le difficoltà. Questo è lavorare. Questo è progettare. Questo è essere manager.

Heidegger stesso, del resto, considerava l’opera incompiuta, non risolta. L’autore, scrivendo, sperimenta la difficoltà implicita nel disvelare. Il lettore, leggendo, sperimentata la difficoltà implicita nel disvelare. L’essere umano, in quanto autore e lettore, si confronta con i propria limiti.

Siamo chiamati a considerare, e possibilmente a rifiutare, le via di fuga. Possiamo evitare di leggere l’Essere e il tempo giustificandoci con le debolezze mostrate da Heidegger di fronte al regime nazista, o con l’esistenza di testi di Heidegger venati da antisemitismo. Ma nell’Essere e il tempo non si affermano verità. Non si impone una ragione, ma ci mostra nell’atto del cercare.

Altra via di fuga sta nel leggere affidandosi a un interprete o a un traduttore. Ma non solo loro, interpreti e traduttori, sono chiamati a capire. Heidegger ci invita a considerare che ognuno di noi è chiamato. Ognuno di noi, ogni manager ed ogni persona impegnata nel lavoro, prima di affidarsi a un’altra persona abitante a un livello gerarchico superiore, a un consulente o a un formatore, ognuno di noi è chiamato a chiedersi in che misura può assumere lui stesso il ruolo di cercatore di aletheia, lichte, disvelamento, luce nel fitto del bosco. 

 

L’articolo completo è stato pubblicato sul numero agosto-settembre di Sviluppo&Organizzazione.
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