La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

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Progettazione degli spazi di lavoro, la Direzione HR tace e acconsente

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Abbiamo sottoposto ai manager HR del network ESTE un questionario sul tema degli spazi di lavoro, lanciando la prima inchiesta targata Persone&Conoscenze. Dai risultati abbiamo scoperto che, secondo i dati raccolti dal campione (che non ha valenza statistica), le aziende italiane si rinnovano di frequente, anche nel layout degli ambienti fisici: più del 50% lo ha fatto nell’ultimo biennio; solo il 2% non lo fa da 10 anni o più. Un risultato che può sorprendere, visto che il 23% delle aziende coinvolte ha meno di 100 dipendenti e l’8% addirittura meno di 50.

Per l’80% la definizione dell’ambiente fisico ha lo stesso peso di quello digitale. L’evidenza principale, però, è che, nel 70% dei casi la Direzione del Personale è esclusa dalla gestione dei layout, che pure si considerano così importanti per l’affermazione di un buon clima di lavoro.

Agli HR mancano gli strumenti

Come mai questo avviene? Secondo Debora De Nuzzo, Progettista, Consulente e Formatrice di DDNstudio, non è una buona notizia, ma occorre cercare “di vedere questo dato come una nuova opportunità per gli HR”. Infatti, “i manager delle Risorse Umane in questa nuova sfida possono essere protagonisti e avere sguardi privilegiati su quello che succede nei nostri ambienti di lavoro, su come le persone interagiscono e si relazionano con e nello spazio, sia fisico sia digitale”.

Non si tratta di aggiungere loro compiti e responsabilità, dice De Nuzzo, “bensì di potenziare quelle competenze legate a obiettivi di benessere organizzativo che dovrebbero già avere e perseguire”. Serve solo fornire loro “gli strumenti adatti per renderli capaci di instaurare efficaci canali comunicativi con le altre funzioni”.

La nuova opportunità per gli HR “è molto concreta, dato l’aumento, negli ultimi anni, degli investimenti da parte delle aziende nel ripensamento dei layout degli uffici, complice l’introduzione della legge sullo Smart working”.

Le nuove modalità di lavoro, consentendo ai dipendenti di lavorare saltuariamente in luoghi diversi dalla sede abituale, “hanno permesso alle organizzazioni notevoli risparmi, in termini di utenze, dimensioni degli immobili e numero delle postazioni di lavoro, ma sicuramente anche maggiori investimenti in infrastrutture tecnologiche digitali”.

Ecco che, secondo De Nuzzo, a conferma di quanto risultato dall’indagine, “emerge in maniera chiara l’impossibilità di tenere separati i cambiamenti fisici da quelli digitali negli ambienti di lavoro”.

Applicare il lean per definire i layout

Dello stesso avviso è Angelo Pomarico, HR Manager di A. Abete Srl, uno dei pochi intervistati ad avere risposto di essere stato fortemente coinvolto nelle recenti modifiche degli ambienti di lavoro.

“Lo scopo dei cambiamenti è stato quello di evitare sprechi nella produzione, di materiali, ma anche di tempo”, racconta. A. Abete Srl, azienda che opera nel settore delle lavorazioni meccaniche per l’Aeronautica, ha operato un’importante modifica degli spazi fisici adottando la metodologia Lean manufacturing.

“Ci siamo chiesti come sfruttare al meglio il tempo e renderlo complementare alle nostre risorse”. La risposta è arrivata dalla filosofia del pensiero lean, grazie al quale “il layout fisico ha subito forti trasformazioni, anche visive, tramite l’utilizzo di nastri e guide colorate che rendessero molto più intuitivi gli spostamenti all’interno della fabbrica”.

Che, appunto, è stato uno dei pillar di questo cambiamento, “sempre interpellato e fortemente coinvolto”. Infatti, “ridisegnare gli spazi di lavoro ha permesso una maggiore efficienza del personale, impostando anche una migliore comunicazione interna e un miglior coordinamento dei settori, oltre ad aiutare a definire il valore dal punto di vista del cliente ed eliminare gli sprechi”.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di ottobre 2019 di Persone&Conoscenze.
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