La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

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Di inclusione delle diversità in azienda se ne è iniziato a parlare già 30 anni fa negli Stati Uniti. Negli ultimi tempi il tema è molto sentito anche in Italia, tant’è che, secondo gli esperti, è in aumento nel nostro Paese il numero di persone che ricopre il ruolo di Diversity Manager. Ma quali sono le peculiarità di questa figura professionale? Secondo Valentina Dolciotti, autrice del libro Diversità e inclusione, intervenuta alla Discussione organizzata da ESTE sull’impatto delle diversità sulle organizzazioni, in genere, chi si occupa di diversità in azienda è una persona delle Risorse Umane cui viene delegata anche questa responsabilità. Leggi tutto >

Roberta Segalini
Head of Talent & Diversity
Whirlpool Europe, Middle East & Africa

In Whirpool il concetto di diversity & inclusion è da sempre parte della nostra Carta dei valori, da sempre inserito nel nostro codice di comportamento, da sempre uno dei comportamenti fondamentali di leadership che chiediamo a tutti i nostri manager.
Whirlpool Europe Middle East & Africa è inoltre la regione più ‘diversa’ in assoluto per Whirlpool: 32 paesi coperti con differenti lingue e culture, multipli brand venduti, l’headquarter EMEA in Italia con dipendenti di 27 nazionalità diverse.
Inoltre, da alcuni focus group condotti all’inizio del 2011 era emerso che c’era ampia conoscenza del valore diversity & inclusion, con consapevolezza della sua importanza e dei comportamenti associati. Eppure, da una attenta analisi delle numeriche in azienda, la diversità di nazionalità era ben rappresentata, ma quella di genere ancora non riusciva ad eccellere. Leggi tutto >

Giulia Messori

Il diversity management trova oggi ampia diffusione in molte aziende italiane e multinazionali, affermandosi sempre più come strategia di valorizzazione delle ‘diversità’ che i lavoratori portano con sé. Differenze di età, genere, provenienza, background formativo o professionale possono trovare una considerazione nuova che ne faccia propri i talenti e le qualità.
Com’è dunque possibile operare in questa direzione nei contesti aziendali?
Si propone la competenza interculturale come chiave di lettura e di applicazione del diversity management: la competenza interculturale è intesa come una cassetta degli attrezzi che consente all’azienda di comprendere la realtà che la circonda, arrivando ad avere nel tempo una consapevolezza sempre maggiore e sempre più complessa delle differenze e delle sue molteplici forme.
Grazie allo sviluppo di questa capacità, l’azienda sarà in grado di costruire nel tempo un proprio percorso di gestione delle differenze che sia non soltanto inclusivo ed equo ma anche efficiente e performativo sulla base degli specifici standard aziendali.
La capacità delle organizzazioni di fare esperienza della differenza si riflette, a livello operativo, nelle prassi, nelle regole e negli outcomes di ciascuna realtà. Si evidenzia la forte reciprocità dunque tra il modus pensandi che l’azienda ha riguardo al tema della diversità e il suo modus operandi in merito.
Se, per esempio, un’azienda tende a non avere considerazione delle istanze delle lavoratrici, difficilmente rispetterà le pari opportunità o istituirà politiche di conciliazione lavoro-famiglia.
Di contro, se un’azienda riconosce l’apporto creativo che l’essere originario di una cultura diversa da quella autoctona ha, provvederà ad istituzionalizzare il supporto che può provenire dalla ‘risorsa diversa’.
La modellizzazione offerta nella giornata di studio del 13 novembre illustra le fasi e i processi di sviluppo che possono guidare l’azienda da una prima fase in cui la diversità è temuta e non viene riconosciuta ad una visione sempre più matura che percepisce la diversità come risorsa strategica e valorizzante.
È chiaro come non possano essere fornite ricette predefinite per l’acquisizione di un buon livello di competenza interculturale, infatti, ciascuna realtà ha le sue specificità (per citarne alcune: la storia e la natura aziendale, la composizione demografica, la mission, la vision, il settore, il contesto entro cui s’inserisce, le situazioni critiche e problematiche a livello organizzativo) e queste influenzano direttamente il percorso di crescita di gestione della diversità.
Non è possibile affermare che gestire la diversità sia un percorso semplice, né d’immediata applicazione.
Si tratta, infatti, di un iter lungo, che deve poter trovare partecipazione, riconoscimento e armonia grazie ad un attento lavoro d’analisi dell’ambiente aziendale e delle sue peculiarità. Certamente si può facilitare quest’evoluzione creando condivisione sul perché sia importante avviare un’azione di diversity management, stando attenti a identificare i fattori di spinta al cambiamento e a non sottovalutare i fattori di resistenza.
Solo affrontando e valutando con attenzione entrambi questi fattori è infatti possibile progredire da una situazione critica o statica ad una situazione più matura nella gestione delle diversità.
Per la buona riuscita delle politiche di diversity management, si rivela inoltre fondamentale il ruolo di stimolo e di legittimazione da parte della dirigenza; un forte commitment dall’alto è una condizione che può sicuramente favorire lo sviluppo di un’azione di diversity management di rilevanza considerevole.
Su questa stessa linea è evidente il ruolo fondamentale giocato dall’allocazione di risorse (sia in termini di tempo sia di denaro) e dalla loro continuità. È inoltre importante che, quando definita e supportata, la strategia si dimostri globale e coerente, che coinvolga cioè l’intero organigramma aziendale e i diversi livelli gerarchici mantenendo nel tempo l’attenzione al monitoraggio costante degli obiettivi prefissati.
Queste indicazioni generali possono sicuramente essere declinate nelle singole realtà aziendali affrontando l’intervento secondo le specificità di ciascuna situazione, ma non consentono da sole di garantire una crescita nella gestione delle diversità presenti, eppure evolvere sul piano della competenza nella gestione delle differenze culturale diventa sempre più doveroso. Il mondo del lavoro, infatti, sta cambiando, affacciandosi su un panorama sempre più eterogeneo, dove si assiste all’affermarsi di sempre nuove ‘diversità’.
Questo fattore ambientale riconosce nel diversity management un’innovazione necessaria. Un ambiente di lavoro inclusivo, che dia valore ai talenti delle diversità, sembra essere una corretta strada per sopravvivere creativamente ai cambiamenti in atto ed a trarne vantaggio. Leggi tutto >

