La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Rapporto Welfare 2015 di OD&M Consulting: lo stato del welfare privato nelle aziende italiane

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OD&M Consulting, società specializzata in HR Consulting di Gi Group, ha appena pubblicato il Rapporto Welfare 2015, frutto di due web survey sul tema: una B2B, che ha coinvolto 112 imprese, l’altra B2C, che ha visto la partecipazione di oltre 300 lavoratori appartenenti a diverse tipologie di aziende.
Lo studio ha permesso di rilevare cosa pensano le aziende che stanno valutando l’implementazione di un piano di welfare aziendale e quelle che ne hanno già sperimentato l’utilizzo, identificando le diverse modalità di approccio e di gestione.
La scelta di effettuare l’analisi sui due differenti panel, aziende e lavoratori, ha permesso di evidenziare parallelismi e disallineamenti rispetto alla percezione che aziende e dipendenti hanno del tema e, in base ai risultati emersi, sono state identificate delle best practice.
“Per welfare aziendale – ha fatto sapere Miriam Quarti, Senior Consultant di OD&M – intendiamo la gestione integrata delle iniziative e dei servizi che le aziende mettono in atto, sia per autonoma decisione sia per accordo con le rappresentanze sindacali, al fine di venire incontro alle esigenze dei lavoratori e dei loro famigliari in differenti ambiti: dall’assistenza sanitaria alla necessità di cura dei figli, dall’accesso al credito fino al tempo libero. Alcuni di questi servizi sono soggetti a regolamentazione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) e, implementandoli in azienda, è possibile usufruire di agevolazioni fiscali. Il welfare aziendale parte dall’assunto che, se ogni persona vive meglio le proprie giornate sul posto di lavoro, migliora il clima aziendale e il beneficio individuale tende a diventare benessere collettivo, con conseguente aumento del livello di produttività aziendale.”
Il welfare aziendale va dunque considerato all’interno di un più ampio concetto di total reward, nel quale rientrano anche ambiti come la compensation, lo sviluppo e la formazione, l’ambiente di lavoro. In tale accezione, si tratta di un’importante leva per la gestione strategica delle risorse umane, volta ad attrarre, trattenere e motivare le persone in azienda.

Il panel della ricerca

Sia nel caso della survey B2B sia in quello della survey B2C, la ricerca è stata effettuata su aziende principalmente del Nord Ovest (60%), appartenenti al settore industria (56%) e servizi (44%), per lo più di medie (38%) e grandi (41%) dimensioni. Tra queste, il 54,3% ha all’attivo un piano di welfare aziendale (PWA); il 31% non ha ancora attivato il piano ma è interessato a farlo; il 14% non ha un PWA e non ha interesse a implementarlo.
A tal proposito, la maggior parte delle aziende che ha all’attivo un PWA è costituita da medie e grandi imprese; mentre tra coloro che non hanno ancora avviato il progetto di welfare rientrano principalmente le piccole. Il motivo non è tanto il mancato interesse o l’assenza di cultura in materia, quanto la complessità gestionale che un PWA richiede.
Quasi tutte le aziende che hanno implementato il piano (82%) devono la decisione al top management, che ha saputo cogliere la portata dirompente del welfare in termini di gestione strategica delle HR. Stupisce invece un 22% di aziende che ha deciso di agire su spinta delle organizzazioni sindacali, dato in aumento rispetto al 2014.
Dal punto di vista delle finalità, le risposte dei dipendenti (B2C) e quelle delle aziende (B2B) sono significativamente diverse. Per i dipendenti il welfare aziendale deve andare incontro alle esigenze di benessere proprio e delle loro famiglie, deve potere migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e privata nonché aumentare il potere d’acquisto. Lato azienda, si fa welfare per migliorare l’engagement delle risorse umane, aumentare la produttività – e parallelamente ridurre l’assenteismo – e mantenere il know how in azienda.

Dall’analisi al monitoraggio, passando per la progettazione e l’implementazione di un PWA: cosa pensano le aziende?

