
Robot, persone e Made in Italy: Noberasco tra 4.0 e tradizione
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Nello snodo di strade dove la A6 Torino-Savona incrocia la Strada provinciale 29 Del Colle di Cadibona, in piena Valbormida, sorge il nuovissimo stabilimento di Noberasco, l’azienda alimentare leader in Italia nel settore della frutta secca e disidratata. Siamo a Carcare, in provincia di Savona: un paesino di circa 5mila abitanti, a una ventina di chilometri sul mare e a quasi 400 metri di altitudine. È qui che la famiglia Noberasco ha scelto di installare l’innovativo plant produttivo che impiega 136 persone cui si aggiungono fino a 50 addetti nei periodi di picco della produzione: fino a pochi anni fa, da queste parti c’era una discarica, mentre oggi l’area bonificata di circa 70mila metri quadrati (c’è persino un orto per la tutela delle biodiversità) ospita le linee altamente automatizzate con tecnologie all’avanguardia (tre dedicate alla pastorizzazione e 10 per il confezionamento) che hanno una capacità produttiva di 150 tonnellate al giorno, che prima di essere distribuite finiscono nel magazzino automatizzato in grado di gestire in autonomia oltre 8mila bancali di prodotto finito; numeri che hanno permesso all’azienda ligure di diventare il partner di riferimento per la Grande Distribuzione Organizzata italiana e mondiale, e di arrivare a circa 135 milioni di euro di fatturato (dato 2017). Un risultato eccezionale se si pensa che nel 2014 Noberasco aveva chiuso l’anno con poco più di 90 milioni di euro.

La straordinarietà degli attuali numeria la si capisce quando Mattia Noberasco, CEO dell’azienda, svela a Sviluppo&Organizzazione: “Nell’anno in cui siamo passati da 90 a quasi 110 milioni di euro di fatturato, abbiamo interrotto la produzione per due mesi per trasferire il sito produttivo da Vado Ligure a Carcare. Grazie alla grande passione delle nostre persone abbiamo superato indenni il trasloco e siamo ripartiti con grandi risultati”.
Passione delle persone associata all’uso sapiente delle tecnologie, in realtà, che hanno permesso a Noberasco di essere tra le 50 migliori aziende del Made in Italy secondo una recente classifica stilata da Icm Advisors, che ha monitorato un migliaio di imprese nei principali settori in cui il nostro Paese eccelle (Food, Fashion e Arredamento). Per far fronte alle crescenti esigenze di personalizzazione del prodotto da parte dei consumatori e alla progressiva estensione delle catene di fornitura, Noberasco – che lavora materie prime provenienti da ogni Continente – ha infatti scelto di fronteggiare il complesso scenario investendo in tecnologie per la gestione e la produzione che garantiscono una reattività superiore rispetto ai tradizionali modelli produttivi. L’azienda ha così automatizzato i processi per semplificare le movimentazioni all’interno del nuovo stabilimento, ma pure per garantire la maggiore integrità dei prodotti e la sicurezza dei lavoratori. Un progetto, quello di Noberasco addirittura premiato nell’ultima edizione di Smau Milano.
Ambiente accogliente e persone ingaggiate
Sono infatti proprio le persone il valore aggiunto di Noberasco. Lo si capisce già entrando nella nuova sede, dove ad accogliere il visitatore c’è la gigantografia di Benedetto Noberasco, colui che nel 1908 – con 2mila lire di capitale – pose le basi dell’azienda di famiglia avviando l’impresa per la raccolta, il confezionamento e lo smistamento dei prodotti ortofrutticoli tipici della Piana di Albenga (pesche, albicocche, asparagi, pomodori e carciofi).
Ma è superato le porte d’entrata che batte il cuore dell’organizzazione: il visitatore è accolto da un tappeto verde di erba sintetica; in un angolo, in piena luce (“Abbiamo scelto di costruire un ambiente piacevole: lo stabilimento ha ampie vetrate affinché possa filtrare la luce naturale, così come era stato richiesto dai lavoratori”, puntualizza Noberasco) c’è un alberello di legno, diventato simbolo dell’azienda. A spiegarne il significato è Silvia, cordiale receptionist, che racconta con trasporto il significato della pianta alla quale sono appese tante foglie colorate: l’albero rappresenta Noberasco, mentre le foglie – sulle quali sono scritti diversi nomi – sono le persone dell’azienda che sono saldamente legate alla pianta e che contribuiscono a renderla unica.
È proprio l’unicità a caratterizzare l’impresa ligure sorta in una via di Albenga, a oltre 50 chilometri da Savona, e che nel tempo si è poi ingrandita trasferendosi a Genova negli Anni 50 per poi tornare indietro prima del trasferimento a Vado Ligure e quindi del definitivo approdo a Carcare, grazie a un “investimento di circa 50 milioni di euro, di cui 25 per l’impianto di produzione”, ammette l’AD.
Ma il passato per Noberasco non è stato un capitolo da archiviare, anzi l’azienda ne ha fatto un ulteriore tassello per differenziarsi sul mercato: ad Albenga il magazzino di Benedetto Noberasco è oggi un negozio di delicatessen molto apprezzato, tanto che ha stimolato il management dell’azienda a pianificare e realizzare l’apertura di due negozi monomarca a Milano e Torino e di recente di un nuovissimo corner presso la Rinascente a Roma.
