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La sanità privata batte il welfare pubblico: il declino del Sistema sanitario nazionale

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Il Sistema sanitario nazionale italiano (Ssn) ha da poco superato il suo 40esimo anno, eppure sembra già attraversare una piena crisi di mezza età. Sono infatti 19,6 milioni gli italiani che si sono rivolti alla sanità privata o extra moenia, spinti dai tempi di attesa troppo lunghi o dalle liste bloccate del pubblico. È questo il dato principale emerso dal IX Rapporto RBM-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata, svolto su 10mila persone e presentato alla nona edizione del Welfare Day.

Per ogni 100 tentativi di prenotazione nel Ssn, ce ne sono 28 che si rivolgono alla sanità a pagamento; il 36% lo fa per visite specialistiche, il 24,8% per accertamenti diagnostici. Di fatto le prestazioni e i servizi che lo Stato è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), i cosiddetti Livelli essenziali di assistenza (Lea), vengono negati a un italiano su tre.

Le ragioni sono da ricercare nelle liste d’attesa, spesso vissute come un limite invalicabile: si va dai 128 giorni per una visita endocrinologica, agli oltre tre mesi per una mammografia, fino ai due mesi e mezzo per sottoporsi a una gastroscopia. Inoltre, il 35,8% degli intervistati, provando a prenotare una prestazione sanitaria, ha trovato almeno una lista bloccata in un anno.

Ma cosa fanno gli italiani quando si trovano di fronte a questo stop forzato? Si dividono in tre categorie: ci sono quelli che decidono di pazientare, quelli che si rivolgono direttamente al privato e quelli che invece scelgono la via più allarmante, ovvero la rinuncia totale alla possibilità di sottoporsi alla visita o all’esame.

Sistema sanitario ‘ibrido’ tra pubblico e privato

A oggi la tendenza più evidente nel nostro Paese è quella di un’ibridazione tra sistema pubblico e privato, che permette ai cittadini di avere la sanità di cui hanno bisogno nel momento in cui ne hanno bisogno. I numeri parlano chiaro: a sposare questa combinazione sono stati 13 milioni di italiani, che per la stessa patologia si sono fatti visitare sia nel privato sia nel pubblico. A discapito di quanto si potrebbe pensare, questa tendenza non riguarda solo le famiglie più agiate; a ‘surfare’ tra i due settori sono nel 56,7% dei casi i bassi redditi e nel 68,9% i redditi alti.

Il dato che più colpisce, però, è quello dei cosiddetti “rassegnati”, ovvero coloro che si sono rivolti direttamente al privato senza nemmeno tentare di prenotare nel pubblico. Secondo le stime del Censis, infatti, il 44% dei cittadini per almeno una prestazione in corso d’anno avrebbe bypassato il Ssn; anche in questo caso le differenze economiche non pesano in maniera rilevante: lo ha fatto il 38% delle persone con bassi redditi e il 50,7% degli alti redditi.

Numeri, questi, che giustificano una crescita del 7% della spesa sanitaria privata nel quadriennio 2014-18, ormai giunta a 37,3 miliardi di euro, a fronte di una spesa pubblica che ha perso, nello stesso lasso di tempo, lo 0,3%, assestandosi su poco meno di 115 milioni di euro.

Questa corsa al privato viene spesso classificata come consumismo o come ipocondria di massa, ma in realtà nel nostro Paese non c’è alcuna traccia di consumo compulsivo di sanità. Tra le prestazioni fatte direttamente nel privato sono prescritte da un medico il 100% delle artroscopie, il 95,4% delle scintigrafie ossee, il 92,5% delle gastroscopie e il 91,5% delle risonanze magnetiche. Spese a carico del singolo cittadino, che nel 57% dei casi vanno a impattare direttamente sul suo reddito.

Il ricorso al pronto soccorso come ‘ambulatorio’

In questo quadro in continua evoluzione, il pronto soccorso resta un caposaldo. Il 17% degli italiani ha infatti dichiarato di avere più fiducia in questo che negli altri servizi; il 49% di chi ci si è rivolto si è detto soddisfatto delle prestazioni ottenute. Tuttavia è bene sottolineare come solo il 29,7% dei casi che sono andati direttamente al pronto soccorso si trovavano in una situazione di reale emergenza; il 38,9% ha infatti ammesso di esservisi recato perché non erano disponibili altri servizi.

Al momento la soluzione più realistica appare ancora essere la prevenzione, che permetterebbe di abbassare l’alta pressione che affligge il Ssn, che mai come oggi si trova a fare i conti con il progressivo invecchiamento della popolazione. Eppure gli italiani si mostrano ancora reticenti: solo il 27,2% dei cittadini invitati a partecipare agli screening gratuiti ha deciso di sottoporsi a questa misura preventiva, mentre nel privato la percentuale di coloro che decidono di sottoporsi a questo tipo di analisi scende al 17,9%.

Dall’indagine emerge dunque un cambiamento strutturale, che coinvolge l’intero Paese, da Nord a Sud. Se 10 anni fa le cliniche private erano considerate un lusso, oggi sono un’opzione sempre più praticata da tutte le famiglie, anche da quelle con un reddito più basso.

Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, ha commentato così le tendenze emerse dal rapporto: “Non siamo più un sistema sanitario, ma un ecosistema fatto di tanti soggetti e tanti comportamenti diversi. Oggi ogni singolo paziente è un centro decisionale, che sceglie di volta in volta se aspettare le liste d’attesa del pubblico o se rivolgersi direttamente al privato”.

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