La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Libertà, condivisione e soddisfazione. Perché è ora di fare Smart working

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di Arianna Visentini

In termini legislativi sulla definizione di “Smart working” non c’è (ancora) chiarezza: sono poche le norme che ne parlano e si riferiscono per lo più a una prassi organizzativa che prevede che i dipendenti e collaboratori di un’organizzazione aziendale possano prestare il loro lavoro da sedi e in orari diversi da quelli canonici, previo accordo con l’azienda. Ma lavoro agile significa affrontare un processo di innovazione organizzativa che non vuol dire solo adeguarsi alla tecnologia esistente, quanto introdurre un cambiamento dell’organizzazione.

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In Italia si parla di Smart working da qualche anno e in particolare dal 2014, quando è stato depositato il Disegno di legge sulle “forme flessibili e semplificate di telelavoro (Smart working)”, poi superato dall’attuale Disegno di legge sul lavoro agile approvato dal Senato e ora in discussione alla Camera. Il Disegno di legge definisce il lavoro agile come la “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. Lo Smart working consiste in una prestazione di lavoro subordinato che si svolge con le seguenti modalità: esecuzione della prestazione lavorativa in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa; assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali.
In Europa alcuni Paesi si stanno attrezzando per favorire la regolazione e la diffusione della stessa modalità di lavoro. La Gran Bretagna, per esempio, dopo l’approvazione della legge sul diritto al lavoro flessibile, si sta dotando di un “codice sull’adozione dello Smart working”, mentre la Commissione europea il 19 settembre 2016 ha pubblicato la risoluzione Creating labour market conditions favourable for work-life balance al cui articolo 48 si definisce lo Smart working come “un approccio all’organizzazione del lavoro basato su una combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione, che non richiede necessariamente al lavoratore di essere presente sul posto di lavoro o in un altro luogo predeterminato e consente alla persona di gestire il proprio orario di lavoro, garantendo comunque il rispetto del limite massimo di ore lavorative giornaliere e settimanali stabilito dalla legge e dai contratti collettivi; sottolinea pertanto il potenziale offerto dal lavoro agile ai fini di un migliore equilibrio tra vita privata e vita professionale, in particolare per i genitori che si reinseriscono o si immettono nel mercato del lavoro dopo il congedo di maternità o parentale; si oppone tuttavia alla transizione da una cultura della presenza fisica a una cultura della disponibilità permanente”.
Libertà, condivisione e soddisfazione sono le parole chiave del lavoro agile, considerato come una modalità di lavoro nella quale il collaboratore-lavoratore può scegliere, entro un maggiore spazio di libertà, il luogo e momento più adatto per lo svolgimento della propria prestazione di lavoro, ma tale scelta deve risultare da un accordo condiviso con il datore di lavoro e deve essere in grado di generare un incremento della soddisfazione delle parti.

 

Affrontare il processo di innovazione
La definizione proposta ha alcune implicazioni in termini operativi: introdurre lo Smart working significa affrontare un processo di innovazione organizzativa che non si basa solo sull’adeguamento della strumentazione tecnologica o sull’ammodernamento dei layout o sull’allestimento di postazioni di home working o sull’introduzione di un nuovo regolamento. Tutte queste componenti possono o meno convivere, purché rispettino il requisito del miglioramento della soddisfazione dei soggetti che vi prendono parte.
Il C.O.R.E.™ Management può venirci incontro e darci gli strumenti adeguati di analisi e di azione.
Si tratta di una metodologia (vedi box a pagina 63) che associa alle normali fasi di implementazione di un progetto –che vanno dal momento della analisi a quello della implementazione e infine del monitoraggio– una proposta di lettura attraverso quattro dimensioni ciascuna delle quali richiede di essere analizzata, progettata e implementata: culturale; organizzativa; regolativa; economica.
La dimensione culturale riguarda la conoscenza del contesto che ci circonda, dei bisogni della popolazione aziendale, della condivisione dei valori e degli obiettivi con il top management, con il middle management e con i collaboratori stessi. È l’area della comunicazione, del committment e della fiducia: senza condivisione e fiducia, il lavoro non è smart.
Organizzativa è la dimensione degli strumenti concreti di supporto all’implementazione della sperimentazione: le tecnologie non sono sufficienti per essere smart, ma sono indispensabili per poter lavorare a distanza, per poter essere connessi in modo efficace con i colleghi, così come i layout e gli spazi in cui lavoriamo sono elementi essenziali e devono essere funzionali agli obiettivi che dobbiamo raggiungere e alla tipologia di attività da implementare. Infine le persone devono avere le competenze adeguate, quelle hard e soft adatte a lavorare a distanza.
L’area dei procedimenti, della procedura, dei regolamenti aziendali e degli accordi riguarda la dimensione regolativa. La policy aziendale definisce che cosa s’intende, per una determinata azienda, con Smart working (in che sedi si possa lavorare e in che orari), stabilisce come accedere alla modalità di lavoro, ne indica le condizioni per il recesso e definisce le regole per il suo utilizzo (se vengano o meno riconosciuti gli straordinari, il buono pasto, l’indennità di trasferta, quali strumenti tecnologici si possano utilizzare). Anche la questione di sicurezza, riservatezza dei dati e privacy vengono affrontati in quest’area. Infine c’è la misurazione che fa riferimento alla dimen sione economica: questa deve riguardare sia la fase di progettazione, che richiede la definizione di un business case e di un sistema di monitoraggio ex ante, sia la fase di implementazione e infine di valutazione rispetto all’andamento dello Smart working e all’impatto che ha avuto sull’organizzazione e sulle persone coinvolte.

