
Il valore delle relazioni umane per il benessere organizzativo
benessere organizzativo, comunicazione, innovazione, relazioni
L’evoluzione degli studi organizzativi e gli approcci alla gestione delle risorse umane convergono sempre più sulla necessità di politiche finalizzate allo sviluppo della dimensione individuale e delle relazioni umane in un’ottica integrata di benessere organizzativo, attraverso la creazione di condizioni di lavoro che consentano alle persone di esprimere il proprio potenziale, riconoscersi nel lavoro che svolgono, trovare un senso e un valore per il quale impegnarsi a dare il meglio di sé.
Questo progressivo cambiamento di rotta, culturale e organizzativo, esalta il ruolo della comunicazione nel processo di creazione di valori condivisi e atteggiamenti relazionali improntati a un maggior senso di rispetto, ascolto e collaborazione riguardo agli obiettivi comuni.
Le competenze relazionali trasversali, come la leadership, la comunicazione, la capacità di ascolto e dialogo all’interno di un gruppo di lavoro e la gestione di processi negoziali, rappresentano strumenti preziosi per poter instaurare un clima positivo e collaborativo e infondere un maggior grado di motivazione nelle persone presenti nell’organizzazione.
Del resto diverse teorie e studi empirici (Mayo, 1933; Maslow, 1943; Herzberg, 1959; Vroom, 1964; Alderfer, 1969; Fontana, 1997; McClellant, 1985) rivelano come prestazioni lavorative “motivate” generano un maggiore senso di compiacimento da parte del singolo sotto il profilo della realizzazione personale e si traducono in un risultato aziendale soddisfacente in termini di performance complessiva.
Occorre tenere presente, però, che l’instaurazione di un clima relazionale collaborativo non è affatto scontato, bensì il frutto di una pianificazione e di un impegno condiviso che vede coinvolti tutti i manager e coloro che hanno una responsabilità di struttura o di coordinamento di altre persone.
La vera sfida per un’organizzazione che guarda al futuro è saper creare ambienti di lavoro che siano prima di tutto luoghi di convivenza e relazione, dove si valorizza il fattore umano rispettandone le differenze, ma motivando verso obiettivi comuni, in modo da influenzare positivamente il cambiamento attraverso una dimensione relazionale partecipativa e non conflittuale.
Le organizzazioni: luoghi di comunicazione, convivenza e sviluppo
Il mondo delle organizzazioni, negli ultimi decenni, è stato interessato da profondi mutamenti che hanno generato un’inversione di tendenza nei metodi, nelle strutture e nei modelli culturali. Si è assistito a un vero e proprio cambiamento d’epoca che ha inciso sulle realtà organizzative e, in particolare, sulla gestione dei processi comunicativi verso un coinvolgimento attivo e una partecipazione delle persone in una prospettiva di leadership diffusa (Senge, 1992) in grado di gestire e orientare l’innovazione. Le organizzazioni, chiamate a operare in uno scenario complesso e ambivalente, sono spinte dall’esigenza di innovare e anticipare il cambiamento modificando la propria fisionomia, le azioni strategiche e gestionali.
Le innovazioni tecnologiche, la diffusione di nuove forme produttive, la dinamicità degli investimenti finanziari, le diverse conseguenze della globalizzazione hanno portato il mondo delle organizzazioni verso nuove logiche di management, che sconvolgono significativamente il modo di agire e di interagire.
Cade la certezza dell’investimento economico, la sicurezza di lungo termine offerta dalle tecnologie, la stabilità di un modello organizzativo tradizionalmente rigido e prescrittivo. La realtà che rappresentava il rassicurante terreno di azione delle organizzazioni si lacera nelle sfaccettature della modernità degli ultimi 20 anni (Boldizzoni, 2002; Cocozza, 2010; La Rosa, 2002).
Come sostengono Barone e Fontana (2005): “C’è stato un tempo in cui era possibile prevedere molti aspetti della vita di un’organizzazione. […] Era addirittura possibile anche ipotizzare con un buon livello di certezza come gli individui si sarebbero rapportati all’organizzazione e, quindi, quali azioni di comunicazione interna sarebbero state più adatte per gestire la ‘macchina’. Quel tempo è finito. […] Le organizzazioni non sono più case tranquille in cui abitare, luoghi domestici dove non accade nulla di nuovo, ma comunità in cambiamento continuo che chiedono ai professionisti di attivarsi in prima persona, di saper leggere e interpretare ciò che cambia e di essere protagonisti coscienti del cambiamento di sé, degli altri e delle organizzazioni stesse”.
Il mutamento in atto del sistema economico e sociale basato sulla flessibilità e sull’incertezza richiede di sviluppare un approccio culturale e operativo che metta al centro la persona (intesa come collaboratore, risorsa, soggetto dotato di unicità, titolare di competenze, portatore di valori e aspettative) nello sviluppo di strategie e obiettivi coerenti che guardano al futuro e all’innovazione del sistema.
Nella società liquida (Bauman, 2002) basata sulla conoscenza, il valore dell’apprendimento continuo e del sapere incarna un’utilità a disposizione dell’organizzazione per insegnare alle persone a “vivere nei contesti della modernità” e per orientarle nelle azioni sociali, economiche e culturali (Vespasiano, 2006).
Emerge il paradigma, sempre più condiviso, che le organizzazioni non siano macchine, burocratiche, rigide, ispirate alla logica dello scientific management (Bonazzi, 2002; Cocozza, 2006), ma organismi intelligenti, con strutture snelle e reticolari, che interagiscono in modo dinamico e dialettico con l’ambiente di riferimento, puntando soprattutto sulla qualità delle persone che vi lavorano e che contraddistinguono il sistema relazionale e comunicativo.
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