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Seconda parte del resoconto  della tavola rotonda di Sviluppo&Organizzazione Diversity management, il valore delle differenze per le organizzazioni, moderata da Chiara Lupi, Direttore Editoriale di ESTE.

A cura di
Daniela Rimicci

I partecipanti

  • Raffaella Bossi Fornarini, Adjunct Professor Multicultural Management, MIP – Politecnico di Milano
  • Federica Di Sansebastiano, Diversity Leader Italy, IBM Italia
  • Flaminia Fazi, Presidente, U2 Coach
  • Paola Iemmallo, Human Resources Director, Hotel Principe di Savoia
  • Massimiliano Maini, Vice President Human Resources Director, Frette
  • Monica Poggio, Direttore Risorse Umane, Bayer
  • Donatella Rettura, Process Designer e Membro Commissione Pari Opportunità, SIA
  • Rossella Riccò, Senior Consultant Area Studi e Ricerche, OD&M
  • Chiara Lupi, Direttore Editoriale di ESTE

Diversity da fotografare ed esaltare

Per Raffaella Bossi Fornarini questo è un tema di grande interesse, e sottolinea come il vero fine della gestione multiculturale sia la capacità di sfruttare le differenze, non di ridurle. Per questo al MIP si occupa spesso della integrazione e valorizzazione culturale in progetti di M&A: “In questi casi lo strumento che utilizziamo è la due diligence interculturale. Nato per acquisizioni e fusioni internazionali, questo tool è ora diventato di uso comune anche per creare sinergie fra aree diverse della stessa organizzazione oppure per accelerare l’ingresso di persone in azienda. Lavoriamo anche molto sul project management interculturale con strumenti che mappano una serie di caratteristiche individuali, che chiamiamo ‘agilità interculturale’. Questa mappa permette al singolo di conoscere i suoi punti di forza ma anche le competenze da rafforzare.” Le domande sono: ‘Rispetto a queste diversità cosa/ chi deve cambiare o dobbiamo veramente cambiare?’. La Bossi Fornarini ci spiega: “In molte ricerche si sostiene che il raggiungimento di risultati sopra la media si raggiunga in team nei quali convivono le diversità. La chiave non è più ‘come curo la diversità’: le aziende devono saper fotografare la propria organizzazione ed esaltarne tutti gli elementi che ne fanno parte. Perché essere ‘diversi’ porta più innovazione e più idee e capacità di risolvere i problemi.” Leggi tutto >

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