Un successo tra uomini e donne
Variazioni ha misurato i risultati delle aziende supportate attraverso il Metodo C.O.R.E.™ Management che si sono rivelati estremamente confortanti.
In generale, l’utilizzo medio delle giornate di Smart working si assesta attorno al 70% delle potenziali giornate al mese, fugando definitivamente il rischio isolamento di chi decide, solo saltuariamente alla bisogna, di ricorrere a questa modalità di lavoro.
In generale lo Smart working viene utilizzato sia da uomini sia da donne, riscuotendo successo in maniera paritaria rispetto al genere della popolazione aziendale. Si risparmiano mediamente, in tempo di viaggio, due ore al giorno per persona, parte delle quali vengono reinvestite in lavoro e parte per la famiglia o per esigenze- interessi personali; si risparmiano, per ogni giorno di smart working, in media 30 euro a persona tra spese di trasporti e spese personali, come per esempio la baby sitter; migliora sensibilmente la soddisfazione e la serenità delle persone anche relativamente all’ambito work-life balance. Dal punto di vista professionale si registra una forte correlazione tra autonomia ed efficienza (raggiungimento obiettivi) e l’incremento della soddisfazione e dell’engagement.
I manager dichiarano che più del 95% dei loro collaboratori in Smart working raggiunge gli obiettivi assegnati, che la produttività, nel 94% dei casi, aumenta o rimane costante. L’85% dei manager consiglia l’estensione della sperimentazione e farebbero loro stessi lavoro agile.
L’ambiente ne guadagna: ogni smart worker riduce, in un anno di sperimentazione con cinque giorni di Smart working a settimana, di circa 150 chilogrammi le emissioni di anidride carbonica. Per compensare i danni delle emissioni di anidride carbonica prodotte andando in ufficio, dovremmo piantare 10 alberi in città a persona.

 

Uno spazio di nuova libertà
L’avanzata dello Smart working sembra essere inarrestabile ed è dettata dal progredire delle innovazioni tecnologiche che rendono semplice comunicare con le persone, svolgere task, effettuare operazioni anche a distanza. La prossimità fisica sta assumendo contorni sfumati e mediati dalle tecnologie stesse che ci impongono di ripensare e riprogettare gli strumenti di organizzazione del lavoro. Non è più l’ufficio con le sue quattro mura a garantirci che le persone cooperino per il raggiungimento di un fine comune. Lo spazio fisico che conteneva e dettava gli obiettivi oggi è virtuale e va continuamente ridefinito, ribadito, spiegato, descritto affinché tutte le persone che collaborano con noi lo comprendano e siano convinte di voler perseguire i nostri stessi obiettivi. Smart non è solo tecnologia, non è solo lavoro da casa, non significa semplicemente cambiare l’orario di lavoro e non è neppure una scrivania condivisa, ma è un nuovo spazio di libertà e di condivisione di obiettivi che le persone scelgono consapevolmente di condividere per migliorare la propria soddisfazione, individuandone di comune accordo le regole e gli strumenti. 

 

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