La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

Le politiche di welfare in Europa per trasformare scenari demografici

, , , ,

Negli ultimi decenni, i cambiamenti demografici hanno profondamente modificato le società europee e le relative politiche di welfare: se da un lato il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro è cresciuto in modo significativo, passando dal 59,5% del 1995 nella Ue15 all’attuale 70,2% nella Ue28, dall’altro lato i tassi di fertilità permangono al di sotto del tasso di sostituzione (1,58 nel 2015) e il tasso di dipendenza delle persone anziane (ovvero il numero di persone con più di 65 anni diviso per il numero di persone fra i 14 e i 65 anni) è destinato a crescere dall’attuale 28,8% fino a oltre il 50% nel 2050 (database Eurostat).

Sebbene questi numeri indichino un miglioramento della presenza femminile nel mercato del lavoro e uno ‘spostamento’ verso modelli familiari più flessibili, pongono altresì sfide ai policy-maker, specie con riferimento alla conciliazione vita-lavoro.

In particolare, garantire la possibilità di avere figli senza dover rinunciare alla propria occupazione e favorendo il mantenimento di adeguati livelli di produzione e la sostenibilità dei sistemi pensionistici è di cruciale importanza per la tenuta del sistema sociale.

Accanto a questo c’è poi il tema delle tutele e dei servizi per i minori, su cui il nostro Paese si distingue per carenza di politiche e interventi.

I Welfare State europei si stanno, infatti, sempre più attrezzando per venire incontro alle esigenze di conciliazione dei propri cittadini, investendo al contempo anche su politiche di child care and education. Queste ultime hanno anche lo scopo di prevenire il rischio di povertà tra i minori.

La povertà educativa si lega strettamente alla povertà materiale. I bambini che provengono da famiglie svantaggiate hanno infatti più probabilità di conseguire peggiori risultati a scuola, hanno meno possibilità di partecipare ad attività sociali, culturali e ricreative, di svilupparsi emotivamente e di realizzare il proprio potenziale. Una volta diventati adulti, questi bambini incontrano poi maggiori difficoltà ad attivarsi nella società e a trovare lavori di qualità. Quello fra povertà educativa e materiale è allora un circolo vizioso che va spezzato, anche grazie a misure di conciliazione vita-lavoro.

 

Modesti i risultati italiani per la conciliazione

L’Italia, caratterizzata da un modello storicamente familista, ha solo recentemente cominciato a colmare il divario con gli altri grandi Paesi dell’Europa occidentale. Nel complesso, nell’ambito della conciliazione il nostro Paese sembra aver raggiunto risultati ancora modesti:

  • la spesa pubblica per le famiglie è cresciuta dall’1,1% del Pil a inizio Millennio fino all’attuale 1,4%, ma si mantiene sempre al di sotto della media europea (database Istat);
  • il tasso di occupazione femminile si attesta al 50,6%, anch’esso sotto la media Ue; il 32% delle donne occupate lavora part-time, ma il 47% di queste non lo ha scelto di sua iniziativa (database Ocse);
  • la percentuale dei bambini al di sotto dei tre anni che riceve assistenza in strutture pubbliche o accreditate è al di sotto della media Ue, mentre è superiore alla media per i più grandi: il 91% tra i tre e i sei anni (database Eurostat);
  • il divario occupazionale tra madri e donne senza figli è comparativamente contenuto, forse anche a causa del basso tasso di occupazione femminile generale. Circa il 4% dei dipendenti ha orari lavorativi “molto lunghi”, secondo la definizione dell’Ocse. Dal 2000 si è assistito a lenti ma costanti miglioramenti nell’ambito della conciliazione, che però sono stati fortemente ostacolati dalla crisi;
  • le donne che lasciano il lavoro con l’arrivo dei figli tendono a non rientrare al lavoro al termine della maternità: l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha registrato nel 2016 oltre 35mila dimissioni, pari a un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Più di 127mila hanno riguardato lavoratrici madri, a fronte di circa 7.500 lavoratori padri. Tra le motivazioni principali di abbandono vi sono proprio le difficoltà di conciliare lavoro e cura dei figli indicate da quasi il 40% del totale (pari a 14mila persone), con un aumento del 44,7% in un anno. Tre sono le ragioni principali: assenza di parenti di supporto, mancato accoglimento al nido ed elevata incidenza dei costi di cura e assistenza per i neonati. Anche all’estero le lavoratrici madri lasciano il lavoro in concomitanza con la maternità, ma si tratta per lo più di uscite temporanee dal mercato. In Italia, invece, l’abbandono del lavoro diventa in molti casi definitivo.
Occupazione femminile
Occupazione femminile

Welfare per le famiglie

La forma predominante di aiuto alla famiglia è stata, fino a pochi anni fa, il supporto monetario. Più di recente, a tali misure sono state affiancate politiche pubbliche più orientate alla conciliazione vita-lavoro e ai servizi alla persona.

