La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Performance e responsabilità Michelin

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Elena Rubin
HR Diversity Manager
Michelin Italiana

Elena RubinLa centralità delle persone come orientamento strategico e sfide di inclusione in una realtà manifatturiera

È il sostrato culturale in cui si inserisce il diversity&inclusion nel mondo Michelin, una realtà in cui parlare di integrazione e inclusione è ambizioso, ma allo stesso tempo rappresenta un’espressione concreta dei valori aziendali.
Nel 1924 Eduard Michelin già affermava: “Quando un fatto contraddice la teoria, atteniamoci al fatto”, una base solida a cui il gruppo ha fatto riferimento per parlare della sua attitudine al ‘rispetto dei fatti’.

Primo tra i 5 valori del gruppo, il rispetto dei fatti mette in evidenza come mantenere un’esigenza di obiettività e di onestà intellettuale, al di là delle opinioni e dei pregiudizi, significhi osare, riconoscere che può esistere un problema e ammettere la realtà del suo impatto. In questo contesto si configura un aspetto essenziale di quella che è considerata l’attenzione alle persone, ritenute importanti e fondamentali allo stesso modo, che siano clienti, azionisti o personale all’interno del Gruppo Michelin in cui ciascun componente deve avere la possibilità di diventare ciò che è, ma soprattutto, avere la possibilità di esprimersi.

Per Michelin, ‘diverso’ è ciascuno di noi, nel senso dell’essere unici, differenti, ma in armonia con quei valori che pratichiamo da più di un secolo e che non sono mai stati così attuali, come ha di recente affermato il presidente del gruppo, J-D. Senard, e che sono quelli che danno senso alle nostre azioni.
È qui che cominciano le sfide: partire dalle ambizioni che una multinazionale come Michelin vive nel quotidiano e trasformarle in motore di performance, al fine di attirare e includere nuovi talenti che permettano di garantire le migliori prestazioni dell’azienda nel lungo periodo e ovunque nel mondo.
La nostra filosofia si traduce in un approccio strutturato, animato da un diversity manager a livello gruppo e da un comitato internazionale, costituito da corrispondenti in ogni Paese e una rete mondiale di 600 persone che vi collaborano. Gli obiettivi in materia di ‘diversità’ sono fissati al livello del gruppo e in seguito declinati nelle zone geografiche e nei Paesi dove la realizzazione di progetti traduce in maniera concreta e adatta ai contesti i nostri valori, che sono universali, ma vengono integrati nel rispetto delle culture locali, che variano nel tempo e secondo i luoghi, rappresentando di per se stesse una ricchezza.
Così, in Italia si è deciso di tradurre il tema della multiculturalità in un impegno attento e continuativo di formazione e informazione sulle differenze culturali presenti nel sito di Fossano, un sito produttivo con il 20% di personale impiegato non italiano, attraverso un’opera di sensibilizzazione e un lavoro di collaborazione con i mediatori culturali del territorio.

Dal 2011 il gruppo si è dotato di un metodo pragmatico ed efficace, chiamato metodo ‘D’ (diversity), con la finalità di sviluppare azioni concrete volte a coinvolgere ciascun sito in ogni Paese rispetto ad assi prioritari in materia di diversità: genere, cultura, generazioni, Disabilità.
Il metodo di lavoro si sviluppa in 3 tappe: una ‘diagnosi’ con argomentazioni a supporto del perché affrontare un determinato tema, l’individuazione di cifre chiave di obiettivi declinati a livello del Paese, e l’identificazione di eventuali freni e leve possibili relativamente alla definizione di piani di azione locale.
Oggi questo metodo è utilizzato sull’asse ‘mixità di genere’ e si declina ‘in D–Way’ e ‘in D–Sales’, entrambi volti ad aumentare la presenza femminile nelle posizioni più basse della piramide al fine di garantire una futura presenza nella parte apicale.

Dal 2012 il ‘D’ si interessa alle ‘generazioni’ attraverso un lavoro di analisi della popolazione che tiene in conto sia l’ascolto dei bisogni del personale, sia le necessità di produttività. In Europa dell’ovest, come in America settentrionale, l’età media dei lavoratori dipendenti aumenta a causa dell’evoluzione della piramide delle età e dell’allungamento progressivo della durata legale del lavoro. Nelle zone emergenti, la questione si porrà domani.
L’obiettivo del gruppo, con il ‘D-Age’, è di anticipare quest’evoluzione lavorando sull’ergonomia dei posti di lavoro, sviluppando programmi sulla salute, valorizzando l’esperienza delle persone alla fine del percorso professionale, favorendo la job rotation e migliorando la gestione di carriera. Il diversity management si muove anche in un tessuto che amiamo definire ‘virale’: i membri del network internazionale e i direttori sono gli attori chiave della realizzazione delle politiche di ‘diversità’, poiché, con le loro azioni e la loro gestione, diffondono in maniera concreta la nostra fondamentale convinzione: la diversità è un motore di performance

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