La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Welfare on demand: benessere per la comunità aziendale

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La platea del convegno
La platea del convegno

a cura di Daniela Rimicci.

Per il ciclo di incontri di Sviluppo&Organizzazione il 9 luglio si è tenuto il convegno Flexible Benefits, ottimizzare il costo del lavoro e migliorare il clima aziendale grazie al welfare on demand, realizzato da ESTE e promosso da Welfare Company e OD&M Consulting. In vista della seconda edizione del convegno (Roma, 3 dicembre 2013), proponiamo in questo articolo le considerazioni dei relatori che si sono confrontati sui temi caldi del cambiamento organizzativo che le imprese sono oggi chiamate ad affrontare in uno scenario in cui gli assetti sociali, economici e politici sono in continua evoluzione.

Sempre più aziende si stanno muovendo in direzione dei cosiddetti flexible benefits nell’ambito delle politiche di welfare aziendale: forme di retribuzione non monetaria che permettono ai dipendenti di scegliere i benefit più allineati alle proprie esigenze. I vantaggi? Inserendosi nel più ampio contesto di benessere organizzativo strategico porta con sé: riduzione del costo del lavoro, miglioramento del clima aziendale, incremento della motivazione delle risorse e fidelizzazione nei confronti dell’azienda, aumento del potere d’acquisto dei dipendenti.

Flexible benefit: paniere sartoriale di benefit
Diego Paciello, Dottore Commercialista Revisore dei Conti e Consulente fiscale, ci spiega che l’implementazione di un piano di welfare può consentire alle aziende di migliorare il clima aziendale, incrementare produttività ed efficienza e, di conseguenza, di generare valore.
“All’interno di un sistema virtuoso, che può arrivare ad auto-alimentarsi, detto valore può essere distribuito ai dipendenti massimizzando il beneficio netto percepito dagli stessi in termini di potere d’acquisto. La leva fiscale e contributiva che il legislatore ha

Diego Paciello
Diego Paciello

statuito nell’articolo 51 del TUIR per alcune tipologie di benefit consente infatti la riduzione, in alcuni casi l’azzeramento, del cuneo fiscale. Per questo motivo le aziende, stante anche il perdurare della crisi economica e finanziaria globale, si stanno orientando sempre più verso l’erogazione di beni e servizi che beneficiano di sgravi contributivi e fiscali, piuttosto che nella elargizione di somme di denaro ai propri dipendenti.
Sostituire beni e servizi predeterminati al denaro rappresenta il più grosso limite dei piani di welfare che presentano un bouquet limitato/imposto di benefit offerti, in quanto esiste la possibilità che il dipendente non veda soddisfatte le proprie esigenze. I piani di flexible benefit consentono invece al dipendente, fissato un determinato budget di spesa, di scegliere all’interno di un vasto paniere di beni e servizi quelli che più si confanno alle proprie esigenze; il dipendente, in sostanza, può decidere di che benefit usufruire e in che quantità, nel limite dell’importo di spesa che l’azienda gli ha assegnato. L’introduzione di un sistema di flexible benefit trasforma quindi un normale piano di welfare in una sorta di paniere sartoriale di benefit, cucito sulle esigenze di ogni singolo dipendente. In questa maniera si ottiene una maggiore soddisfazione dei dipendenti e, soprattutto, l’ottimizzazione delle risorse aziendali investite per finanziare il piano”.

Il ‘secondo welfare’ risponde a nuovi bisogni
Franca Maino, Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano e Direttrice del Laboratorio sul

Franca Maino, Università degli Studi di Milano
Franca Maino, Università degli Studi di Milano

