La cura della persona e dell’ambiente di lavoro come opportunità di crescita per le organizzazioni

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L’importanza di prendersi cura della persone in azienda

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Le imprese del secolo scorso hanno incentrato la loro attività sul modello taylorista dove i dipendenti dovevano obbedire ciecamente al proprio capo, senza poter fermarsi a pensare al perché fare un’azione piuttosto che un’altra.

Già da diversi decenni però si è passati da un modello verticale a uno orizzontale, dove non solo il lavoratore è libero di pensare, ma deve pensare. Questo, come sottolinea Stefano Zamagni Docente di Economia Politica presso Università degli Studi di Bologna, è necessario in quanto “non si può pensare che poche persone, per quanto intelligenti esse siano, possano pensare per tutti”.

Oggi infatti ci si basa sull’olocrazia e sulla capacità, dunque, di organizzare i processi in modo che tutti siano portati a dare il meglio di sé. In quest’ottica è necessario saper giocare d’anticipo e ragionare in termini di feedforward, ovvero “la capacità”, come dice Zamagni, “di interpellare il futuro per alimentare il presente”.

È dunque necessario recuperare, secondo l’economista, il concetto di ‘capitale umano’ in modo da andare oltre le esigenze delle aziende, rendendo più ‘felici’ i luoghi di lavoro, per poter fare quel ‘salto qualitativo’ che vede il dipendente come parte della comunità aziendale.

Per poter raggiungere questo obiettivo l’azienda deve farsi carico non più della sola responsabilità sociale, ma anche di quella civile. “Le imprese devono pertanto coprire nei fatti la doppia accezione della parola responsabilità: da un lato rispondere delle proprie azioni, dall’altro essere responsabili di qualcuno e, dunque, prendersene cura”.

L’evoluzione dei caregiver

Ma se l’azienda deve prendersi cura dei suoi dipendenti, non ci si può dimenticare che, come racconta Riccarda Zezza CEO presso MAAM, oltre il 30% dei lavoratori è a sua volta un caregiver, ovvero una persona che, nel privato, deve prendersi cura di una o più persone (figli piccoli, genitori anziani, ecc.).

“Il 50% dei Millennial si considera un genitore che lavora” ed esprime dunque il bisogno di maggior supporto da parte della propria azienda. In quest’ottica bisogna andare incontro a queste risorse, fornendo loro il supporto per rendere migliore e più agile il loro work-life balance e considerando che le attività di caregiving svolte da queste persone sono “ore di palestra quotidiana a costo zero”, dove le risorse imparano a gestire risorse e migliorano, per esempio, la loro resilienza allo stress.

Sviluppare la felicità nelle aziende

“Le aziende di oggi devono concentrare le loro forze nel ricompattare ciò nel passato le aziende hanno separato, dividendo le persone dai propri sentimenti”, spiega Luciano Pilotti, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso Università Statale di Milano. “Dentro alle emozioni risiede infatti la creatività umana, va quindi fatta un’operazione atta a ricomporre attività lavorativa ed extra lavorativa”.

Proprio da questa volontà nascono le politiche di welfare attuate da Contship Italia Group che, come racconta Micol Moraglia Coordinatrice Welfare “cercano di prendersi cura delle persone partendo dal luogo di lavoro”. Per esempio nel portare in azienda le consulenze offerte dal piano welfare, per sollevare il dipendente dallo ‘stress’ di recarsi personalmente presso i diversi enti.

Anche Paola Vetturini, HR Business Partner di Philip Morris Italia, sottolinea come la sua azienda si stia concentrando sulle proprie risorse, sviluppando piani welfare per coprire diverse aree fra le quali wellness, assistenziale e di supporto alla famiglia. A tal proposito è incentivata “la paternità, offrendo ai dipendenti un periodo di aspettativa retribuita per partecipare attivamente alla vita dei figli”.

In Contship è stata inoltre implementata un’altra attività volta a rendere i propri dipendenti orgogliosi dell’azienda e, contemporaneamente, farsi apprezzare a livello territoriale: si tratta di tour guidati dell’organizzazione dove sono i dipendenti stessi a fare da ‘guida’. Infine, per combattere la disuguaglianza fra i propri dipendenti e quelli delle aziende che collaborano con loro, hanno attivato una ‘rete d’intesa’ per estendere i welfare anche alle aziende collaboratrici.

Sia Vetturini sia Moraglia hanno poi sottolineato l’importanza dell’ascolto attivo per sviluppare un buon piano welfare e sulla comunicazione, in quanto “per avere persone coinvolte bisogna che queste persone siano informate”.

La lunga strada delle PMI italiane

A fronte di aziende – generalmente quelle più grandi – che hanno implementato piani di welfare, purtroppo la maggior parte delle PMI italiane ancora non si sono affacciate al welfare. In questa ottica Assidim, spiega Antonio Corrias, Responsabile Sviluppo Associativo e Marketing e Comunicazione, “si impegna a promuovere i fondamenti del welfare, ovvero quelli relativi all’assistenza”.

Secondo Corrias, infatti, prima del sostegno al reddito bisognerebbe puntare sul benessere dei propri dipendenti, mirando “non alla cura della malattia, ma alla cura della salute” e dunque alla prevenzione.

L’impegno di Assidim è dunque quello di informare le aziende sull’importanza dell’assistenza, sottolineando l’impatto positivo che questo welfare ha sui dipendenti, in termini di lealtà verso l’azienda e vita lavorativa.

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