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Procedendo con ordine attraverso le varie fasi che, nel modello proposto da OD&M, portano all’implementazione di un PWA – analisi, progettazione, implementazione, comunicazione e monitoraggio – si rileva che solo il 50% delle aziende che hanno già all’attivo il piano ha effettuato un’analisi di fattibilità dello stesso. E, tra queste, il 71% usufruisce degli sgravi fiscali relativi agli articoli 51 e 100 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), prediligendo i servizi per la scuola e l’istruzione (60%) e i fringe benefit (84%), rientranti nell’articolo 51; ciò, nonostante i dipendenti preferiscano ricevere i servizi dell’area ricreativo-culturale normata dall’articolo 100.
Parlando di fringe benefit, il 51% delle aziende dà in welfare ai propri dipendenti un valore inferiore o uguale alla somma di 258 euro, rientrando dunque nei limiti previsti dal TUIR e potendo, pertanto, avvalersi del beneficio fiscale.
Passando alla fase della progettazione, pare vincente – al fine di raggiungere il massimo ROI in termini di soddisfazione delle aspettative dei dipendenti – la scelta di flessibilizzare il più possibile il paniere dei servizi offerti, in base ai desiderata dei lavoratori. Nel 2015, il 41% delle aziende (contro il 51% del 2014) offre gli stessi servizi a tutta la popolazione aziendale; mentre il 47% (rispetto al 35% del 2014) diversifica i servizi per cluster omogenei di popolazione, creati in base a diversi criteri: le categorie e i livelli di inquadramento, le aree geografiche, la role classification e la divisione per aree funzionali.
C’è dunque un’attenzione crescente alla flessibilizzazione e alla creazione dei cluster. La presenza di sempre più provider di servizi welfare pare aver inciso, in modo importante, sui numeri della ricerca.
Arrivando alla fase dell’implementazione del piano, si evidenzia un ruolo sempre più importante della funzione risorse umane e della comunicazione. Secondo la totalità delle aziende intervistate sono proprio gli HR manager a essere per lo più coinvolti nel processo di introduzione e gestione del welfare. Seguono il coinvolgimento della direzione generale (per il 50% delle aziende medio-grandi e per l’80% delle PMI), del CFO (45%), dei reparti marketing e comunicazione, dell’area legale e fiscale, fino a coloro che si occupano di CSR. Certo è che il welfare richiede competenze verticali, ma anche trasversali alle singole funzioni.
Altro importante aspetto che emerge dalle survey è la richiesta, da parte delle aziende, di fare rete nel territorio. Si tratta ancora di una crescita minima rispetto al 2014 ma che promette ulteriori sviluppi.
Per quanto riguarda la comunicazione, le aziende sembrano prediligere le campagne informative interne (67%). Seguono l’importanza di dotarsi di una intranet, all’interno della quale condividere conoscenza in materia (45%), incontri con i dipendenti, brochure e altri strumenti di divulgazione tradizionale, fino all’implementazione di una piattaforma offerta da uno dei tanti provider sul mercato e personalizzabile in base alle esigenze della singola azienda.
Infine, arrivando alla fase del monitoraggio, rispetto al 2014 cresce il livello di soddisfazione dei dipendenti nei confronti dei piani di welfare; dato che attesta una maggior maturità delle nostre aziende e un più altro impiego dell’ascolto e del coinvolgimento dei dipendenti nella progettazione degli stessi. Pare, infatti, che a essere premiate siano proprio quelle che aziende che, in base ai desiderata delle persone, hanno scelto di flessibilizzare il più possibile il paniere di servizi offerti.

Alcune evidenze della ricerca per l’individuazione di best practice replicabili

Prima chiave di successo consiste nel realizzare un’analisi di fattibilità del piano.
Secondo fattore risulta essere l’ampliamento del paniere dei servizi offerti ai propri dipendenti, dove una delle chiavi di successo è il coinvolgimento dei lavoratori nella scelta degli stessi.
Terza chiave di successo è la possibilità di scelta tra i servizi offerti (flexible benefit). Tale gestione si traduce spesso nella definizione di un paniere di servizi che tiene in dovuto conto le esigenze familiari e personali dei propri dipendenti, in modo da equilibrare il più possibile il persistere dei loro impegni lavorativi e familiari (work-life balance). Ne consegue che, all’aumentare dei servizi offerti e della possibilità di flessibilizzarne la scelta, la gestione di un piano di welfare risulta più complessa rispetto a una gestione tradizionale dei benefit. Per questo motivo è necessario porre attenzione al presidio dell’intero processo di realizzazione del piano (analisi, progettazione, implementazione, monitoraggio), riconoscendo la necessità di professionalità specifiche per ciascuna di queste fasi e attribuendo un ruolo strategico alla comunicazione.

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