Secondo welfare in Italia del Centro Einaudi di Torino, sostiene che il welfare state è oggi in grande difficoltà nel far fronte a tutti i bisogni espressi dalla società. “Molti paesi europei, tra cui l’Italia, si trovano in una situazione di emergenza dovuta a una crisi economica dalla quale ancora non è chiaro come uscire, a causa dei vincoli di finanza pubblica, dei bisogni crescenti e delle nuove forme di vulnerabilità. Una risposta alla crisi del welfare può venire dall’affiancamento di un ‘secondo welfare’ caratterizzato dal coinvolgimento di soggetti non pubblici (fondazioni bancarie e di comunità, aziende, sindacati, associazioni datoriali, imprese sociali, assicurazioni, soggetti del terzo settore) che possono, grazie al loro radicamento territoriale e in partnership con gli enti locali, contribuire a dare risposte ai nuovi bisogni, per arginare l’arretramento del welfare state pubblico. Il welfare aziendale è un tassello importante delle dinamiche in atto.
I benefit di natura non monetaria offerti a integrazione della retribuzione dei dipendenti dalle grandi aziende e – seppur con maggiore difficoltà – dalle piccole e medie imprese stanno iniziando, sotto la pressione della crisi che torna a far crescere i livelli di disoccupazione e peggiora le condizioni di vita dei lavoratori, a diventare uno strumento di sostegno concreto al reddito delle famiglie. Le misure di welfare aziendale producono sia effetti diretti sia indiretti sulla performance delle imprese. L’impatto diretto ha a che fare con l’aumento della produttività e può dipendere da programmi di training e formazione ma anche da strumenti di conciliazione tra esigenze familiari e lavorative. Gli effetti indiretti sono invece connessi con la disponibilità di benefit accessori che contribuiscono ad accrescere e consolidare il legame tra lavoratori e impresa.
Tuttavia, se le agevolazioni di natura fiscale rimangono cruciali per l’espansione del welfare aziendale, queste da sole non bastano a spiegare la sua recente diffusione. Un ruolo significativo va riconosciuto ai protagonisti del secondo welfare, e alla volontà di imprese e parti sociali di superare un modello di intervento di stampo paternalistico per cedere il passo a pratiche di condivisione di risorse e responsabilità. Sotto questo profilo assume particolare rilevanza il fatto che sempre più spesso i programmi e gli interventi di welfare promossi dalle imprese siano il prodotto di accordi aziendali, inter-aziendali e territoriali, che potranno anche favorire la diffusione del welfare aziendale tra le PMI, oggi ancora troppo poco interessate da questo fenomeno.
Non va, infine, dimenticato che l’attuale crisi ha contribuito a mettere in difficoltà anche il mondo produttivo, riducendo le risorse a disposizione e rendendo evidente il fatto che oggi le stesse imprese da sole difficilmente possono garantire pacchetti ampi di welfare aziendale. Per questo le istituzioni locali e gli attori socio-economici del territorio devono assumere un ruolo centrale nel promuovere partnership pubblico-privato e nel mobilitare risorse aggiuntive. Tramite politiche di welfare aziendale sembra quindi possibile non solo affiancare e agevolare i lavoratori nel trovare risposte ai loro bisogni ma anche stimolare una più ampia collaborazione tra soggetti non pubblici locali, in vista dell’estensione dell’accesso a servizi innovativi all’intera comunità”.

NTV: welfare come parte integrante del Contratto Collettivo di Lavoro
Massimo Padovani, Responsabile relazioni industriali e gestione del personale di NTV, commenta: “Il Welfare è senz’altro uno degli strumenti più validi a disposizione delle aziende finalizzato a migliorare, in modo generalizzato, il clima tra i lavoratori. L’aver partecipato a questo evento è stato a mio avviso molto costruttivo, sia per il confronto diretto con altre realtà industriali, sia

Massimo Padovani, NTV
Massimo Padovani, NTV

soprattutto per la massiccia partecipazione di addetti ai lavori provenienti da ambiti eterogenei e diverse sedi geografiche.
L’attenzione posta a mio avviso sul welfare è palesemente riconducibile alla volontà delle imprese – piccole, medie o grandi che siano – di utilizzare tutti gli strumenti possibili per creare ‘benessere’ tra i propri dipendenti, in funzione principalmente del momento storico e delle difficoltà economiche a esso correlate che noi tutti stiamo vivendo. Si sta difatti cominciando a capire in maniera più incisiva quanto la retribuzione fissa, tartassata dalla pressione fiscale che a oggi risulta del tutto impari rispetto al crescente aumento del costo della vita, debba necessariamente essere soppiantata in buona parte da quella retribuzione variabile (di cui il welfare è una componente fondamentale) che può godere di agevolazioni fiscali a favore del dipendente, tali per cui il potere d’acquisto dello stesso aumenti seppur parzialmente. Di certo questa è un’alternativa, validissima, ma non può essere la soluzione al problema: essa va demandata alle scelte e alle decisioni di chi siede a tavoli ben più eloquenti. NTV, come più volte ribadito, ha creduto e crede fermamente nel welfare tanto da averlo reso parte integrante del proprio Contratto Collettivo di Lavoro, nonché averlo condiviso con le organizzazioni sindacali, e tanto da trasmetterne quotidianamente ai propri dipendenti il suo valore. Auspico, in conclusione, che eventi del genere, sinceramente apprezzati, siano sempre più numerosi e frequenti, e sempre più partecipati da parte di colleghi che intendono – nei fatti – contribuire allo sviluppo di un clima migliore all’interno delle proprie realtà lavorative”.