Quarta generazione di imprenditori

A distanza di oltre un secolo dalla sua fondazione, ora a guidare l’organizzazione c’è un giovanissimo imprenditore, già Direttore Generale di Noberasco, che nel 2016 – a neppure 40 anni – ha ricevuto il mandato dal Consiglio di amministrazione. Un ‘passaggio generazionale’ che è ormai tradizione nell’azienda: nel corso della sua storia, Noberasco ha visto susseguirsi quattro generazioni al vertice. “Abbiamo una capacità storica nella gestione di questo tema”, ammette Mattia Noberasco. “Chi ha passato il testimone oggi ha ben vivo il ricordo di quando, a sua volta, l’ha ricevuto nel passato e quindi ha fatto tesoro dell’esperienza trascorsa”.
Non che la nomina ad Amministratore Delegato di Mattia Noberasco sia stata rapida. “Il mio percorso è stato gestito con tempi lunghi, anche se ha poi subito un’accelerazione quando è stato chiaro che la complessità della gestione dell’azienda in uno scenario in rapido cambiamento richiedeva la presenza di persone sempre più competenti”, spiega l’AD. Che precisa: “La famiglia ha deciso di investire su di me, consentendomi di svolgere un percorso idoneo al ruolo che oggi ricopro”. Dietro la scelta, infatti, c’è una strategia, che Noberasco chiama “patto di famiglia”: “Si tratta di un accordo familiare secondo cui tutti i membri devono avere le stesse possibilità fuori o dentro l’azienda”. Tradotto vuol dire che sono assicurate a tutti le medesime risorse per sostenere progetti e percorsi formativi.
Perché quindi la decisione finale è ricaduta su Mattia? “Il mio operato è stato valutato in maniera oggettiva e non c’era una ‘competizione’ interna, visto che nessuno in famiglia ha svolto il mio stesso percorso di studi”, ammette l’AD, laureato nel 2004 in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Pavia e con un Master in Strategia Aziendale presso la SDA Bocconi di Milano: in azienda è entrato nel 2007 come Responsabile IT e Supply chain, diventando in seguito Amministratore Delegato di Agri Food Srl, società del Gruppo Noberasco che racchiude tutte le attività di operations e quindi Direttore Generale. “In famiglia il tema delle competenze è centrale, tanto che la sola appartenenza ai Noberasco non dà diritto ad avere un posto in azienda”.
Azienda legata al proprio territorio
Accanto alla famiglia, altro valore per Noberasco è il territorio: solo un profondo legame con la propria terra spiega la scelta di restare in Liguria, nonostante alcuni ‘disagi logistici’ che caratterizzano la regione. “Abbiamo preso in considerazione il trasferimento in alcune città all’estero, per esempio in Svizzera, Slovenia e Francia”, ammette Noberasco. “Alla fine però siamo voluti restare nella terra dove la mia famiglia vive almeno fin dal 1600, sia per motivi affettivi sia perché siamo imprenditori liguri e l’italianità è un valore fondamentale per noi”.
Così, chiuso lo stabilimento di Vado Ligure, l’azienda si è trasferita a Carcare. “Non è stato un trasloco semplice, perché ha creato un po’ di problematiche ad alcune delle nostre persone: per questo abbiamo voluto mettere a loro disposizione un ambiente quanto più accogliente”. Infatti, oltre alla possibilità di lavorare alla luce naturale, i dipendenti hanno accesso, tra le altre cose, a una sala relax, a una palestra e a un orto con prodotti freschi: ‘benefit’ che ripagano ampiamente il tragitto per raggiungere lo stabilimento dalla costa. E quasi la totalità degli addetti ha seguito l’azienda. D’altra parte Noberasco era alla ricerca di una vasta area per costruire un impianto futuristico, che porta la firma del suo attuale AD, il quale rivendica la scelta strategica “della progettazione delle linee automatizzate”: “All’inizio abbiamo anche valutato la possibilità di costruire lo stabilimento in due step, ma poi abbiamo preferito un’unica soluzione”.
Il risultato? “Oggi abbiamo una capacità produttiva superiore alle richieste del mercato, ma siamo pronti per la crescita futura”. Una scelta lungimirante, insomma, che va nella direzione giusta, perché l’azienda dal 2014 è passata da 90 milioni di euro, a 110 (2015), 120 nel 2016 e agli attuali 135. “L’automazione è nata per gradi ed è stata progettata con investimenti incrementali”, spiega Noberasco. Al fianco dell’azienda – che ha utilizzato un finanziamento del bando Filse (Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico) di 2 milioni di euro – ci sono state le banche del territorio, che “nonostante il periodo di crisi economica”, hanno creduto nel progetto dell’impresa: “Abbiamo presentato un piano industriale molto dettagliato che, associato alla nostra brand reputation costruita in oltre 100 anni di storia, ha permesso di ottenere i fondi per il nuovo stabilimento”, ricorda l’AD, che non dimentica neppure i “no” ricevuti da alcuni istituti di credito. E così è nato il nuovo plant di Carcare, oggi meta anche di numerose scolaresche (e di curiosi) che fanno tappa per vedere con i propri occhi il processo produttivo di Noberasco.
L’intervista completa è stata pubblicata sul numero di Gennaio-Febbraio di Sviluppo&Organizzazione.
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