La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Wellfeel, perché parliamo di benessere e di welfare

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Negli ultimi anni, le imprese, grazie ai recenti incentivi fiscali, si sono orientate verso pratiche che contribuiscono a migliorare le condizioni di lavoro dei propri collaboratori, ispirate innanzitutto dalla comprovata relazione causale tra benessere organizzativo, maggiore produttività e migliori performance dei collaboratori. Ma c’è ancora margine per innovare e i territori da esplorare in ambito benessere organizzativo sono sterminati.

In questo senso la digitalizzazione ha messo a disposizione nuovi strumenti a supporto del lavoro, che oggi più che mai risulta svincolato da limiti di tempo e luogo. Temi importanti e trasversali che raccontano un momento di cambiamento del mondo del lavoro in Italia. Ecco perché la casa editrice ESTE ha deciso, con l’evento Wellfeel, di dedicare due giorni, 12 e 13 giugno, alla riflessione su questi aspetti, con il contributo di aziende, player del settore e accademici.

Per tanti anni abbiamo affrontato il welfare aziendale esplorando vari aspetti legati alle dinamiche fiscali e ai suoi impatti organizzativi. Wellfeel è stato progettato per superare queste tematiche e per ampliare il ragionamento alla cura della persona e al significato dello star bene al lavoro”, ha spiegato Chiara Lupi, Direttore Editoriale della casa editrice ESTE. “Si tratta di un tema che non si limita alla gestione del rapporto tra le persone e le aziende, perché si lega alla responsabilità che le organizzazioni hanno nei confronti del territorio”.

L’evoluzione del contesto economico e sociale

L’evento (di cui questo articolo è una sintesi della prima giornata) vuole offrire proprio su una ‘diagnosi’ dell’attuale contesto economico e sociale, partendo dall’intervento di Alessandro Rosina, Professore Ordinario di demografia all’Università Cattolica del Sacro Cuore: “L’Italia è uno dei Paesi sviluppati in cui maggiormente sono accentuati gli squilibri demografici che costituiscono un freno allo sviluppo competitivo dell’economia e rischiano di alimentare diseguaglianze generazionali, di genere, sociali e territoriali”. Rosina ha individuato nella “preoccupazione dei rischi legati a vincoli e costi e nell’investimento sulla capacità di produrre ricchezza e benessere delle nuove generazioni” le leve per superare la crisi demografica.

Per indagare come trovare il giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita personale serve dialogare con esperti e manager d’azienda che ogni giorno affrontano questo tema ‘sul campo’ quali Luigi Campagna, Docente del Politecnico di Milano, Elisabetta Dallavalle che in Nestlé di occupa di welfare, benessere e di diversity e inclusion, Mauro Grana, Direttore operation del Gruppo Orange 1 e Marco Borgo, Responsabile del personale e Responsabile legale del Gruppo Siderforgerossi. Tematiche affrontate anche da Buone Notizie inserto del Corriere della Sera, di cui Elisabetta Soglio è la Responsabile.

A proposito di welfare, nel corso degli anni ci sono state “evoluzioni e involuzioni” nel rapporto tra welfare aziendale e welfare statale: “Più lo Stato era protagonista, più le imprese e le organizzazioni private si ritraevano”. A sostenerlo è Paolo Gardenghi, Responsabile area welfare aziendale di Day Welfare secondo il quale “in questa fase storica si assiste a un recupero del ruolo sociale dell’imprenditore, chiamato a partecipare attivamente alla generazione di nuove forme di valore tra cui il benessere del personale e dei suoi familiari”.

La valorizzazione della persona

Le persone infatti sono al centro di questa economia in trasformazione. Stefano Zamagni, Docente di economia politica all’Università di Bologna e all’Università Johns Hopkins di Baltimore, nel Maryland e co-Fondatore della Scuola di Economia Civile, parla per questo di ‘fioritura umana’ dando risalto al pensiero creativo umano come leva per la trasformazione.

Ma come fare in modo che tanta energia immessa nel sistema azienda, con le sue azioni di welfare, produca il massimo dell’efficacia, e non si disperda invece in azioni non capite, o isolate rispetto alla cultura, ai modelli di gestione e di relazione quotidiani dell’azienda? Come preparare le persone ai cambiamenti che alcune iniziative portano con sé? A queste domande ha risposto Luciano Mancini, Partner di Amisura Consulenza che ha sottolineato l’importanza della condivisione perché il welfare diventi generativo.

Come tutti questi ragionamenti possano uscire dal ‘mondo delle idee’ per calarsi nella realtà lo spiegano Rossella Sobrero, Presidente di Koinètica e Docente all’Università degli Studi di Milano, Ethel Brezzo, HR Manager di Gallerie Commerciali Italia, Paolo Cristofori, Direttore operativo di Fruttagel, Francesca Rizzi, Amministratore Delegato di Jointly e Francesco Riccardi, Caporedattore centrale di Avvenire.

I nuovi modelli organizzativi passano anche da nuovi modi di lavorare, ‘racchiusi’ in recenti leggi sul lavoro come quella sullo Smart working di cui parla Arianna Visentini, Presidente e Consulente senior Smart working di Variazioni.

Come cambiano gli spazi di lavoro

Il lavoro ‘smart’ però non è da intendersi solo come lavorare da remoto, ma come lavorare in un modo diverso. Ecco perché alle aziende conviene investire negli spazi per creare “habitat che generano creatività e benessere”, argomento sviscerato da Elena Granata, Docente del Dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico di Milano e della Scuola di economia civile.

Ed è in quest’ottica che è nato il progetto Living office ideato dal team di ricerca Herman Miller che si è avvalso di collaborazioni con antropologi, psicologi, dottori e designer che hanno lavorato per individuare le differenze generazionali, comportamentali e culturali fra le persone che compongono le organizzazioni, al fine di agevolarne l’interazione, come ha spiegato Mario Colombo, Sales director Iberia Italy East Mediterranean di Herman Miller.

Oltre però a creare degli spazi di lavoro piacevoli è necessario che le persone imparino a sfruttarli al meglio per garantire il raggiungimento del benessere. Ecco perché l’ergonomia diventa una disciplina fondamentale, come sostiene Piero Cutilli, Docente di ergonomia di Isia Roma Design. Se è vero che lo Smart working è una rivoluzione culturale è anche vero che non può riguardare tutte le famiglie professionali, come teorizzato Luciano Guglielmini, Country Manager Italia, Turchia, Grecia e Malta di Humanscale.

Di Smart working, come strumento per l’innovazione dei processi organizzativi ne parla Elena Barazzetta, Ricercatrice di Percorsi di Secondo Welfare e delle nuove modalità organizzative ‘connesse’ ai nuovi spazi. A intervenire sul tema: Carlo Nardi, Direttore HR di Aim Vicenza, Emanuele Dagnino, ricercatore di Adapt e Michele Aruanno, Fondatore del Gruppo Thema Progetti.

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