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Valore Welfare, il trend dei piani di flexible benefit

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small_2013_7_12_1A mettere in luce i trend operativi dei Piani di flexible benefit (Pfb) è stata la prima edizione 2017 della Quick Survey condotta da Valore Welfare, società di consulenza di direzione, specializzata nella costruzione e nell’implementazione di Piani di Welfare & Benefit, rivolgendosi ai principali clienti e prospect del suo portafoglio, rappresentativi di oltre 20mila dipendenti.

Premessa fondamentale è distinguere i Pfb dai veri e propri Piani di welfare aziendale (Pwa): i primi sono sostanzialmente meccanismi di remunerazione delle performance raggiunte ovvero sostitutivi della remunerazione monetaria, mentre i Pwa coniugano politiche di Responsabilità Sociale d’Impresa con iniziative e meccanismi d’incentivazione dei dipendenti verso il raggiungimento di durature performance, facendo leva sulla motivazione e sulla loro identificazione con gli obiettivi e i valori dell’azienda, prefissandosi obiettivi di ‘ritorno di valore’ per entrambi gli stakeholder coinvolti: impresa e beneficiari

Il campione delle aziende preso in esame si caratterizza per la sua trasversalità rispetto ai settori produttivi: ne fanno parte imprese manifatturiere, aziende del terziario ed alcune Pubbliche amministrazioni (Pa). Prevalente risulta la diffusione del Pfb nelle imprese manifatturiere (70% del campione), seguite (26%) dalle realtà del terziario (in particolare banche). Il restante 4% si riferisce a Pa (Autority ed Enti Pubblici non economici), prime avanguardie di possibili sviluppi futuri del welfare aziendale anche nel vasto ambito del pubblico impiego.

Quanto alla fonte istitutiva prevale ancora l’unilateralità (oltre il 50% dei casi). Si fa strada, però, la sempre più frequente sottoscrizione di contratti integrativi che, nel 70% dei casi, sono stati depositati per poter fruire della defiscalizzazione prevista per i Premi di risultato (Pdr). Quest’ultima modalità, come noto, consente la welfarizzazione degli importi premiali dovuti ai dipendenti a fronte del conseguimento di prefissati incrementi di produttività.

Giovanni Scansani, Amministratore Unico e cofondatore di Valore Welfare, commentando i risultati della ricerca ha rilevato come “in ordine a cosa si debba concretamente intendere per welfare aziendale registriamo in molte aziende un gap cognitivo circa le profonde differenze concettuali e di policy intercorrenti tra effettivi Pwa e Pfb. Infatti, nella visione delle aziende non sempre risulta chiara la differenza tra Pwa e Pfb, che frequentemente derivano dalla welfarizzazione del PdR i quali, però, hanno il non secondario inconveniente della variabilità collegata alla loro fonte istitutiva (la corresponsione dal PdR che, come tale, non è assicurata nel lungo periodo, e talvolta non può esserlo neppure nel breve). La survey sfata un vecchio dogma: i Pfb sono diffusi anche nelle Pmi. Nella fascia fino a 500 dipendenti si concentra, infatti, il 43% dei casi analizzati.

Quanto alle modalità operative prescelte per la gestione dei Pfb, l’orientamento prevalente delle grandi imprese è l’outsourcing tramite individuazione di un provider in grado di assicurare, con un’apposita piattaforma web, la complessiva gestione delle transazioni e il controllo di regolarità nella fruizione dei servizi. Nelle Pmi invece la scelta di gestire l’operatività in house è ancora prevalente, a causa del decrescere della popolazione interessata, ma il 75% delle aziende intervistate sta considerando l’esternalizzazione.

Nelle big si diffonde il Welfare Manager

Facendo un passo indietro, sono state esaminate le modalità di costruzione del percorso, basato, alternativamente, sullo sfruttamento di know-how interno oppure sull’apporto esterno di competenze specializzate di tipo consulenziale. Nel 74% dei casi le grandi imprese ormai fanno da sé e addirittura nei grandi gruppi è presente in alcuni casi la figura del Welfare Manager; mentre le PMI si avvalgono di consulenza specialistica esterna in oltre l’80% dei casi.
Ancora non molto diffusa, e soprattutto non scientificamente organizzata, è l’attività di monitoraggio dei risultati e di fine tuning sia dei Pwa che dei Pfb sulla base dell’andamento di specifici KPIIn crescita, invece, la richiesta di servizi di scouting per la selezione dei provider dei servizi di supporto al welfare aziendale (Sswa).

Mediamente, il valore annuo del cosiddetto welfare wallet (ossia l’entità economica del budget di cui può disporre il singolo beneficiario) è di circa 650 euro usualmente poi ripartito dai lavoratori in due o tre macro aree di servizi. Anche se fra le priorità usualmente indicate come rilevanti dai dipendenti ci sono l’assistenza sanitaria integrativa e la previdenza complementare, in concreto le scelte operate nell’ambito dei Pfb sono poi differenti e più vicine a misure di sostegno al reddito. L’orientamento delle scelte dei lavoratori (36% dei casi) è indirizzato verso il rimborso di spese, quali acquisto libri di testo, pagamento rette di asili e scuole e di servizi scolastici in genere (e l’incidenza di tali scelte sale al 47% dei dipendenti nella fascia fra 40-50 anni). A seguire (13%) cultura/sport/viaggi (34% tra i dipendenti Under 35) e buoni acquisto (11%). Risulta essere del tutto marginale la destinazione del welfare wallet all’assistenza sanitaria integrativa e alla previdenza integrativa.
Rilevante l’incidenza percentuale del welfare wallet ‘residuo’ alla fine del periodo di validità dei Pfb (è circa il 20% del wallet medio a disposizione): si tratta della quota dell’importo non ancora utilizzato entro la scadenza temporale del piano. Il dato è maggiormente significativo tra gli Under 35 e cresce se il Pfb prevede un wallet superiore a 800 euro/annui.

La survey e le scelte effettuate dai lavoratori evidenziano alcuni punti di attenzione su cui sarebbe necessario soffermarsi.
In primo luogo, il dipendente, senza un adeguato Piano di comunicazione e d’indirizzo, incontra difficoltà sia nelle scelte (inclusa la non presenza di servizi adeguati) sia nell’integrale destinazione del suo welfare wallet nei tempi programmati e definiti dal Pfb.
Inoltre, con una fruizione ‘on demand’, dove ogni lavoratore può scegliere quali beni o servizi, la scelta cade inevitabilmente su servizi fruibili in modo immediato, trascurando le iniziative di tutela sociale ed economica di lungo periodo (welfare life cycle).
Infine, un Pfb non può mai essere equivalente a un Pwa in quanto quest’ultimo è sempre associato a una people strategy in grado di sostenere il lavoratore con iniziative continuative, come nel caso della previdenza complementare e l’assistenza sanitaria integrativa.

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