È il caso di un sistema di voucher (del valore di 600 euro al mese) per madri lavoratrici finalizzato a pagare prestazioni di baby-sitting nei sei mesi seguenti il termine del congedo parentale (voucher abolito però nel marzo 2017, per effetto del DL 25/2017). In alternativa, dal 2017 è disponibile un bonus di 1.000 euro per il pagamento degli asili nido.

Va poi ricordato il congedo parentale, introdotto nel 2000 e oggi esteso a 10 mesi e pagato al 30% del salario, con possibilità di arrivare a 11 mesi nel caso in cui il padre benefici di almeno tre mesi di congedo. Inoltre per il 2018 il congedo di paternità è stato esteso a quattro giorni.

 

L’invecchiamento del Paese

Se spostiamo l’attenzione dai figli ai bisogni di cura degli anziani non autosufficienti, la situazione appare altrettanto complicata. Il Rapporto Istat 2016 richiama l’attenzione sulla simultanea presenza in Italia di una elevata quota di cittadini Over 65 e la sempre più bassa quota di popolazione sotto i 15 anni: insieme con Giappone e Germania, l’Italia è tra i Paesi con il più alto invecchiamento

demografico del mondo.

Secondo le stime Istat, le persone con più di 65 anni sono attualmente 13,5 milioni, ovvero il 22,3% della popolazione totale. Gli Over 80 anni sono 4,1 milioni, il 6,8% del totale e gli ultranovantenni sono 727mila, l’1,2% del totale. Un dato che discende, da un lato, dall’aumento costante dell’aspettativa di vita sia per gli uomini sia per le donne (oggi rispettivamente pari a 80,6 e 85,1 anni) e, dall’altro, dal calo della natalità. La piramide della popolazione sta assumendo sempre più una forma a rombo a causa della riduzione delle nascite e della numerosità dei Baby Boomer, che continuano a costituire la parte più consistente della popolazione.

 

La recente apertura al welfare aziendale

Ecosistema di secondo welfare
Ecosistema di secondo welfare

Accanto a un pilastro pubblico ancora in lenta trasformazione e incapace di rispondere adeguatamente alle esigenze di individui e famiglie, le misure di secondo welfare giocano quindi un ruolo importante. Quelle nell’ambito della conciliazione sono in generale più rare che nel resto d’Europa.

Nel 2010, l’Istituto di Colonia per la Ricerca Economica valutava che la diffusione di disposizioni riguardanti tempi di lavoro flessibili e le misure di supporto al congedo parentale fossero comparativamente poco diffuse nelle imprese italiane: rispettivamente, erano presenti nell’88% e nel 57% delle aziende.

Da allora, è stata introdotta una legislazione più favorevole e si sono diffuse iniziative a livello aziendale e territoriale con l’obiettivo di facilitare lo sviluppo della conciliazione vita-lavoro.

In particolare vanno segnalate le novità introdotte dalle leggi di Stabilità del 2016 e 2017, oltre che da recenti interventi normativi in materia, come illustrato di seguito. Si tratta di novità legislative che hanno aperto nuove opportunità per sviluppare e diffondere in modo capillare il welfare aziendale e contrattuale.

 

Il presente contributo è stato pubblicato all’interno del volume Welfare aziendale tra dimensione organizzativa e cura della persona, a cura di Franca Maino, pubblicato a novembre 2017 nella collana “I quaderni di Sviluppo&Organizzazione”.
Per informazioni sull’acquisto di copie scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cookie Policy | Privacy Policy

© 2019 ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - Milano - TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24 - segreteria@este.it - P.I. 00729910158
logo sernicola sviluppo web milano

Trovi interessanti i nostri articoli?

Seguici e resta informato!