Sempre connessi sul lavoro: opportunità o fonte di stress?
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La diffusione delle tecnologie mobili ha trasformato il luogo di lavoro e il modo in cui i dipendenti interagiscono con esso.
Il 49% degli intervistati sostiene di restare connesso settimanalmente circa 5 ore oltre l’orario di lavoro. Solo il 23% dichiara di non connettersi mai nel tempo libero.
I lavoratori più predisposti a connettersi oltre l’orario d’ufficio sono quelli appartenenti alle generazioni Y e X.
Il 53% ritiene che la mobile technology abbia aumentato la propria produttività.
Il 40% è convinto che l’avvento delle tecnologie mobili abbia determinato un miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Il 60% degli intervistati ha dichiarato che, qualora fosse loro proposto, prenderebbe in seria considerazione la possibilità di lavorare da remoto.
Milano, 10 aprile 2013 – Kelly Services, leader mondiale nella consulenza per le risorse umane che offre su scala globale servizi di outsourcing, HR, temporary staffing e full-time placement, ha dedicato l’ultimo Kelly Global Workforce Index alla progressiva affermazione della virtualizzazione del luogo di lavoro.
Grazie alla sua presenza internazionale e alla molteplicità di contatti con i quali interagisce quotidianamente, Kelly Services è, infatti, in grado di fornire un quadro preciso e costantemente aggiornato sull’andamento del mercato del lavoro e sul sentiment dei lavoratori di tutto il mondo.
Questa autorevole indagine raccoglie le risposte di più di 170.000 persone di 30 Paesi, di cui 4.000 in Italia, e mostra gli effetti dei diversi fattori che impattano sul mondo del lavoro attuale, tra cui le differenze geografiche, la tecnologia, la responsabilizzazione dei dipendenti e il diffuso utilizzo dei social media, con un particolare focus sui tre gruppi generazionali principali: Y (19–30 anni), X (31–48 anni) e Baby Boomers (49–66 anni).
Nel dettaglio, il Kelly Global Workforce Index esamina i fattori che generano stress sui lavoratori che, grazie o a causa della mobile technology, sono connessi al lavoro anche oltre l’orario d’ufficio. Inoltre, analizza i vantaggi e gli svantaggi che ne derivano, quali l’impatto sulla produttività, sull’equilibrio tra lavoro e vita privata e sulla job security.
Secondo quanto risulta dai dati raccolti, l’impatto della mobile technology è stato generalmente positivo e in molti confermano un netto miglioramento in termini di efficienza e produttività lavorative. Tuttavia si registra un’importante interferenza del lavoro nella vita privata dei dipendenti, che ha contribuito a un innalzamento di stress e sovraffaticamento.
I lavoratori con profili specializzati e in possesso di competenze tecniche risentono maggiormente della pressione derivante dall’essere sempre connessi. A livello mondiale, i lavoratori più propensi a utilizzare la mobile technology appartengono ai Paesi in via di sviluppo, in particolare asiatici (Hong Kong, Singapore, Malesia e Indie: il 40% dei lavoratori di queste regioni ha dichiarato la necessità di rimanere connesso oltre il normale orario lavorativo). In ambito Emea, i Paesi nei quali i lavoratori si sentono maggiormente sotto pressione sono Russia, Ungheria e Polonia.
È interessante analizzare quali siano i principali elementi di stress derivanti dal rimanere sempre connessi con il luogo di lavoro: il 36% degli intervistati ha dichiarato di sentirsi obbligato dal proprio senso di responsabilità, avendo a disposizione una tecnologia che lo consente, a lavorare anche nel tempo libero.
Il secondo fattore di stress, secondo il 26% del campione, è il datore di lavoro, che sembra aspettarsi questo tipo di approccio da parte dei dipendenti, seguito dalla cultura aziendale (15%), dall’insistenza dei clienti (14%) e dai colleghi (5%).
Secondo alcuni, la mobile technology ha permesso di oltrepassare le tradizionali barriere di spazio e tempo, liberando, di fatto, i lavoratori dall’obbligo di rimanere ancorati alla propria postazione in ufficio e a un orario prestabilito. Il 54% degli intervistati appartenenti alla generazione Y e il 56% della generazione X concordano con questa visione positiva.
Inoltre, il 60% degli intervistati prenderebbe in considerazione il telelavoro: la possibilità di gestire gli appuntamenti e la flessibilità di orario hanno, infatti, reso questa modalità operativa un’opportunità estremamente interessante sia per l’azienda, che potrebbe abbattere considerevolmente i costi, sia per i dipendenti che potrebbero meglio conciliare gli impegni lavorativi con quelli privati.
La maggiore propensione al telelavoro si registra nelle Americhe, soprattutto tra i lavoratori più anziani.
“La diffusione degli smartphones, dei laptops e dei tablet ha permesso alla nuova generazione di lavoratori di avere l’ufficio sempre a portata di mano. Dal punto di vista del datore di lavoro, la mobility è certamente un grande vantaggio in termini di produttività per l’azienda. Se ben dosata, potrebbe anche rivelarsi un benefit per il lavoratore che, non essendo più vincolato al luogo di lavoro, ha la possibilità di gestire le attività di ufficio in contesti diversi, coniugando perfettamente vita professionale e vita privata”, afferma Stefano Giorgetti, Amministratore Delegato di Kelly Services Italia.
LE PERCENTUALI PIÚ RILEVANTI NEL CONTESTO ITALIANO
- La pressione esercitata sui dipendenti nel rimanere connessi deriva principalmente dalla cosiddetta “cultura aziendale”, citata dal 43% dei partecipanti. Molti lavoratori se lo auto impongono (16%), l’11% dichiara che deriva dall’insistenza dei clienti, mentre per il 5% è dovuta all’influenza dei colleghi.
- Più di un quarto (29%) ha dichiarato che l’uso della Mobile Technology ha migliorato l’equilibrio tra lavoro e vita privata.
- Quasi i due terzi degli intervistati (64%) prenderebbe in considerazione la possibilità del telelavoro – lavorando principalmente da casa o lontano dall’ufficio – se gli venisse proposto.