La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Tag: dietro le parole

di Francesco Varanini

Il bello sembra avere spazio nel mondo dell’impresa solo se riferito al design dei prodotti, o in rari casi all’architettura dei luoghi.
Lo star bene, alla luce del taylorismo e del fordismo, è ridotto a ergonomia, studio delle posizioni del corpo più consone alla produttività. L’idea di bene comune è subordinata al primato del profitto. La complessiva idea del bene appare solo nel concetto di benessere, welfare.
Possiamo pensare a buon prodotto o buon processo. Ma l’utilitarismo, l’orientamento alla soddisfazione dei bisogni, ci appaiono in contrasto con la bontà. Eppure non si può pensare all’agire e al produrre, al lavorare senza tener conto del bello, del bene e del buono. Che –come ci mostra il latino– risalgono a una stessa, basilare idea. Bello: ‘carino’, diminutivo di buono. Bene: ‘in modo buono’. Buono: secondo l’etimo: ‘fornito di doni o virtù’.
Guardiamo ora all’inglese. Dalla stessa radice wel- wol-, il latino volgare volere, e in inglese will ‘to wish, desire, want’, e well, ‘in a satisfactory manner’. Di qui l’antico inglese wel faran. Faran: ‘progredire’, ‘andare avanti’, ‘viaggiare’. Ne resta traccia in wayfarer, ‘viandante’, seafarer, ‘marinaio’. E in fare: il verbo per ‘viaggiare’, e ‘vitto del viaggiatore’, ‘payment for passage’.Un’idea di spedizione, compagni di viaggio, bagaglio, provvista di cibo. Wel faran, welfare è dunque in origine il ‘buon viaggio’. Leggi tutto >

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