La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

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Smart worker mai in pigiama, superare i limiti del lavoro agile

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Sveglia ore 8. Scale, caffè, colazione, lavacro rituale, respiro profondo. Un minuto per riprendere contatto con il mondo, e mi ricordo che oggi lavoro da remoto. Sorrido al pensiero di non dover affrontare l’autostrada, faccio le scale e mi siedo alla mia scrivania, che oggi sarà il mio ufficio. Metto un po’ di musica, niente che mi distragga, accendo il Pc e apro l’email.

Sono le 8.30, il mio ufficio da qualche parte si deve ancora svegliare e mi dedico a una mezz’ora di arretrati. Mi sento efficiente e padrone della mia giornata lavorativa, quando all’improvviso mi coglie un accenno di senso di colpa. Sarà che lavoro da casa mentre i miei colleghi sono in ufficio? Sarà il fatto che qualcuno potrebbe pensare che non sto facendo il mio dovere? No, non è questo. Il fatto è che… sono ancora in pigiama!

Quando l’azienda ha dato a noi dipendenti la possibilità di lavorare in Smart working, naturalmente mi sono dedicato subito alla lettura di libriccini, articoli, piccoli saggi su come affrontarlo al meglio. L’unica cosa che oggi mi ricordo di quella serie di consigli e dettami viene da un articolo del blog Lifehacker, tipo tavole della legge: mai lavorare in pigiama.

Per qualche motivo queste parole sono rimaste con me più di tutto il resto: significano che sono a casa mia, ma non sono realmente nella mia abitazione, che questo luogo è un’emanazione della scrivania che occupo nel mio ufficio, un open space a 45 chilometri da qui, e sto comunque svolgendo un’attività aziendale in tutto e per tutto.

Queste parole sono molto importanti, perché rappresentano in svariati modi la chiave di lettura su come vivere quest’intera esperienza. Smart working, di certo, non è lavorare da casa. O meglio, non è solo poter lavorare da casa: c’è questa possibilità, ma la cosa principale quando un’azienda sceglie di adottarlo è la fiducia.

Vuol dire che l’azienda si fida di te e si fida della tua capacità di scegliere i luoghi e gli strumenti che sai ti renderanno efficiente nello svolgimento del tuo lavoro. Significa che ha già abbandonato l’ottica del micromanagement e considera le persone dei collaboratori (non dei dipendenti) che hanno recepito i propri obiettivi e sono capaci di lavorare nel modo che ritengono migliore in vista del loro conseguimento.

Ci sono collaboratori che lavorano ‘naturalmente’ da remoto: fin da prima dell’ora zero le nostre colleghe che svolgono attività di service desk lavorano da casa per coprire le fasce orarie in cui l’ufficio è chiuso e la forza commerciale che agisce in zone in cui non abbiamo una sede è per sua natura fluida e indipendente.

Il vero significato di ‘azienda che fa Smart working’ è aprire questa possibilità a tutti: io azienda ti do fiducia indipendentemente dalla tua mansione, per il solo fatto che ho avviato un rapporto di collaborazione con te. Non sei una persona qualunque, ma sei stato selezionato proprio perché ti ho ritenuto capace di portare avanti i nostri (nostri!) obiettivi in autonomia e con passione.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di ottobre 2019 di Persone&Conoscenze.
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