Scelta di valore, non di ‘tendenza’
Giorgio Colombo, direttore del personale e organizzazione di Edison ci offre una sintesi delle riflessioni a seguito del convegno rispetto alla propria esperienza. “In un momento di irreversibile contrazione degli spazi coperti dal welfare pubblico come lo abbiamo conosciuto fino a oggi, la missione e gli spazi da assegnare al welfare privato, e in particolare a quello di origine aziendale, si

Giorgio Colombo, Edison
Giorgio Colombo, Edison

confermano tema centrale del presente e del futuro. Per le aziende non più una semplice opportunità, ma una necessità. Questo assunto non vale solo per le aziende che, complice la crisi economica e le evoluzioni dei costumi, sono alla ricerca di un nuovo patto di fiducia sostenibile con le proprie persone. Esso vale anche – o auspicabilmente dovrebbe valere – per l’agenda politica del Governo. C’è necessità e urgenza di definire il ruolo del welfare pubblico, soprattutto in materia di servizi sanitari essenziali, educazione, servizi alla famiglia e servizi per la terza età e allocare coerenti coperture di spesa pubblica. C’è al contempo necessità di definire meglio il concetto di welfare aziendale; oggi si celano dietro questo concetto e modello interventi molto diversi per natura e finalità: da interventi di welfare in senso stretto (oltre a quelli in tema di previdenza e assistenza integrativa, potremmo definire tali quelli rivolti a sostenere l’educazione e la cura dei figli e della famiglia) a interventi di conciliazione tra tempo professionale e vita privata (l’area del cd. work-life balance), fino a interventi di vero e proprio sostegno al reddito (sotto forma di ‘carrelli della spesa’, sconti per l’acquisto di beni e servizi, ecc.), o di promozione del benessere psico- fisico delle persone.
Sono certamente tutte buone soluzioni se rispondono ai bisogni delle persone, bisogni diversi e mutevoli nel tempo, ma ciascuna azienda deve scegliere la propria strategia e politica di welfare con visione strategica di lungo periodo: scelte di ‘tendenza’ o dal respiro corto o peggio ancora orientate dall’opportunistica valutazione dei vantaggi fiscali, anche se apprezzate nell’immediata contingenza, potrebbero rilevarsi poco utili se non controproducenti a gioco lungo. La leva fiscale, pur rilevante, è solo un elemento del modello, non la ragione stessa del suo esistere e del suo sviluppo.
Ciò nondimeno e anche per questo, occorre ripensare significativamente l’area dell’imponibilità fiscale collegata al welfare privato (aziendale e individuale), con l’obiettivo di semplificarla e renderla chiara agli operatori aziendali, anche rimettendo in discussione il

Un momento del coffee break
Un momento del coffee break

principio che equipara imponibilità fiscale e contributiva; ed è arrivato il tempo per superare concettualmente e legislativamente l’associazione impropria e gravida di conseguenze pratiche che si è creata tra welfare aziendale che dovrebbe essere ‘a beneficio di tutti’ e fringe benefits ‘pensati per pochi’: due modelli e due categorie concettuali e giuridiche diverse e che è bene tenere distinte e trattare come tali. Forse, proprio da qui bisognerebbe partire, perché l’apprezzabile e pioneristico sforzo e l’esperienza di pochi grandi gruppi, di per sé lodevole ma circoscritta, diventi valore aggiunto per l’intero sistema paese. L’auspicio è che ciascuno sappia fare la propria parte”.

Piani reward: incidere sulla motivazione anche nel contesto critico
Pietro Betto, Senior Consultant, OD&M, spiega che il contesto all’interno del quale le aziende sviluppano oggi i propri piani di reward è indubbiamente critico e caratterizzato da riduzione delle risorse disponibili, necessità di incidere sulla motivazione delle persone, mix anagrafico sempre più delicato, ricerca di flessibilità e conseguente costruzione di pacchetti differenziati, opportunità di defiscalizzazione. “Tutti questi elementi rafforzano la mia idea: l’op portunità di assumere il welfare aziendale (da OD&M inteso come l’offerta di servizi e strumenti di natura non monetaria che l’azienda mette a disposizione dei propri dipendenti e dei loro familiari) come una leva che può contribuire in maniera determinante ad attrarre, trattenere e motivare le persone. A un approccio tattico

