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Olivetti e Ivrea, welfare ante litteram: cosa possiamo (ancora) imparare

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Prima dell’attuale sistema del welfare statale, e in continuità con una tradizione di agglomerati urbani destinati agli operai (risalenti al IX secolo), Ivrea, come sede della Olivetti, ha rappresentato un sistema territoriale unico per i servizi, l’assistenza e l’attenzione riservata ai dipendenti dell’azienda, tanto da essere preso poi come esempio e considerato un apripista in tal senso.

Per la sua unicità, infatti, Ivrea è stata nominata nel 2018 patrimonio dell’Unesco. Il modello di impresa della Olivetti, nel suo complesso, è ancora un patrimonio per la cultura industriale di tutto il mondo e soprattutto per le imprese dell’Italian way of doing industry.

Il peculiare modello imprenditoriale e di organizzazione della Olivetti era stato generato dalla storia di due imprenditori straordinari e soprattutto da Adriano Olivetti, una figura gigantesca che ‘sporge’ rispetto alla sua stessa impresa, ma che non era un visionario umanista che faceva l’industriale per caso, come talvolta lo si vuole rappresentare.

Fino alla morte di Adriano, infatti, chi parlava di Olivetti parlava soprattutto di Adriano e la sua azienda sembrava il prodotto irripetibile di un grande sognatore. Fra il 1960, data della morte di Adriano, e il 1972 emergono anche l’originalità e la forza intrinseca del modello d’impresa che egli aveva sviluppato insieme con i dirigenti e gli intellettuali di cui si era circondato.

Modello che, malgrado le successive alterazioni di ogni tipo avvenute dal 1972 in poi e che portarono al declino della società, conteneva un Dna visibile e fecondo, un modello ancora vivo e replicabile.

Reinterpretazione del taylorismo

Qual era questo modello? Esso, nel 1962, era visibile fisicamente sui due lati di via Jervis a Ivrea. A sinistra di via Jervis vi era il massimo della razionalità organizzativa del tempo. Innanzitutto, c’erano gli stabilimenti di produzione, le officine e i montaggi, dove erano stati introdotti e perfezionati i più moderni metodi di fabbricazione e di montaggio della produzione meccanica mondiale, con innovazioni importanti rispetto al taylorismo sperimentato nelle officine meccaniche internazionali (e anche a quello delle officine Fiat a soli 40 chilometri di distanza).

Poi, c’erano i laboratori di Ricerca & Sviluppo che studiavano prodotti geniali che avevano oltre il 60% di quota del mercato mondiale, come la Tetractys.

E ancora, c’erano gli uffici tecnici dove venivano sviluppate le soluzioni più evolute di macchine utensili e di stampi. Infine, c’erano gli uffici amministrativi, dove era stato inventato il controllo di gestione. C’era una Direzione del Personale modernissima. E poi gli uffici del Design, del Marketing, dell’Architettura Industriale e molto altro. In una parola un investimento in ‘indiretti’ superiore a quello di tutte le altre aziende, ossia un corpo di ‘intellettuali della produzione’ che era stato una delle principali leve che aveva consentito all’azienda di passare da 5mila a 35mila dipendenti.

Sempre sulla sinistra ideale di via Jervis vi era poi una linea senza fine che legava fra loro consociate, filiali, concessionari distribuiti in tutto il mondo, una struttura commerciale modernissima con un cuore nascosto che batteva a Villa Natalia a Firenze, dove aveva sede la scuola commerciale, in cui tutti i dirigenti e i quadri imparavano i prodotti e le problematiche di vendita.

A destra di via Jervis, vi era un altro mondo, ma integrato al precedente: i Servizi Sociali, l’infermeria e i Servizi Sanitari, la grande biblioteca, il Centro di Sociologia, il Centro di Psicologia e gli altri servizi che connettevano fra loro persone, territorio e impresa e che rendevano visibile ‘l’anima’ dell’azienda (la stessa che era presente anche nelle officine del lato sinistro della strada). Non era una struttura compassionevole di welfare aziendale, ma un completamento integrato a tanta razionalità produttiva. Erano il lato tecnico e il lato culturale della medesima forza di quella straordinaria azienda.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Aprile 2019 di Persone&Conoscenze.
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