Pietro Betto, OD&M Consulting
Pietro Betto, OD&M Consulting

ispirato a logiche di ottimizzazione (cogliere le opportunità fiscali e le economie di scala offerte dalla dimensione aziendale) si affianca con sempre più forza una visione strategica e di investimento, orientata a rendere il welfare una leva determinante nella capacità dell’impresa di soddisfare i bisogni delle persone.
Attraverso la periodica analisi che affronto con i miei clienti sui livelli di diffusione dei sistemi di welfare, sui livelli di soddisfazione generati nei dipendenti dall’offerta delle aziende e sui principali ulteriori bisogni da loro espressi, emerge chiaramente la necessità di ‘mettere ordine’ all’interno di una tematica spesso sottovalutata in termini di impatti e di opportunità.
Opportunità di razionalizzare e di creare valore aggiunto per la popolazione aziendale. Per questa ragione le aziende ci stanno chiedendo sempre più spesso supporto nell’effettuare una macro analisi del contesto aziendale al fine di stimare i macro-benefici ottenibili dall’azienda ma, soprattutto, dai dipendenti. Quello che pertanto ci sentiamo di proporre è di focalizzarsi innanzitutto su una rapida e semplice fase di raccolta dati e informazioni a livello aggregato (per categorie e come valori medi) e una macro analisi interna per la raccolta delle esigenze e dei requisiti. A valle di questi passaggi si riesce infatti a costruire un report con le ipotesi per un eventuale studio di fattibilità e una prima supposizione di saving”.

MyWelfare: libertà di scelta dei servizi per dipendenti e familiari
Giovanni Scansani, Amministratore Delegato di Welfare Company, spiega che un piano di flexible benefit dev’essere flessibile anche sotto il profilo gestionale e operativo. “La tecnologia offre alcune soluzioni e tra quelle più aggiornate c’è MyWELFARE, la piattaforma con cui, in maniera intuitiva, i lavoratori beneficiari dei Piani di Welfare Aziendale (PWA) possono organizzare la più efficiente allocazione delle risorse a disposizione loro o anche delle loro famiglie in base alle policy di conciliazione vita-lavoro. Il portale, senza alcun impatto per l’organizzazione dell’azienda, consente di acquisire i documenti giustificativi dei servizi fruiti e trasferire un flusso informatico ai sistemi di payroll per la corretta contabilizzazione nelle singole buste paga. Sul lato dipendente

Giovanni Scansani, Welfare Company
Giovanni Scansani, Welfare Company

consente di gestire, in tempo reale, l’aggiornamento del profilo e dell’ammontare disponibile nel wallet virtuale di ciascun beneficiario oltre che di interagire con l’animazione prevista dal nostra impostazione.
Si tratta di un portale evoluto e rende disponibili plus di servizio che aumentano le performance del PWA a tutto vantaggio della generazione di risultati coerenti con i target che il programma deve prevedere per autofinanziarsi entro un congruo termine. Su questa piattaforma Welfare Company ha fatto migrare una serie di accordi territoriali con le strutture per l’offerta di welfare locale, creando una sinergia virtuosa: consentire al dipendente, nella massima libertà di scelta delle soluzioni di cui intende avvalersi, di poterle confrontare con ‘pacchetti’ già disponibili realizzati in settori-chiave come, ad esempio, l’assistenza domiciliare, la cura e l’istruzione dei figli, la salute e il sostegno al potere d’acquisto. Per raggiungere quest’ultima finalità abbiamo guardato alla tecnologia resa disponibile dal nostro gruppo (QUI! Group Spa): i circuiti cash-back sviluppati su network MasterCard offrono ai beneficiari dei PWA rendimenti, in termini di saving sugli acquisti, superiori al 10% e completamente tax free. Questo strumento, d’immediata introduzione nelle aziende – semplicemente acquistando le carte dalla nostra collegata QN Financial Service cui a livello gruppo sono demandate le attività di monetica –, si può associare a MyVOUCHER, il buono acquisto accettato in migliaia di punti vendita delle principali catene retail presenti in Italia.
Con MyVOUCHER è poi possibile accedere a ulteriori plus di servizio – a costo zero per il datore di lavoro – direttamente veicolati nei carnet dei buoni acquisto: coupon offerti dai partner commerciali che riconoscono sconti ai dipendenti delle aziende nostre clienti o, ancora, condizioni di favore riservate ai lavoratori e alle loro famiglie dagli operatori del nostro circuito culturale e di edutainment QUI!CULTURA.
Tecnologia e tanta expertise nei servizi alla persona, ulteriormente potenziate dal know-how di QUI!Group (oltre 700.000 beneficiari/giorno dei servizi gestiti), hanno consentito a Welfare Company di porsi, da subito, come un operatore fortemente innovativo nei servizi di supporto al Welfare Aziendale, in grado di guidare le aziende lungo i percorsi evoluti di quello che, per il nostro approccio, è il Welfare 2.0”.

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